Più facile a dirsi che a farsi

anti-jam­mer

L’utilizzo dei disturbatori di frequenza (jammer) sta iniziando a essere una criticità per gli impianti antintrusione e di videosorveglianza. Non esistono dispositivi anti-jammer in senso stretto, ossia capaci di impedire la trasmissione del segnale dell’apparecchio, ma è possibile fare ricorso a strategie di individuazione ed elusione.

La crescente diffusione delle tecnologie di comunicazione a distanza senza fili sta riportando l’attenzione degli operatori del diritto sull’uso dei dispositivi di disturbo delle frequenze radio (jammer) da parte di criminali e sulle attività di contrasto all’impiego di tali apparecchi.

Il jammer, dal punto di vista tecnico, è un disturbatore di frequenze in grado di inibire la trasmissione tra due dispositivi o, più correttamente, di impedire a un dispositivo di trasmettere nell’area circostante il luogo d’installazione. Per utilizzare un jammer è necessario tener conto di diversi fattori, connessi alla comunicazione che si vuole disturbare o impedire: il tipo di segnale, la sua frequenza, la distanza che si intende coprire e (non di secondaria importanza) la modalità d’installazione del dispositivo di disturbo, che dev’essere necessariamente alimentato e trovarsi in prossimità della fonte di trasmissione.

Più tipologie per diverse applicazioni

Sebbene non esistano jammer in grado di disturbare qualsiasi tipo di trasmissione, è possibile però reperire in commercio (anche in base alla disponibilità economica) dispositivi in grado di disturbare molteplici frequenze; il rovescio della medaglia è rappresentato dal peso e da un ingombro non indifferenti (si spazia da dispositivi del volume di uno zaino fino ad apparati trasportabili solo con un veicolo a motore, anche a causa della batteria necessaria per l’alimentazione). Tra tutti, sono sicuramente più diffusi gli apparecchi dedicati a una singola applicazione (per esempio l’impedimento della comunicazione tramite rete radiomobile).

La diffusione di questa tipologia di jammer (che sebbene abbiano una portata molto limitata hanno il vantaggio di essere facilmente occultabili, anche nelle tasche di una giacca), sta diventando anche un fenomeno di costume tra gli appassionati di microelettronica: tramite l’impiego di specifiche schede acquistabili a qualche decina di euro su Internet, è infatti possibile realizzare dispositivi USB sufficientemente potenti da rendere inaccessibili le reti wireless nelle vicinanze.

Dell’uso dei jammer si parla da qualche tempo, ormai, anche nel settore automobilistico, nell’intento di dissuadere le persone dall’utilizzare il telefono alla guida senza collegare l’apparecchio al sistema vivavoce o a un auricolare, generando un evidente pericolo per sé, per i passeggeri e per gli altri utenti della strada.

A prescindere dalla necessaria educazione stradale e civica, con un disturbatore di frequenza radiomobile, che si attiva all’accensione del veicolo e si spegne solo se un telefono è collegato al sistema vivavoce della vettura, il problema potrebbe essere parzialmente risolto.

anti-jam­mer
Il jammer, dal punto di vista tecnico, è un disturbatore di frequenze in grado di inibire la trasmissione tra due dispositivi o, più correttamente, di impedire a un dispositivo di trasmettere nell’area circostante il luogo d’installazione

Strategie di individuazione ed elusione del jammer

Tuttavia, l’ambito in cui il disturbatore di frequenze sta iniziando a rivestire una particolare criticità è quello degli impianti d’allarme e videosorveglianza, che fanno un uso sempre più diffuso di tecnolo­gie wireless anche per superare i costi d’instal­lazione collegati al cablaggio (spesso superiori al valore degli apparati).

Mentre il problema della sicurezza delle comunicazioni è stato da tempo superato con l’adozione di algoritmi crittografici robusti, il disturbo della frequenza comporta l’impossibilità degli apparati di trasmette­re, vanificando o ritardando, di conseguenza, l’invio del segnale di allarme e la registrazione dell’immagine da parte del videoregistratore o del server dedicato.

Per questo motivo, gli addetti ai lavori si stanno occupando con sempre maggior interesse e im­pegno delle soluzioni anti-jammer, in grado di individuare ed eventualmente rendere inefficaci i disturbatori di frequenza. Non esistono, purtroppo, dispositivi anti-jam­mer in senso stretto: infatti per inibirne il fun­zionamento, occorre individuare il disturbatore di frequenza e schermarlo con un materiale in grado di impedire la trasmissione del segnale. Più facile a dirsi che a farsi.

