«L’azienda per cui lavoro ha recentemente installato delle telecamere all’interno degli uffici per prevenire furti (già accaduto). Alcuni colleghi temono però che vengano utilizzate per controllare le loro attività e hanno sollevato dubbi sulla legittimità di questa misura…», chiede un lettore di Sicurezza.
L’ installazione di telecamere in un’azienda è possibile, ma deve rispettare rigorose regole in materia di tutela della privacy, nello specifico il GDPR e lo Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/1970).
Ecco i principali vincoli:
- Accordo sindacale o autorizzazione ispettorato del lavoro: se dall’installazione delle telecamere può indirettamente derivare il controllo a distanza del dipendente, occorre stipulare un accordo sindacale o farsi autorizzare dalla locale Direzione Territoriale del Lavoro (Ispettorato del Lavoro);
- Finalità legittime: le riprese devono essere giustificate da esigenze reali, come la sicurezza del personale, la protezione dei beni aziendali o specifiche esigenze organizzative e produttive (controllo delle aree di carico e scarico);
- Informativa ai lavoratori: i dipendenti devono essere informati in modo chiaro e dettagliato sull’uso delle telecamere, sui soggetti che possono accedere alle immagini e sui tempi di conservazione;
- Limitazione delle riprese: le telecamere non possono essere installate in spazi riservati (bagni, spogliatoi, aree relax) e non possono essere puntate sulla postazione di lavoro, salvo specifiche esigenze (cassa contanti, postazioni a rischio elevato di infortuni ecc.);
- Conservazione e sicurezza dei dati: le immagini devono essere conservate solo per il tempo strettamente necessario (solitamente 24-72 ore) e protette da adeguate misure di sicurezza per prevenire accessi non autorizzati. Se queste condizioni non vengono rispettate, si rischiano sanzioni amministrative e contenziosi con i lavoratori.
L’uso della videosorveglianza deve sempre bilanciare la sicurezza aziendale con il diritto alla privacy dei dipendenti.