Quando, con la Politica Estera di Sicurezza Comune, l’Unione Europea ha iniziato ad affrontare le tematiche di sicurezza degli Stati Membri, la sicurezza ha cessato di essere di competenza esclusiva dell’ordinamento interno del singolo Paese.
Federica Giorgia Rosa
Sociologa
Specializzata in Criminalità e Tecnologie per la Sicurezza
La Politica Estera di Sicurezza Comune - PESC - appartiene alle fonti del diritto penale comunitario.
Nel 1992 - quando il Trattato di Maastricht trasformava la Comunità Economica Europea in Unione Europea - le strutture e le politiche della Comunità Europea (definite nel cosiddetto 1° pilastro) furono affiancate da altri due pilastri: il 2° pilastro riguardava la PESC, che prevedeva una maggiore cooperazione europea per gestire in modo efficace i cambiamenti geopolitici seguiti alla fine della guerra fredda.
La Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea nel 2010 riassume che, nel 1999, il Trattato di Amsterdam introdusse alcuni cambiamenti nella PESC, creando la figura dell'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, assegnando all'UE anche maggiori poteri diplomatici.
Nel 2010, invece, con il Trattato di Lisbona, segue l’abolizione della struttura a pilastri dell'UE, cancellando la separazione tra i tre ambiti dell'integrazione europea.
Tuttavia, la PESC continua a funzionare secondo il metodo intergovernativo, dunque la Commissione Europea e il Parlamento Europeo hanno poteri molto ristretti in questo ambito.
Il Trattato di Lisbona ha quindi mantenuto l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza come figura stabile del Servizio europeo per l'azione esterna, in qualità di apparato diplomatico e amministrativo che gestisce la politica estera comune.
L’ambito legislativo europeo per la sicurezza comune apre, così, l’ambito di competenza normativa dell’UE verso gli Stati Membri.
Le iniziative dell’UE
Quando tra esperti di settore si parla di Europa e criminalità, è diretto il collegamento all’interesse preventivo dell’Unione riguardo alla criminalità transnazionale (attività criminale che si svolge in più di uno Stato, art. 3 Convenzione di Palermo), ricordando principi legislativi comunitari penali.
Tuttavia, non è escluso l’impegno dell’Unione Europea per la criminalità comune e la sicurezza fisica, in Italia come in altri Stati Membri.
L’UE, soprattutto negli ultimi anni, promuove innumerevoli iniziative a favore della prevenzione della criminalità.
Con l’art. 29 del Trattato di Amsterdam, si definirono le “Basi legali delle attività di prevenzione della criminalità a livello UE”, ossia la prevenzione della criminalità o criminalità organizzata, con l’obiettivo di rendere sicuri i cittadini europei a parità di alta protezione, libertà e giustizia.
Un anno dopo, la commissione Europea approvò una comunicazione del Consiglio e del Parlamento Europeo sulla "Prevenzione della criminalità nell’UE: obiettivi e guide linea per il supporto finanziario alla Comunità".
Successivamente, venne creato anche il “Forum Europeo per la Prevenzione della Criminalità Organizzata” e tra il 2004 e 2009 venne aperto il sito “European Crime Prevention Network”.
Iniziò così una cooperazione in materia di sicurezza basata su strumenti e progetti condivisi tra gli Stati Membri.
Il progetto del 23 febbraio 2010
Nel 2010 seguì il progetto emanato dal Consiglio dell’Unione Europea del 23 Febbraio, l’ ”Internal security strategy for the european union towards a european security model”, che pose le basi per promuovere e incentivare la condivisione di strumenti utili ad accrescere la conoscenza delle origini della criminalità per prevenirla e rendere sempre più sicuri i cittadini degli SM.
Le principali sfide per la sicurezza interna dell'UE sono così raccolte in un modello di sicurezza europeo basato su linee strategiche di azioni preventive, aventi come obiettivo la prevenzione della criminalità.
La tecnica è affrontare le cause prima, non solo gli atti criminali e le loro conseguenze dopo.
