Sicurezza sull’orlo di una crisi di nervi

Se, per quanto riguarda la sicurezza nel nostro Paese, la tecnologia ha fatto passi da gigante, è l’elemento umano a costituire l’anello debole di una catena dalle troppe smagliature, dove pressapochismo e problemi di bilancio concorrono a fare del cittadino un facile bersaglio del crimine.

Gianluca Pomante
Avvocato
Esperto in tema di privacy e IT

Viaggiare porta a conoscere molteplici situazioni e ad analizzare numerose circostanze ed effetti, anche collaterali, del vivere in comunità, come dell’isolarsi da forme di consociativismo.
L’occhio attento del viaggiatore, vigile anche quando sembra distratto - poiché, trovandosi lontano dall'ambiente a lui familiare, non abbassa mai la guardia, come un animale a distanza eccessiva dalla sua tana - nota anche le piccole cose, non solo le grandi contraddizioni.
Al tempo stesso, il tipico e difettoso istinto di chi è specializzato in un qualsiasi argomento lo porta a esaminare gli ambienti in cui si trova a passare o a operare sulla base dell’esperienza acquisita nel corso degli anni.
Accade, così, di notare la differenza tra i controlli di sicurezza di alcuni aeroporti italiani rispetto ad altri - e degli aeroporti italiani in generale rispetto a quelli di altre nazioni.
Ad esempio, quando ai controlli di sicurezza non vengono assegnati attrezzature e personale sufficienti a garantire il rapido deflusso dei viaggiatori, l’effetto di minimizzare il rischio di attentati, che dovrebbe essere il primo e principale obiettivo delle strategie di sicurezza aeroportuale, viene, in realtà, massimizzato proprio dall’assembramento che si crea in prossimità dei metal detector, posti sovente a poca distanza dagli ingressi e, quindi, teoricamente esposti all'attività sconsiderata di un qualsiasi attentatore.
L’eventuale prontezza di riflessi degli addetti ai lavori ben poco potrebbe contro un attentatore suicida, come ben dimostrato, purtroppo, dall’attentato di Nassyria, del quale, proprio poco tempo fa, cadeva la ricorrenza decennale.

Trasporti aerei e ferroviari a rischio
La sicurezza non può essere improvvisata e deve essere sempre al centro dei pensieri e delle azioni dei professionisti che sono deputati a garantirla.
Sebbene sia lodevole l'obiettivo di impedire l’ingresso in aeroporto di armi, oggetti idonei a offendere o esplosivi, che potrebbero consentire il dirottamento di un aereo o un’azione suicida dopo il decollo, è altrettanto sconsiderata la prassi di rallentare il deflusso dei viaggiatori esasperando i controlli senza avere una struttura adeguata in termini di strumenti e risorse umane o una strategia di dispersione dei viaggiatori su accessi diversi e distanti tra loro, giacché, se il dirottamento o l’esplosione di un aereo comporta sensibili perdite umane, sicuramente è ben più consistente il sacrificio di migliaia di persone, tra viaggiatori e accompagnatori, che potrebbero essere coinvolti in un attentato dal consueto assembramento riscontrabile ai controlli di sicurezza dei principali aeroporti italiani.
Peraltro, i recenti incidenti aerei hanno dimostrato che, per provocare un discreto numero di vittime, non è necessario attendere l’azione di un terrorista o di un folle, essendo molto più efficace l’azione deregolatrice e distruttiva della crisi economica, che spinge le compagnie aeree minori a risparmiare sui controlli e sulla sicurezza strutturale e organizzativa, con le conseguenze che, purtroppo, riempiono spesso le pagine dei giornali.
Anche nel mondo ferroviario è emerso con chiarezza che, per ottenere il risultato di sconvolgere l’opinione pubblica e provocare un discreto numero di vittime, non è necessario essere attentatori ma è, invece, sufficiente omettere il rispetto di elementari misure di sicurezza, come l’omettere la manutenzione, anche straordinaria, lasciando risultare che sia in realtà avvenuta - e consentire a convogli pieni di GPL di attraversare intere nazioni nonostante la corrosione devastante che ne affligge gli assi, pur in origine estremamente robusti, eppure capaci di cedere come tonno sotto l’effetto di un grissino.
Oppure conversare amabilmente con il telefono cellulare alla guida di un treno veloce, disattivando, contestualmente, i sistemi di frenata automatica.
Venendo a mancare sia il controllo umano che quello meccanico, il gioiello tecnologico può, ugualmente, schiantarsi a 200 km orari contro un muro, con ogni prevedibile conseguenza in termini di perdite umane.
Solo successivamente si paventa, ma in chiave prospettica e non come obiettivo da perseguire immediatamente, la possibilità di dotare ogni convoglio di impianto GPS intelligente, in grado di confrontare i dati provenienti da motore e centraline elettroniche con quelli del sistema di navigazione e procedere automaticamente alla segnalazione di allarme in caso di guasto o eccessiva velocità, così come alla conseguente frenata d'emergenza in caso di mancato intervento dell’operatore (che potrebbe anche essersi sentito male e non avere semplicemente dimenticato il cervello a casa).
Parlare di sicurezza contro eventuali attentati terroristici sui convogli ferroviari è come cercare di comprendere il greco antico studiando l'inglese.
È sufficiente analizzare cosa accade ogni giorno in una stazione per comprendere che qualsiasi maldestro tentativo di garantire un minimo di sicurezza ai viaggiatori cozza con la realizzazione stessa delle grandi stazioni.
Paradossalmente, sembrano più controllate le fermate delle subway cittadine da eventuali incursioni di terroristi e attentatori di quanto non lo siano (se si tratti solo di una sensazione è difficile dirlo) le stazioni ferroviarie, dove il personale addetto e la Polfer non riescono ad arginare il flusso di immigrati e semplici furbi che quotidianamente bivacca in stazione o utilizza i treni senza pagare il biglietto, per cui sarebbe del tutto improbabile pretendere l’individuazione di soggetti potenzialmente pericolosi.
In aiuto degli operatori della sicurezza, per fortuna, sopraggiungono con sempre maggiore frequenza e potenza i dispositivi elettronici di analisi comportamentale, strutturale e biometrica, che permettono, attraverso telecamere e software sempre più sofisticati, di individuare il comportamento sospetto di un individuo, riconducibile a un potenziale pericolo, così come la detenzione di materiale che, sebbene occultato, emette radiazioni o calore eccessivi e ogni altro tipo di segnale riconducibile a un detonatore o a una bomba.
Anche il controllo biometrico è di aiuto alla sicurezza di zone oltremodo affollate come le stazioni ferroviarie, consentendo di individuare con discreta percentuale di sicurezza eventuali soggetti ricercati o ritenuti potenzialmente pericolosi semplicemente dall’analisi degli oggetti che toccano o dall’esame del profilo facciale o del comportamento (modo di camminare, zoppia, atteggiamenti, fino all’analisi di condotte specifiche come puntare una pistola, accendere un fuoco o aggredire una persona).

