Attenti ai ladri di segnali

A distanza di anni dall’introduzione sul mercato delle telecamere wireless, permane ancora una notevole confusione, spesso volutamente alimentata da quanti – non dominando una certa tecnologia – si oppongono al tentativo di fornire risposte corrette.

Massimiliano Cassinelli
Ingegnere
Progettista reti TLC

Spesso, il posto ideale in cui installare telecamere di videosorveglianza è anche quello non raggiungibile dai cavi.
Un problema che ben conosce qualunque installatore, soprattutto quando deve operare all'interno di strutture abitative o di valore storico, dove è vietata qualunque opera muraria.
In queste circostanze, appare scontato adottare una telecamera wireless, anche se il termine “senza fili” è tutt'altro che vero, in quanto è comunque necessario garantire l'alimentazione elettrica.
Ma occorre anche ricordare che il collegamento via radio crea una serie di difficoltà, soprattutto quando esistono ostacoli di tipo strutturale o sono presenti numerosi apparecchi attivi, che possono dare origine a interferenze reciproche.
Chi si trova ad affrontare le problematiche del wireless, deve così confrontarsi con dispositivi differenti, un'infinità di sigle e pubblicità di prodotti in grado di trasmettere immagini di qualunque qualità.
A distanza di anni dall'introduzione sul mercato delle telecamere wireless, permane ancora una notevole confusione, spesso volutamente alimentata da quanti - non dominando una certa tecnologia - si oppongono al tentativo di fornire risposte corrette.

Problematiche
Se scegliere di adottare le tecnologie wireless può apparire la soluzione più adatta a uno specifico problema, prima di compiere una serie di scelte - che risulteranno determinanti per il corretto funzionamento dell'intero impianto - è necessario valutare una serie di problematiche.
In primo luogo, occorre studiare le esigenze di ogni singola applicazione e, in particolare, considerare la presenza di ostacoli.
Muri, armadi, alberi e qualunque altro oggetto possa frapporsi fra il trasmettitore e il ricevitore ha, infatti, un effetto negativo sul passaggio delle onde elettromagnetiche e, quindi, sulla comunicazione.
A questo si aggiungono le problematiche di sicurezza, oltre a quelle di violazione della privacy.
Anche se le telecamere sono state orientate correttamente e tutti i cartelli imposti dal Garante si trovano nel posto giusto.
A differenza di un quanto accade in una rete cablata - le onde radio, che non possono essere confinate all'interno di una proprietà - finiscono necessariamente anche all'esterno.
Il segnale, quindi, potrebbe essere intercettato da persone non autorizzate, che potrebbero utilizzare le immagini riprese per scopi criminali, tra i quali la certezza che una specifica merce (di cui vorrebbero impossessarsi) si trovi effettivamente nei locali in cui vorrebbero agire.
Ma potrebbero anche analizzare e registrare i movimenti delle persone, sfruttando tali informazioni per gli scopi più svariati.
Per scongiurare un simile pericolo, la soluzione più utilizzata è quella di utilizzare un protocollo di cripatazione che, modificando i bit, rende non visibili le immagini.
Si tratta, però, di una procedura non particolarmente efficace, in quanto gli hacker hanno sviluppato una serie di algoritmi grazie ai quali è relativamente facile ricreare la chiave di decriptazione e, quindi, accedere agevolmente alle immagini stesse.
Per impedire, o limitare, una simile attività sono quindi stati sviluppati una serie di protocolli sempre più sofisticati, ma questo comporta l'utilizzo di maggior larghezza di banda, a scapito delle prestazioni di trasmissione.

Antenne: è d’obbligo la perfetta
conoscenza del loro funzionamento

Anziché agire sul software, con costi e complessità aggiuntive, sarebbe opportuno pianificare la copertura wireless in modo ottimizzato, anche se questo comporta un maggior lavoro in termini di pianificazione e impone una perfetta conoscenza delle modalità di funzionamento delle antenne.
Una prima sostanziale differenza fra le antenne in commercio consiste nella specificità delle soluzioni isotrope rispetto a quelle direttive.