Dal progetto emerge un impegno a favore dell'innovazione e della formazione: “È necessario collaborare per promuovere e sviluppare nuove tecnologie attraverso un approccio comune nonché ridurre i costi e aumentare l'efficienza.
Nel campo della tecnologia è anche importante la cooperazione tra il settore pubblico e quello privato”.
In base ai risultati dei progetti di ricerca e sviluppo realizzati nell'ambito del programma di ricerca e sviluppo, l'UE dovrebbe elaborare norme e piattaforme tecnologiche adeguate alle sue esigenze in materia di sicurezza.
Prosegue: “L'interoperabilità di diversi sistemi tecnologici usati dalle agenzie o dai servizi deve essere un obiettivo strategico per far sì che l'attrezzatura non costituisca un ostacolo alla cooperazione tra Stati Membri nello scambio di informazioni o nello svolgimento di operazioni congiunte”.
Il dettato prosegue sottolineando l’importanza dell’adozione unanime di un approccio strategico alla formazione professionale in Europa, un obiettivo essenziale per promuovere una cultura della sicurezza condivisa tra gli organismi europei preposti all'applicazione della legge e facilitare la cooperazione transnazionale.
A tal fine, viene suggerito anche l’inserimento di elementi europei nelle attività di formazione a livello nazionale e lo sviluppo di programmi europei di scambio di esperienze e professionalità.
Questa iniziativa è dimostrata anche dall’impegno della Commissione Europea nella prevenzione di un’altra problematica: le catastrofi naturali o antropiche.
La CE promuove progetti e bandi di finanziamento dedicati al Sistema Europeo di Protezione Civile e di aiuto umanitario per ospitare professionisti esteri che condividano la loro esperienza, pratiche e strategie di intervento sulla gestione dell’emergenza di un rischio comune al Paese ospitante.
Nell’ultimo decennio, infatti, alcune regioni italiane hanno vinto bandi europei presentando progetti formativi di esercitazioni per condividere professionalità ed esperienze.
Allo stesso modo, la CE promuove queste attività per la prevenzione della criminalità. Ora vedremo come.
Le Leggi vincolanti
I trattati appena citati hanno diretta applicabilità negli gli Stati Membri dell’UE in quanto norme primarie scritte (oltre ai trattati, lo sono anche i principi generali, ma non sono scritti).
Ci sono poi le Leggi secondarie, ovvero i regolamenti, le direttive e le decisioni.
Tutte queste Leggi sono definite “binding”, cioè vincolanti.
Il carattere vincolante delle Leggi penali comunitarie presenta l’influenza diretta delle leggi dell’Unione Europea sugli ordinamenti delle nazioni dell’UE.
Tra le Leggi secondarie, i regolamenti sono direttamente applicabili; le direttive invece, come le decisioni quadro, sono vincolanti solo verso il risultato, ma lasciano agli stati la scelta dei metodi e dei mezzi per raggiungerlo.
Le posizioni comuni e le convenzioni, invece, non sono vincolanti per gli Stati Membri. Qualora si presenti un caso di conflitto legislativo, la legge comunitaria penale prevale su quella nazionale.
Tuttavia, questa precisazione esige una nota verso la dottrina dei contro limiti che - come ricorda Vico Valentini, Dottore Assegnista di Ricerca in Diritto penale dell’Università di Modena e Reggio Emilia - esprime la resistenza a “comunitarizzare” gli ordinamenti penali.
È una dottrina sulle condizioni di funzionamento della supremazia della Legge penale comunitaria sulla nazionale, ma poco incide.
Due livelli di azioni preventive:
locale ed europeo
In Europa, la prevenzione della criminalità parte dalla definizione di un approccio preventivo.
La Crime Prevention ha l’obiettivo di ridurre la criminalità e la percezione di insicurezza, rilevata qualitativamente e quantitativamente dalle fonti statistiche in ambito internazionale, europeo e nazionale.
La Crime Science - o scienza della criminalità - è invece lo studio della criminalità allo scopo di trovare le strategie per prevenirla.
