Videosorveglianza – La sfida tra AHD e IP: quale tecnologia scegliere?

Nella progettazione di un nuovo impianto di videosorveglianza o nell’aggiornamento di quello analogico preesistente bisogna valutare tutte le tecnologie a disposizione, ovvero AHD, HDCVI, HDTVI e IP. Scopriamo insieme come funzionano e quali sono i principali pregi, difetti e peculiarità

AHD oppure IP? È la domanda che attanaglia molti installatori alle prese con la progettazione di un nuovo impianto di videosorveglianza o l’aggiornamento di uno già esistente realizzato in tecnica analogica a definizione standard su cavo coassiale o misto (per esempio, coax+FTP con balun).

La questione è molto importante e la risposta non è scontata perché, oltre alle implicazioni economiche, ha un impatto decisivo anche sulle prestazioni, sull’affidabilità e, di conseguenza, sulla professionalità dell’installatore, chiamato sempre a proporre la migliore soluzione a seconda dei mezzi a disposizione e delle esigenze della clientela.

Anticipiamo innanzitutto che la “sfida” tra AHD e IP non ha, per il momento, né vincitori né vinti. Nessuna delle due tecnologie è in grado di sostituire l’altra perché, a modo loro, sono capaci di dare risposte differenti in base all’ambito di utilizzo, al budget a disposizione, alle caratteristiche e peculiarità del luogo che ospita (oppure ospiterà) l’impianto di videosorveglianza. In questo articolo forniremo le informazioni tecniche e i suggerimenti che consentono agli installatori sia di compiere la scelta migliore in base a queste variabili sia di motivarla efficacemente ai propri clienti.

AHD, l’alta definizione sul vecchio cavo coassiale

Fino a qualche anno fa, per un impianto di videosorveglianza in alta definizione era quasi obbligatorio affidarsi alla tecnologia IP, molto più costosa e complicata rispetto al vecchio sistema analogico a definizione standard. Con l’arrivo dei protocolli di trasmissione come l’AHD (Analog High Definition - messo a punto dalla coreana Nextchip), l’HDCVI (High Definition Composite Video Interface - Dahua) e l’HDTVI (High Definition Transport Video Interface - standard aperto), l’alta definizione è diventata alla portata di tutte le tasche. Queste tecnologie sfruttano lo stesso cavo coassiale (per esempio, RG59) o di rete (con balun) dei vecchi impianti analogici SD e non richiedono particolari componenti, strumenti e conoscenze per la messa a punto dell’impianto (sono praticamente plug&play). Rappresentano quindi la soluzione perfetta per un nuovo impianto ma soprattutto per l’aggiornamento di quello già esistente, ormai obsoleto per la scarsa qualità delle immagini.

Nella stragrande maggioranza dei casi, si può infatti riutilizzare il cablaggio esistente e sostituire solo le telecamere (tutte o in parte) e il DVR. Inoltre, le telecamere e i DVR compatibili con i protocolli AHD/HDCVI/HDTVI (che per comodità d’ora in poi chiameremo semplicemente AHD) mantengono anche le uscite e gli ingressi video analogici Pal CVBS (576i) compatibili con i vecchi impianti aggiornati solo parzialmente e adatti anche al puntamento in fase di installazione utilizzando un qualunque tester/monitor con ingresso video composito.

Encoder e decoder per la doppia conversione digitale-analogica-digitale

Per veicolare un segnale HD in formato analogico attraverso un cavo coassiale o di rete, l’AHD utilizza un algoritmo “sub-carrier” (sotto-portante) e una tecnologia di pseudo-separazione di luminanza e crominanza gestite da un chipset che comprende un processore di immagine (ISP - Encoder - installato nella telecamera) e un processore di segnale digitale (DSP - Decoder - nel DVR/NVR). Questo chipset si occupa quindi di codificare (COdec) il segnale sul lato sorgente e decodificarlo nel DVR/NVR (coDEC). Senza questo chipset, il cavo coassiale o di rete potrebbe veicolare solo un segnale video composito, quindi a definizione standard e con le informazioni di luminanza e crominanza miscelate tra loro che non garantiscono riprese dettagliate con colori reali. I vari chipset AHD, HDCVI e HDTVI si sono evoluti nel corso del tempo (prima, seconda, terza generazione, ecc.) differenziandosi a seconda delle caratteristiche e le prestazioni offerte. Quelli più sofisticati effettuano un’elaborazione avanzata del segnale video analogico e digitale per migliorarne la qualità e adottano la tecnologia ASC (Auto Signal Compensation) che riducono la distorsione dei segnali anche su lunghe distanze. I progettisti di questi chipset non si sono solo occupati della ricetrasmissione del segnale video HD/FHD ma hanno previsto altre funzionalità interessanti come il trasporto di dati digitali per il controllo remoto e l’audio. Questo significa che, sullo stesso cavo coassiale, è possibile distribuire il segnale video HD/FHD, quello audio catturato dal microfono della telecamera ed i segnali di controllo del movimento e dello zoom (PTZ).

Ultra HD e analisi video intelligente anche su cavo coassiale

I chipset AHD, HDCVI e HDTVI più evoluti (versione 3.0) sono già in grado di supportare risoluzioni video superiori come l’Ultra HD 4K senza rinunciare ai vantaggi delle versioni precedenti come la trasmissione su lunghe distanze (fino a 800 metri con cavi RG59 e 1.200 metri con RG6), la facilità di installazione, l’assenza di latenza e di rischi legati alla cybersecurity (presenti invece nella tecnologia IP).

L’HDCVI 3.0 supporta addirittura quelle funzionalità che fino a pochissimo tempo fa erano ad esclusivo appannaggio dei sistemi IP. Ci riferiamo, ad esempio, alla possibilità di alimentare le telecamere tramite il cavo coassiale (Power Over Coax, vedi www.sicurezzamagazine.it/poc-power-over-coax-video-e-alimentazione-sullo-stesso-cavo-coassiale), al supporto della tecnologia True WDR (120 dB) e alle funzioni di analisi video intelligente per la sicurezza e la Business Intelligence come il riconoscimento facciale, il rilevamento delle intrusioni e il people counting.

Videosorveglianza su protocollo internet

I sistemi di videosorveglianza IP sfruttano una connessione di rete, realizzata ex novo oppure preesistente, e il protocollo TCP/IP (Transmission Control Protocol /Internet Protocol), per trasferire i segnali digitali catturati e generati dalla telecamera (suoni, immagini, notifiche e altri dati) ad un videoregistratore (chiamato NVR - Network Video Recorder), a un PC o direttamente a internet senza bisogno di operare alcuna conversione o elaborazione.

Il protocollo TCP/IP stabilisce una serie di regole di comunicazione fornendo un indirizzo IP a ogni terminale di rete per l’invio dei pacchetti di dati così da permettere di implementare qualsiasi funzionalità veicolabile tramite “bit digitali”, garantire la massima flessibilità, versatilità ed espandibilità del sistema di videosorveglianza.

Le telecamere IP e gli NVR supportano qualsiasi risoluzione, compressione e frame rate video, dall’SD all’Ultra HD 4K, dall’MPEG-2 all’H.265, da 1 a 60 fps, compatibilmente con le caratteristiche dei dispositivi impiegati e la banda a disposizione.

Non esistono limiti nemmeno sul numero delle telecamere gestibili (254 host per ogni singolo indirizzo IP privato - per esempio, 192.168.0.x, 192.168.1.x, ecc.) e sulla lunghezza massima dei cavi di rete grazie alla possibilità di unire più tratte LAN attraverso switch o di sfruttare i sistemi Wi-Fi a corto/lungo raggio.  

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