Stadi, i nuovi target del terrorismo internazionale

 

Agli episodi di violenza guidati dalle frange estreme delle tifoserie, negli ultimi anni, negli stadi, si è aggiunto il rischio di attacchi terroristici.

 

Che gli stadi siano considerati uno dei target del terrorismo internazionale, lo ha confermato il N° 12 di Inspire, la rivista di Al Qaeda che esorta i propri seguaci a effettuare attacchi durante le manifestazioni sportive.

Radunando un alto numero di persone per un determinato evento, gli stadi, infatti, ben si prestano a causare – potenzialmente - un elevato numero di vittime, ossia quanto è considerato necessario da Al Qaeda per traumatizzare l’opinione pubblica mondiale e attrarre sempre nuove reclute e finanziatori.

E, secondo recenti dati dell'Osservatorio Findomestic, gli stessi italiani reputano a più alto rischio i concerti e gli eventi sportivi che si svolgono proprio negli stadi, oltre che nelle piazze e nei palazzetti.

Uno degli episodi più tragici di violenza negli stadi ha visto come vittime proprio alcuni nostri connazionali: in Italia risuona ancora l’eco drammatica della strage dell'Heysel del 29 maggio 1985, quando, poco prima dell'inizio della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool, cominciarono le cariche degli hooligans che provocarono la morte di 39 persone e il ferimento di altre 600.

Fu proprio in seguito a questa tragedia che, già nel 1985, venne elaborata la Convenzione europea sulla violenza e i disordini degli spettatori durante le manifestazioni sportive, attualmente ratificata da 42 Paesi.

In seguito a un'altra strage - quella di Hillsborough, nel 1989, riconosciuta come la più grande tragedia dello sport inglese - per migliorare le strutture degli impianti vennero introdotte norme più severe come le telecamere a circuito chiuso.

Pur nella loro diversità, i due funesti episodi - Heysel e Hillsborough - insieme all'incendio dello stadio di Bradford (Inghilterra 1985, 56 morti), accesero un dibattito generale anche sull'inadeguatezza strutturale di molti altri stadi, finalmente interrogandosi a fondo sul loro stato di obsolescenza. Al tempo stesso - altro tema - emerse tutta la sprovvedutezza delle Forze dell'Ordine belga e britanniche relativamente alla gestione del pubblico in caso di emergenza.

 

Il decreto del 6 giugno 2005

In Italia, è stato il decreto ministeriale del 6 giugno 2005 ad affrontare in modo preciso il tema della videosorveglianza negli stadi.

Da allora, si è stabilito che gli impianti sportivi con una capienza superiore a 10.000 spettatori devono essere muniti di sistemi di ripresa e registrazione televisiva a circuito chiuso delle aree riservate al pubblico, sia all’interno dell’impianto che nelle sue immediate vicinanze.

È ritenuta fondamentale, da questo punto di vista, la predisposizione di una sala di controllo, realizzata in modo tale da garantire la visuale completa dell’interno dell’impianto sportivo, sia per assicurare la verifica costante delle condizioni generali di sicurezza e di utilizzo dell’impianto stesso sia, in caso di necessità, l’ottimale gestione delle emergenze.

Il compito degli apparecchi per la videosorveglianza è quello di controllare il pubblico nelle fasi di afflusso, permanenza e deflusso dell’impianto, in numero tale da riprendere agevolmente tutti i varchi di accesso e deflusso, tutti i settori riservati al pubblico, esclusi i locali igienici, nonché le aree interne comunque accessibili al pubblico e quelle esterne destinate alle operazioni di pre-filtraggio; tali apparecchi devono essere peraltro integrati con sistemi fotografici digitali.

Inoltre, si specifica che la dotazione minima dell’apparato di regia deve essere costituita da apparecchiature per la trasmissione delle immagini alle Sale Operative della Questura e del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco. I tempi di custodia delle registrazioni è fissato in sette giorni.

