«Nel nostro condominio abbiamo installato un sistema di videosorveglianza per motivi di sicurezza. Alcuni condomini, però, sollevano dubbi sulla legittimità delle riprese. Quali sono i limiti normativi che dobbiamo rispettare per non violare la normativa sulla protezione dei dati personali?», chiede un lettore di Sicurezza.
L’ installazione di un impianto di videosorveglianza in un condominio è consentita, ma deve rispettare il GDPR (Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati) e le linee guida dell’autorità Garante per la protezione dei dati personali; altrimenti il condominio potrebbe incorrere in sanzioni da parte del Garante.
Entrando nel dettaglio, l’uso delle telecamere deve avere una giustificazione legittima, come la sicurezza e la tutela del patrimonio comune. La decisione di installare l’impianto di videosorveglianza, inoltre, dev’essere approvata dall’assemblea condominiale con una maggioranza qualificata.
È obbligatorio informare i residenti e i visitatori con appositi cartelli ben visibili, che indichino la presenza delle telecamere e i riferimenti del titolare del trattamento. Bisogna tenere presente anche alcuni limiti per quanto riguarda gli spazi da monitorare: le telecamere devono riprendere solo le aree comuni e non possono inquadrare spazi privati (per esempio, porte d’ingresso di appartamenti, balconi o parti di strada pubblica).
Per quanto riguarda la conservazione dei dati, le registrazioni delle telecamere devono essere conservate per un periodo limitato (generalmente non superiore a 24-72 ore, salvo necessità particolari). Solo il titolare del trattamento o l’amministratore condominiale possono visionare le immagini delle riprese, e l’accesso deve essere regolato da specifiche misure di sicurezza.