Moda e protesta contro il riconoscimento facciale: provocazione o utopia?

L’intelligenza artificiale che riconosce i volti delle persone di fatto appropriandosi - si suppone con il consenso - di dati sensibili non è apprezzata da tutti. Un gruppo di stilisti e artisti, pressati da una realtà che spinge sempre più in direzione della tecnologia, ha ideato infatti sistemi perfettamente legali e molto analogici per sfuggire al controllo digitale. O almeno sensibilizzare le persone sulla possibilità concreta di scegliere sistemi alternativi, per sfuggire eventuali usi pubblicitari dei dati.

In Olanda Jip van Leeuwenstein ha realizzato una maschera che funziona come una lente con delle sfaccettature: permette di vedere e di essere visti, da occhi umani, ma confonde le telecamere impedendo il recupero dei dati.

Più “vestibile” l’accessorio ideato da Maezawa Mold, produttore di parti di occhiali, con l’esperto di protezione della privacy Isao Echizen in Giappone: sembra un innocuo paio d’occhiali, invece basta inclinare le lenti di 10 gradi per ottenere un gioco di luce sul volto che lo nasconde ai software di AI. È in vendita in diversi colori e fogge sul sito privacyvisor.jp.

Anche il make up può sortire un effetto analogo. Il sistema più semplice è adottare un trucco che invecchia, ma in generale un make up ben applicato può cambiare di molto la fisionomia di una persona. Oppure bloccare i sistemi usando maschere vere e proprie, ombrelli (come sta succedendo nelle manifestazioni a Hong Kong) o luci a infrarosso localizzate sul volto, magari nascoste sotto un cappello. Di fatto, il tema sconfina dall’ambito della sicurezza a quello della moda, in particolare quella da strada e cittadina, tradizionalmente ribelle.

Tra provocazione e utopia, insomma, data soprattutto la sofisticazione dei sistemi di face recognition ormai in circolazione.

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