Sono invece possibili strategie di individuazio­ne ed elusione del jammer, che consentono, per esempio nei dispositivi antifurto installati sui veicoli, di attivare automaticamente il blocco motore in caso si arrivi alla saturazione del se­gnale GPS o di quello telefonico. Allo stesso mo­do, la mancanza prolungata di comunicazione tra la centrale d’allarme e la centrale operativa fa scattare l’allarme se non è disponibile un cana­le alternativo di comunicazione (attraverso cui viene comunque inviato un segnale di allerta).

Per gli impianti di videosorveglianza, sono indi­spensabili memorie locali, in grado di svolgere la funzione di buffer (accumulatore) delle immagi­ni in attesa che torni disponibile la comunica­zione con il server centrale; tale soluzione è però ovviamente limitata nel tempo per la scarsità di risorse hardware a disposizione della singola telecamera - rispetto a cui l’installazione di un apparecchio SSD locale avrebbe un costo su­periore a quello del cablaggio e determinereb­be problemi di protezione delle immagini, con necessità di ricorso alla cifratura e quindi a un hardware più performante.

I riferimenti  legislativi

Dal punto di vista normativo, l’installazione e l’utilizzo di un disturbatore di frequenze non autorizzato sono considerati reati seri, al pun­to da meritare un’apposita individuazione nel Codice Penale.

L’art. 617 quater

Con l’art. 617 quater c.p., il legislatore, chiamato negli anni Novanta a disciplinare la materia dei reati informatici, ha stabilito che l’impedimen­to/interruzione delle comunicazioni tra appa­rati informatici o tra diversi sistemi telematici sia equiparabile, per disvalore sociale, all’in­tercettazione, decidendo quindi di applicare la medesima sanzione (da un anno e sei mesi a cinque anni di reclusione) con particolare atten­zione (procedibilità d’ufficio e reclusione da tre a otto anni) per gli apparati dello Stato e degli enti pubblici e per tutti i sistemi considerati di pubblica utilità o che erogano servizi di pub­blica necessità.

Una definizione che oggi ben si coordina con le norme italiane ed europee sulla tutela delle infrastrutture critiche e che si affianca a quella di operatore di sistema o di pubblico ufficiale, che fanno scattare l’aggra­vante in tutte le fattispecie relative a sistemi informatici e telematici.

L’art. 617 quinquies

L’art. 617 quinquies c.p. disciplina, invece, l’attività di chi si procura, detiene, produce, importa, diffonde, riproduce, comunica, consegna, mette a disposizione o installa (quindi un ventaglio di ipotesi che la­scia poco spazio all’interpretazione) apparati o programmi (inclusi codici, parole chiave e altre informazioni necessarie per il funzionamento) idonei a impedire o a interrompere le comu­nicazioni tra sistemi informatici e telematici.

La sanzione indicata è la reclusione da uno a quattro anni, che sale a cinque in caso di ipotesi aggravate (sistemi di pubblica utilità e operatori di sistema/pubblici ufficiali).

All’interruzione delle comunicazioni può seguire, ovviamente, la soppressione del contenuto delle stesse, in tutto o in parte: in tal caso scatta l’ulteriore sanzione prevista dall’art. 617 sexies del Codice Penale, che stabilisce la reclusione da uno a quattro anni, elevata a cinque nei casi già menzionati di sistemi di pubblica utilità o per l’azione di pubblici ufficiali/operatori di sistema.

COSA PUÒ SUCCEDERE…

A chi medita di utilizzare un jammer per uso privato? Una sentenza della Corte di Cassazione offre uno spunto di riflessione.

Sebbene non risulti che la Corte di Cassazione sia mai intervenuta a decidere su un caso riguardante l’applicazione di un disturbatore di frequenze, è interessante l’analisi operata di recente (Sent. 17814 del 23 gennaio 2023) in relazione a un dispositivo (lo skimmer) il cui funzionamento è analogo, anche se finalizzato prevalentemente ad acquisire dati in modo fraudolento.

Secondo la Suprema Corte, sussistono le circostanze aggravanti previste dall’art. 617 quater c.p., c. 2, nei confronti del circuito bancario e dei suoi utenti: «Posto che l’attività bancaria di raccolta del risparmio costituisce, ai sensi dell’art. 359, n. 2, c.p., servizio di pubblica necessità, in quanto, pur avendo natura privatistica, siccome esercitata in forma d’impresa da soggetti privati quali gli istituti di credito, corrisponde a un interesse pubblico e il suo esercizio è subordinato ad autorizzazione ed è sottoposto a controllo da parte delle competenti autorità amministrative».

La circostanza dovrebbe far riflettere anche chi medita di utilizzare un disturbatore di frequenze per uso privato, dal momento che, l’accidentale interruzione o impedimento di comunicazioni di apparati limitrofi, sebbene non presi di mira direttamente e intenzionalmente, potrebbe comportare il coinvolgimento in un procedimento penale di non facile soluzione.

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