 

Aree riservate e aree di massima sicurezza

Oltre a fissare le misure di parapetti e fossati, il decreto in materia di sicurezza degli impianti del 6 giugno 2005 prevede il presidio di personale appositamente formato (venti unità ogni diecimila spettatori e, comunque, non meno di trenta unità) e spazi riservati agli spettatori suddivisi in settori, di cui uno appositamente dedicato agli ospiti, con ingressi, vie di uscita e aree parcheggio indipendenti e separate.

Inoltre, per ciascun settore, devono essere permanentemente realizzati sistemi di separazione idonei, con elementi in materiale incombustibile.

Gli impianti devono anche prevedere “aree riservate”, con accesso consentito esclusivamente agli aventi diritto.

A sua volta, l' “area di massima sicurezza” comprende l’impianto sportivo e l’area di servizio annessa, dove sono collocati i varchi di accesso all’impianto.

I varchi di ingresso all’area di massima sicurezza devono essere dotati di preselettori di incanalamento tali da evitare pressioni nella fase di obliterazione del titolo di accesso con corsia di ritorno per gli spettatori non abilitati all’ingresso, nonché di tornelli “a tutta altezza” che permettono l’accesso a una sola persona per volta, tramite lo sblocco del meccanismo di rotazione da attivarsi successivamente all’avvenuta verifica della regolarità del titolo di accesso.

I tornelli devono essere invalicabili se bloccati alla rotazione, in modo da non rendere possibili fenomeni di violenza, anche organizzata, da parte di soggetti che non siano in possesso di un titolo valido.

 

I fatti del 2016-2016

Sono trascorsi due anni da quando tre terroristi si sono fatti esplodere nei pressi dello Stade de France, il grande stadio da ottantuno mila posti che si trova nella periferia Nord di Parigi, nel quartiere di Saint-Denis, durante l'amichevole di calcio tra Francia e Germania.

In tribuna sedeva l'allora Presidente della Repubblica francese Francois Hollande, costretto ad abbandonare rapidamente gli spalti.

Da quel giorno - era il 13 novembre 2015 - quando a causa degli attentatori tre persone trovarono la morte, il tema della sicurezza negli stadi ha conquistato un nuovo rilievo nell'agenda dei Governi europei.

A quell'episodio, nel giro di pochi giorni si sono susseguiti una serie di allarmi anche in Germania e in Belgio, paesi particolarmente colpiti da cellule legate all'Isis, con l'annullamento delle partite in programma.

Nella primavera del 2016, il ritrovamento, all’interno di una toilette, di un ordigno esplosivo - rivelatosi poi falso - da parte di un inserviente, impose l'evacuazione dello stadio di Manchester, in Inghilterra. La stessa città in cui il terrorismo, circa un anno dopo, causò 22 morti e 59 i feriti nell'attentato della Manchester Arena durante il concerto di Ariana Grande.

Sotto questo profilo, tuttavia, già il 2016 si era chiuso nel peggiore dei modi in Turchia, con un doppio attacco dinamitardo di terroristi curdi fuori dallo stadio di calcio del Besiktas, uccidendo 44 persone.

 

Nuove misure a San Siro

Anche in questo caso, sono state approntate alcune contromisure: la Prefettura, la Questura e il Comune di Milano hanno deciso di proteggere lo stadio Meazza installando un anello di calcestruzzo.

Quest'ultimo circonda lo stadio, aggiungendosi alle cancellate con i tornelli, ai filtri rappresentati dagli agenti delle Forze dell’Ordine e alla doppia “zona antitraffico”.

L’obiettivo di queste nuove misure? Estendere gli ostacoli anti-camion, per impedire qualsiasi possibilità di usare “vetture ariete” a ridosso dello stadio milanese.

Si tratta di misure sperimentate già durante i tanti concerti dell’estate 2016 e 2017 a San Siro.

 

Il progettista: “Basilare il controllo video di tutti gli spazi”

Per chi si occupa di progettazione, gli stadi rappresentano l’integrazione massima di tutte le best practice. E questo alla luce delle Disposizioni Ministeriali acuite nel 2014 e, in particolare, della Circolare Ministeriale, Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive n.555/ONMS/183/2016 del 13 maggio 2016 per la messa a norma degli impianti sportivi. La parola a Pierdavide Scambi, titolare dell’omonimo studio.