Le prime, come indica il nome stesso, emettono il campo elettromagnetico in modo uniforme intorno all'intera antenna.
Si tratta, quindi, di una soluzione particolarmente utile per garantire la connessione agli utenti in movimento.
Infatti, indipendentemente dalla loro posizione, quando sono entro il raggio di copertura, essi possono comunicare con l'antenna stessa.
Una simile caratteristica - di contro - soffre lo svantaggio di trasportare anche il "rumore" che incontra nel corso del proprio cammino.
Il concetto di campo perfettamente uguale intorno all'antenna è comunque teorico.
Infatti, all'atto pratico, non esiste nessuna antenna in grado di generare una situazione di copertura identica in tutte le direzioni.
È inoltre altrettanto importante ricordare che il campo generato non è sferico, ma assume una forma ovoidale lungo la direzione perpendicolare all'antenna stessa.
Questo significa che la propagazione del segnale si sviluppa, soprattutto, lungo un piano.
Una simile condizione spiega la ragione per cui, soprattutto nelle installazioni indoor, un'antenna può coprire distanze anche significative all’altezza in cui si trova l'apparato di trasmissione, ma difficilmente è in grado di comunicare adeguatamente con chi si trova ai piani superiori o inferiori dell'edificio stesso.
Volendo ottenere una trasmissione verticale, è quindi necessario ruotare di 90° l'antenna stessa, modificando così la direzione di emissione del campo elettromagnetico.
Proprio la scelta di trasmettere in modo pressoché uniforme in tutte le direzioni, espone però il segnale a una maggior probabilità di essere intercettato, in quanto potrebbe espandersi anche al di fuori dell'area di effettiva utilità.
Per tale ragione, tipicamente, volendo coprire il piano di un edificio con un sistema omnidirezionale, è preferibile installare l'apparato al centro della struttura, evitando così di emettere un segnale particolarmente forte verso l'esterno.
Una scelta che, tra l’altro, permette anche di ottimizzare l’area di copertura.

Il segnale dove serve
Il fatto che un'antenna non sia in grado di irradiare in modo perfettamente isotropo diventa un vantaggio quando è necessario coprire solamente un'area ben determinata o mettere in collegamento due antenne fisse.
In questo caso, evidentemente, risulta inefficace coprire aree inutilizzate e, per tale ragione, si impiegano le cosiddette antenne direttive.
La loro caratteristica consiste nel creare il cosiddetto “lobo di irraggiamento”, ovvero una zona in cui si concentra il segnale emesso.
La forma di un simile campo elettromagnetico varia in modo sostanziale da un'antenna a un'altra e - come è intuibile - un simile campo non viene emesso esclusivamente nella direzione voluta ma, seppur parzialmente, anche in quella opposta.
Per tale ragione, è stato definito il parametro “front to back”, ovvero il rapporto fra il segnale emesso nella parte frontale e in quella posteriore.
Quanto maggiore è un simile valore numerico, espresso in decibel, tanto migliore è la direttività dell'antenna presa in considerazione.

