Visione notturna – Starlight e DarkFighter: riprese notturne senza illuminatore

Le telecamere con tecnologia Starlight sono disponibili in molteplici versioni (bullet, dome, fisse, varifocal, PTZ, ecc.), tecnologie (AHD, IP) e risoluzioni (da 1 MP a 12 MP e oltre)
Le telecamere con tecnologia Starlight sono disponibili in molteplici versioni (bullet, dome, fisse, varifocal, PTZ, ecc.), tecnologie (AHD, IP) e risoluzioni (da 1 MP a 12 MP e oltre)

Per operare h24 e garantire immagini luminose e perfettamente bilanciate, una telecamera di videosorveglianza non ha bisogno di un illuminatore IR. Grazie alle moderne tecnologie come la Starlight e la DarkFighter, applicate principalmente ai chipset CMOS e CCD, è possibile incrementare la sensibilità, tenere sotto controllo il rumore e consentire riprese notturne a colori anche con soli 0,005 lux

La maggior parte delle telecamere di videosorveglianza installate in aree private, pubbliche e commerciali è di tipo “day & night”, ovvero progettate per funzionare 24 ore su 24 con qualsiasi condizione di illuminazione. Quando la luce scende sotto una certa soglia, entrano in funzione alcuni “ausilii” come l’illuminatore IR che, grazie anche al sensore CMOS/CCD sensibile agli infrarossi, permette di effettuare riprese nitide (anche se solo in bianco e nero), con meno di 0,01 lux.

Per la protezione di siti ad elevato rischio come i complessi industriali petrolchimici, gli aeroporti e i parchi fotovoltaici, si utilizzano anche le termocamere che rilevano l’emissione IR (calore) generata direttamente da oggetti e soggetti (e non quella riflessa, come accade nelle telecamere con illuminatore IR), utilizzando ottiche e sensori particolarmente sofisticati, molto più sensibili rispetto a quelli tradizionali ma anche con una minore definizione d’immagine. Le termocamere possono anche integrare un tradizionale sensore CMOS/CCD per garantire le riprese diurne in alta qualità.

Esiste poi una terza soluzione rappresentata dalle telecamere che adottano sensori e controller con tecnologia “Starlight” (letteralmente: luce delle stelle), capaci di effettuare riprese con un eccellente livello di dettaglio e addirittura a colori anche quando il livello di illuminazione scende sotto la soglia degli 0,01 lux. Questa tecnologia, adottata da quasi tutti i produttori di telecamere di sorveglianza e spesso ribattezzata (Hikvision la chiama “DarkFighter”, mentre per Sony è “Starvis”), assicura numerosi vantaggi. Tuttavia non rappresenta la panacea per un progettista di impianti e per la sua clientela. Tutto dipende dalle tipologie di ambienti da monitorare, dalla loro superficie e dal tipo di illuminazione esistente.

Come funziona Starlight

La tecnologia Starlight viene applicata principalmente ai sensori d’immagine e ai circuiti di elaborazione del segnale ma richiede anche ottiche più avanzate e performanti. I sensori Starlight adottano una matrice di pixel che, avendo dimensioni ultra miniaturizzate (fino a 1,85 µm) e inversamente proporzionali al loro numero (crescente in base alla risoluzione della matrice - 2 MP, 4 MP, 8 MP, ecc.), necessitano di un espediente tecnico per catturare più luce. Di norma, nei sensori tradizionali i componenti elettronici come gli amplificatori di segnale e i convertitori analogico/digitali (A/D) sono posizionati sulla stessa superficie che cattura la luce, limitando quindi lo spazio utile. Per aggirare questa limitazione, si adotta la tecnica della “retroilluminazione” grazie alla quale i componenti e le piste di collegamento vengono spostati sul lato inferiore del sensore, lo strato dei foto-diodi si avvicina a quello delle lenti on-chip e dei filtri colore RGB riducendo così il percorso compiuto dalla luce.

Nei sensori retroilluminati, l’area fotosensibile viene così sfruttata quasi totalmente e, grazie anche alla vicinanza alle lenti, è in grado di catturare molta più luce. Per supportare la tecnologia Starlight, i sensori d’immagine con retroilluminazione vengono inoltre tarati per catturare più efficacemente le lunghezze d’onda adiacenti all’infrarosso (>700 nm), incrementando così la loro sensibilità nelle riprese notturne rispetto ai sensori tradizionali. Alcune soluzioni, come quelle sperimentate da Hikvision e racchiuse nella tecnologia DarkFighter, adottano anche aree fotosensibili più ampie che assicurano un elevato rapporto segnale/rumore e range dinamico (WDR).

La maggior parte dei sensori retroilluminati con tecnologia Starlight viene progettata e realizzata dalle giapponesi Sony (chipset Starvis) e Panasonic (con strato fotoconduttivo organico) e dalle statunitensi ON Semiconductor e Omnivision (OmniBSI).

I chipset adottati dalle telecamere Starlight sono in grado di limitare il rumore introdotto dalla conversione analogica-digitale e di abbatterlo con sofisticati filtri digitali (per esempio, 3DNR) senza compromettere i dettagli
I chipset adottati dalle telecamere Starlight sono in grado di limitare il rumore introdotto dalla conversione analogica-digitale e di abbatterlo con sofisticati filtri digitali (per esempio, 3DNR) senza compromettere i dettagli

Elaborazione del segnale

Per quanto riguarda l’elaborazione del segnale, effettuata sia a bordo del chipset del sensore sia attraverso altri circuiti, gli ingegneri si sono concentrati soprattutto sul rumore (il cui livello è di norma inversamente proporzionale alla quantità di luce), studiando chipset avanzati in grado di limitare quello introdotto dalla conversione analogica-digitale e di abbatterlo con sofisticati filtri digitali (per esempio, 3DNR) che, abbinati tra loro, non compromettono il dettaglio e la qualità delle immagini.

DarkFighter e Smart Gain Control

La soluzione impiegata nella tecnologia DarkFighter si chiama “Smart Gain Control” e permette di gestire dinamicamente il guadagno di amplificazione del segnale considerando diversi parametri come la stabilità del sensore, il rumore dell’immagine e il colore. Sempre nella DarkFighter troviamo poi la correzione di gamma non lineare autoadattiva, che sceglie i valori più idonei in base ai parametri di illuminazione, e la tecnologia multi-esposizione che incrementa la permanenza dell’accumulo di carica per migliorare la luminosità dell’immagine e l’intensità del segnale. La combinazione dei due sistemi consente di esaltare i dettagli delle zone più scure dell’immagine, simulando di fatto il comportamento dell’occhio umano.

La riduzione del rumore video si effettua anche attraverso componenti hardware (come i circuiti di alimentazione), soluzioni di assemblaggio (linee analogiche e digitali separate e isolate) e di fissaggio (materiali ad elevata conduttività) che sopprimono il cosiddetto “power noise” e smaltiscono efficacemente il calore prodotto dal sensore a tutto vantaggio della stabilità e delle prestazioni.

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