Studiando i contesti attraverso un approccio multidisciplinare, si cerca di ridurla considerando le opportunità della criminalità e le sue cause, analizzando luoghi, presenza di oggetti e di leggi.
Gli strumenti preventivi scelti dall’UE sono la condivisione di policy, tecnologia e ricerca.
L’UE raccomanda azioni preventive a due livelli, che sia criminalità comune oppure organizzata: “…the local level and the European level”, vale a dire livello locale ed europeo.
L’UE punta a un implementazione di policy di contrasto a livello locale quando la criminalità è ancora comune e non organizzata e/o transazionale.
Una caratteristica delle misure preventive suggerite dall’UE è considerare subito i diversi attori coinvolti nella criminalità locale, dal pubblico (polizia, governi locali e volontari) ai privati (imprese e organizzazioni).
Le attività preventive promosse a livello comunitario sono
- scambio di esperienze tra i responsabili politici e gli esperti in materia di prevenzione
- definire e concordare le priorità di azione
- condividere le policy che hanno dimostrato di funzionare (best practices)
- trovare un accordo su metodologie comuni per preparare, attuare e valutare le politiche di prevenzione
- rendere i cittadini europei consapevoli della utilità di prevenzione della criminalità
- realizzare progetti di prevenzione comuni
- monitorare e valutare le politiche nazionali di prevenzione e migliorare la comparabilità delle statistiche nazionali, in modo da identificare le differenze tra i crimini e le metodologie di rilevazione
Queste ultime inevitabilmente producono dati non comparabili, se pur allegati di metadati (una legenda che descrive variazioni del dato raccolto).
Questo succede anche perché non tutti i Paesi definiscono i reati allo stesso modo e gli ordinamenti nazionali dei singoli Stati Membri restano un ostacolo per la comparabilità e la condivisione.
Tuttavia l’UE fornisce delle categorie di crimini alle quali uniformarsi quali: furti in appartamento, crimini violenti (la violenza contro le persone, rapina e reati sessuali), e volume crime, ovvero qualsiasi criminalità non-organizzata, compresi i crimini commessi di frequente (furti domestici, furti dei veicoli e rapine di strada).
Le statistiche
Le statistiche della criminalità dell’UE sono misurate principalmente dalle statistiche ufficiali sulla criminalità delle Forze dell’Ordine degli Stati Memebri e dall’l'International Crime Victimization Survey (ICVS), un questionario di indagine di vittimizzazione.
L’ICVS è utile a fornire dati sulle vittime della criminalità e sul numero oscuro che è la quantità di reati subiti ma non denunciati alle Forze dell’Ordine.
Infine, misura anche la percezione del rischio di essere vittime di reato.
In ultimo, ma non per importanza, il già citato sito “European Crime Prevention Network” è un altro strumento utile alla raccolta di “Good and best practices”, progetti di Stati Membri e iniziative condivise da alcuni dei Paesi UE, riportando cosa fanno i vari Stati per prevenire la criminalità.
La legislazione europea sulla crime prevention cita anche esempi pratici legati all’importanza della prevenzione di comportamenti anti-sociali e, quindi, l’importanza dell’educazione civica, prima che della formazione professionale di esperti in materia di sicurezza.
Ecco un esempio logico, semplice e pratico, di misure preventive che contribuiscono a ridurre la criminalità: lasciare una luce accesa quando non si è a casa, installare serrature supplementari a porte e finestre, aumentare l’illuminazione esterna, utilizzare un sistema di allarme e/o un cane da guardia sono misure preventive che riducono il rischio di furto con scasso.
Poi, aumentando l'illuminazione stradale si riduce la criminalità del 20% circa.
Questo succede perché sono azioni che generano sorveglianza informale e dissuadono la criminalità comune.
Dunque, l’UE presenta una robusta “security research” a sostegno delle politiche di prevenzione della criminalità, indicando la via e promuovendo una permanente cooperazione tra gli Stati Membri per una maggiore sicurezza dei singoli verso un interesse di tutti.