Onde radio: qualche nozione di fisica
Volendo limitare la potenza del segnale trasmesso all'esterno è opportuno sfruttare, oltre al corretto orientamento delle antenne, anche un aspetto solitamente considerato negativamente: l'attenuazione.
Per comprende meglio il fenomeno, è però opportuno soffermarsi, in prima battuta, sugli aspetti fisici delle onde radio.
Le onde elettromagnetiche sono, infatti, generate da oscillazioni - perpendicolari tra il campo elettrico e quello magnetico - che viaggiano longitudinalmente a una direzione di propagazione e alla velocità di 300mila km/s.
A ogni cresta del campo elettrico, poi, corrisponde una cresta del campo magnetico.
Questo fenomeno viene indotto dalle antenne che, all’atto pratico, trasformano il segnale elettrico in uno magnetico al momento della trasmissione e - viceversa - in ricezione.
Per questa ragione, dovendo scegliere dove posizionare un’antenna, è necessario ricordare che la polarizzazione del segnale, ovvero come un'onda viene trasmessa nello spazio, avviene lungo l'asse verticale o quello orizzontale.
Una differenza sostanziale, perché se l'antenna trasmittente e quella ricevente hanno polarizzazione diversa (una verticale e l'altra orizzontale) si ha una perdita di 20 dB.
La diversa polarizzazione, però, è solo una delle cause che influenzano la trasmissione dei segnali attraverso l'etere, in quanto almeno altri 3 o 4 dB vengono persi a causa delle interferenze ambientali, a cui si aggiunge l’effetto schermante causato dalle infrastrutture esistenti.
Se a questo aggiungiamo che la potenza del segnale si riduce con il quadrato della distanza, è immediato comprendere come la copertura garantita da un’antenna sia necessariamente limitata
Una simile condizione, che rappresenta un limite quando si devono realizzare i collegamenti, diventa un autentico vantaggio, se ben sfruttato, in fase di protezione.
E’, infatti, abbastanza scontato immaginare che un armadio metallico sia in grado di schermare un segnale elettromagnetico.
Ma effetti di abbattimento ancora più significativi sono creati dall'acqua e, soprattutto, dalle finestre dotate di doppi vetri e telaio metallico.

Ottimizzare il posizionamento
Conoscere queste peculiarità fisiche significa poter ottimizzare il posizionamento di un sistema wireless per sfruttare a proprio vantaggio il potere di attenuazione degli elementi architettonici, minimizzando così il segnale trasmesso verso l'esterno.
Da questo punto di vista, inoltre, è importante non cedere facilmente alla tentazione, a fronte di problematiche di copertura interna, di aumentare la potenza di uscita, pur nel rispetto dei limiti previsti dalla legge.
Una simile scelta rischia, infatti, di rivelarsi controproducente, perché accresce la distanza raggiunta dalle onde elettromagnetiche in tutte le direzioni, con il rischio che il segnale possa essere intercettato anche all’esterno della zona che si vuole coprire.
Il tutto aggravato dal fatto che gli access point installati in aree contigue devono operare su canali diversi e, aumentando eccessivamente l’area di copertura, si rischia di interferire con un sistema di comunicazione attivo sul medesimo canale.
Infine, a parte il maggior consumo energetico, una potenza eccessiva rischia di generare echi o, in alcuni casi, di saturare la capacità dell’apparato ricevente.

Puntamento delle antenne,
operazione complessa

Oltre alle installazioni in aree interne, le trasmissioni wireless si rivelano particolarmente efficaci per trasmettere le immagini riprese da telecamere remote, soprattutto nell'ambito della videosorveglianza di infrastrutture isolate quali dighe, discariche, centri di trattamento delle acque e simili
 In queste installazioni assumono un'importanza fondamentale le antenne direttive, che consentono di mettere in comunicazione due punti fissi, anche se a distanze significative.
In questo caso, ancor più che nelle installazioni interne, è fondamentale ottimizzare la comunicazione tra le antenne coinvolte, sfruttando ovviamente soluzioni direttive.
E' quindi necessario che il lobo di irraggiamento dell'apparecchio trasmittente colpisca perfettamente il sistema di ricezione.
In caso contrario, la comunicazione potrebbe risultare disturbata, quando non addirittura impossibile.
Proprio il puntamento delle antenne costituisce un'operazione spesso complicata, sia per l'impossibilità di vedere a occhio nudo la posizione, sia per le condizioni disagevoli in cui si trovano tipicamente gli installatori.
Per questa ragione, è necessario basarsi, in primo luogo, su una mappa dettagliata della zona, identificando visivamente anche tutti i possibili ostacoli, compresi quelli stagionali: ad esempio, le foglie di un albero, inesistenti nel periodo invernale, posso trasformarsi in una barriera insormontabile con l'avvento della stagione estiva.

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