 

In quante e quali aree sensibili è suddivisibile un sito quale lo stadio?

Esistono due macro-zone, ovvero un’area “riservata”, con accesso consentito esclusivamente agli aventi diritto, e un’ “area di massima sicurezza”, comprendente l’impianto sportivo e l’area di servizio annessa. Da qui, un preciso modello di organizzazione strutturale, improntato al controllo sistematico delle aree tornelli, spalti e settori, parterre e dell’area esterna.

 

Dal punto di vista progettuale, quante telecamere è necessario prevedere per queste aree?

Dovrà essere predisposto un numero adeguato di telecamere per il monitoraggio dell’area di massima sicurezza, un numero idoneo - mai inferiore a due - di telecamere interne dedicate a ogni singolo settore dello stadio, che consentano di avere una contemporanea visione d’insieme. E poi una telecamera dedicata a ogni singolo tornello, dispositivi di registrazione delle immagini, un dato numero di monitor - tale da consentire la visualizzazione complessiva di tutti i dispositivi video installati – e sistemi di controllo e di manovra degli apparati di videosorveglianza, in modo da permettere più interventi contemporaneamente. E, infine, un impianto di energia sussidiaria e un impianto di illuminazione interno ed esterno, per la corretta ripresa anche al buio.

 

Quali specifiche tecniche devono possedere tali dispositivi video?

Per poter videosorvegliare in maniera puntuale le aree indicate, si dovranno utilizzare telecamere multi Megapixel in tecnologia singolo sensore, posizionate frontalmente rispetto ai soggetti da riprendere. Ad esempio, dalla tribuna Sud si visionerà l’intera tribuna Nord e viceversa, quindi la scelta dovrà cadere su telecamere ad altissima definizione, da 8 a 30 Megapixel. Sono, inoltre, necessarie telecamere brandeggiabili PTZ dedicate alla restante parte dello stadio e al supporto puntuale dell’attività investigativa.

 

 

Il produttore di tornelli: “Regolare i flussi in tempi rapidi”

Il decreto in materia di sicurezza degli impianti del 6 giugno 2005 prevede varchi di accesso agli stadi, nonché tornelli che regolano il flusso dei tifosi. Ne pariamo con Massimiliano Boari, responsabile rete vendita people access di Skidata, produttore internazionale di apparecchiature per la gestione degli accessi.

 

Quali tipologie di tornelli sono destinati al controllo del pubblico da stadio? 

La normativa impone tornelli a tutta altezza, quindi tornelli che non siano scavalcabili, né aggirabili. Di fatto, si tratta di vere e proprie gabbie che possono girare solo dietro presentazione di un titolo valido. Allo stesso tempo, però, questi dispositivi devono consentire un accesso rapido, in quanto gli stadi sono luoghi ad alta affluenza di pubblico in tempi brevissimi.

 

Quali sono i valori di riferimento?

Indicativamente, di circa 750 ingressi ora per varco. E poiché ogni varco deve servire una porzione di massimo 750 posti, ciò significa che, potenzialmente, la portata del sistema deve permettere l’accesso di tutti gli utenti in un’ora.

 

Uno sguardo all’estero…

All’estero, negli stadi, non sono sempre presenti i tornelli a tutta altezza come in Italia. Esistono, ad esempio, realtà in cui vengono utilizzati normalissimi tornelli a tripode, gli stessi - per intenderci - utilizzati da decenni negli Ski Resort. Oppure realtà dove si usano tornelli come quelli presenti nelle metropolitane di tutto il mondo…

 

Di fronte al rischio reale di minacce terroristiche, immaginate un’evoluzione di tale prodotto?

Il tornello, da solo, non potrà mai fare fronte a un rischio di tale portata. Alcune realtà stanno implementando i metal detector, altre stanno introducendo la scansione di tipo aeroportuale. Ma si tratta pur sempre di tecnologie “aggiuntive”, a supporto, dunque a sé stanti rispetto al tornello stesso.

 

Giovanni Della Torre

 

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