Tribunali insicuri
Non si trova maggiore sicurezza, del resto, neppure nei Tribunali di ogni ordine e grado, quotidianamente affollati da centinaia di persone, una buona percentuale delle quali con diversi problemi con la giustizia e, quindi, con diversi motivi per crearne di ulteriori.
Allo spiegamento di forze che normalmente attende il cittadino ignaro all’ingresso principale, ove si è soliti trovare cani addestrati a fiutare droga ed esplosivi, metal detector e agenti di sorveglianza, fa da contraltare, di solito, l’ingresso posteriore dedicato al personale, normalmente presidiato dal solo piantone o, addirittura, privo di sorveglianza.
Banalmente, alcuni Tribunali pretendono che anche avvocati e dipendenti si sottopongano quotidianamente al controllo di sicurezza, mentre altri, ritenuti meno a rischio, spesso consentono anche al comune cittadino di attraversare la bussola senza neppure azionare il controllo (per non parlare dei Tribunali che sono liberamente accessibili a tutti, senza controllo alcuno).
È anche vero che nel territorio italiano sono ormai presenti Tribunali e uffici pubblici talmente fatiscenti da risultare per i frequentatori ben più pericolosi dell’attentatore e da ritenere una fortuna un eventuale attentato che dovesse far risparmiare all'Erario i costi di demolizione, nell'ipotesi fosse possibile realizzarlo senza perdite umane, ma questo non dovrebbe giustificare il completo abbassamento della guardia da parte degli addetti ai lavori, spesso talmente disimpegnati e abituati al dolce tran tran dei Tribunali minori da dimenticare, perfino, di indossare il giubbotto antiproiettile.
Un terrorista interessato a ottenere il maggior risalto possibile per il proprio martirio non cercherà certamente di raggiungere un aeroporto presidiato o un tribunale ipercontrollato ma si recherà, con ogni probabilità, proprio presso quelle realtà che, non avendo mai subito un attentato e ritenendolo improbabile, sono impreparate anche a garantire la sicurezza dei loro ambienti.

Incrementare il controllo del territorio
Un’adeguata politica della sicurezza dovrebbe riguardare l'intero assetto territoriale e organizzativo di un'azienda o di un'istituzione, classificando certamente come maggiormente pericolosi quelli che vengono definiti, per territorio, per presenza di soggetti esposti al rischio o per precedenti eventi, degli obiettivi sensibili, ma senza sguarnire le zone in cui è meno probabile che si verifichi un attentato o un'azione violenta e, anzi, incrementando il controllo del territorio nei periodi in cui ci si attende una recrudescenza dell'attività terroristica o criminale.
Soprattutto, la sicurezza non dovrebbe mai essere un problema di bilancio o di ripartizione di fondi ma, semplicemente, un obiettivo da raggiungere per garantire al cittadino quella tranquillità per la quale, quotidianamente e senza soluzione di continuità, egli crede in uno Stato, nelle sue Istituzioni, nelle Forze dell'Ordine, nell’abnegazione e nell'impegno di chi quella sicurezza dovrebbe garantire, pagando le relative tasse.

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