Privacy o salute pubblica – Il nuovo dilemma

    Intelligenza artificiale, applicazioni di tracciamento delle persone, software per lo studio delle infezioni all’interno delle folle: la tecnologia più evoluta scende in campo nella lotta al Covid-19. La domanda, però, adesso è: la “battaglia” cambierà il nostro concetto di privacy?

    Privacy o salute pubblica? Per contrastare la diffusione del Covid-19, sembra questo oggi il dilemma. Una sfida eccezionale - come quella sicuramente rappresentata dalla lotta contro il virus - richiede misure straordinarie per essere vinta. Questo è il refrain che giunge da più parti. Ma siamo realmente davanti all’implacabile alternativa tra due termini opposti? Oppure sarà possibile arrivare a un soddisfacente punto di conciliazione tra di essi?

    Certo è che, messo alle strette da un virus dalla trasmissione rapidissima, a circa un mese dall’identificazione del paziente 1, il sistema Italia non ha potuto tergiversare a lungo in questioni meramente di principio, trovandosi infatti costretto a entrare in azione e a programmare e applicare misure di controllo straordinarie dei cittadini, prendendo peraltro spunto da quanto realizzato con successo da altri Paesi stranieri.

    Un primo esempio, in questa direzione, è arrivato dall’ENAC che, con una ordinanza del 23 marzo, ha giudicato «necessario procedere a derogare ad alcune previsioni delle disposizioni del Regolamento ENAC “Mezzi Aerei a Pilotaggio Remoto”, edizione 3 dell’11 novembre 2019, con l’obiettivo di consentire le operazioni di monitoraggio degli spostamenti dei cittadini sul territorio comunale» ai droni della Polizia Locale. Una decisione mirata a fissare delle regole certe a richieste incalzanti e, tuttavia, limitata a pochi giorni (fino al 3 aprile), a sottolinearne l’eccezionalità. Evidente, in questo caso, l’argine rappresentato proprio dal principio inderogabile della tutela della privacy, cui si può concedere di rinunciare, solo temporaneamente, se non per contrastare un pericolo unico nel suo genere.

    Le deroghe alla privacy: come e quando

    Eppure, secondo un recente sondaggio Bva-Doxa, il 93% degli italiani si dichiara pronto a «sacrificare alcuni diritti fondamentali se ciò aiuta a prevenire la diffusione del virus». Una disponibilità chiaramente irricevibile per le autorità. Tuttavia, considerando le tecnologie per il tracciamento dei singoli individui - protagoniste della call Covid-19 lanciata dal governo per il controllo capillare della diffusione del contagio nella popolazione - i rischi non possono essere sottaciuti. Ecco perché, come nel caso dei droni, anche qui misure straordinarie possono essere sì implementate, ma per un tempo limitato e solo in modo proporzionale alle effettive esigenze: i diritti dei cittadini non possono mai essere in questione.

    Nel caso specifico del tracciamento di chi è entrato in contatto con persone infette - modello tratto dal caso di successo della Corea del Sud - in diverse interviste il Garante della Privacy Antonello Soro ha insistito su alcuni concetti fondamentali: utilizzare dati pseudonimizzati o completamente anonimi, limitando la re-identificazione ai soggetti verosimilmente contagiati. Imprescindibile naturalmente l’autorità pubblica, nel ruolo di supervisore e nei compiti di analisi dei dati. La cornice d’azione, insomma, non può che essere molto stretta e riconducibile, in ultima istanza, a una iniziativa temporanea coordinata dallo Stato. Solo in questo modo, le momentanee deroghe alla privacy, cui ci si è trovati costretti a cedere per fronteggiare il contagio, possono essere sufficientemente indolori per agevolare, appena possibile, il ritorno alla normalità.

    Un rischio all’orizzonte

    Più spinosa diventa la questione quando si passa ad analizzare il contributo dell’intelligenza artificiale e degli algoritmi contro il coronavirus. In questo caso, l’idea di usufruire del vantaggio di prevedere i soggetti o i gruppi più suscettibili al contagio potrebbe dare alla tecnologia un valore salvifico che metterebbe a rischio, però, i concetti di libertà e di privacy tanto cari all’Occidente. Si tratta, per molti versi, del modello cinese, imperniato per cultura e tradizione sul concetto di comunità piuttosto che di individuo e delle sue prerogative. Insomma, dalle modalità di lotta necessarie per contrastare il coronavirus potrebbe dipendere, in futuro, non solo il nostro concetto di privacy, ma anche quello di libertà.

    INTERVISTA

    Tracciamento delle persone e privacy

    Privacy
    Alessandro Papini, presidente Accademia Italiana Privacy

    L’Accademia Italiana Privacy è un’associazione culturale senza scopo di lucro. Il suo fine è promuovere, approfondire e sviluppare le tematiche relative alla tutela e regolamentazione della privacy. Risponde alle nostre domande il presidente Alessandro Papini.

    In virtù dell’utilizzo di tecnologie di tracciamento delle persone, è possibile coniugare la tutela della salute e della privacy?

    «Come ha già sottolineato il nostro Garante della Privacy, la disciplina di protezione dei dati si basa sul bilanciamento di esigenze di sanità pubblica e di tutela delle libertà individuale. È evidente che una misura invasiva come il “contact tracing”, che inciderebbe su un numero elevatissimo di persone, avrebbe bisogno di un decreto legge ad hoc per modificare questo bilanciamento. Questo è quanto ha indicato anche il Comitato Europeo per la protezione dei dati qualche giorno fa».

    In che modo potrebbe essere garantita la tutela della privacy usando tecnologie di tracciamento delle persone?

    «Sgombriamo il campo da un possibile equivoco. Il “contact tracing” non ha l’obiettivo di monitorare gli spostamenti di chi è stato identificato come positivo al virus, ma piuttosto la creazione di un database di tutti gli spostamenti in modo pseudonimizzato o anonimizzato e ricorrendo alla re-identificazione limitatamente ai soggetti contagiati per seguirne gli spostamenti antecedenti al contagio e prevedere i possibili focolai. Ciò è realizzabile solo se chi entra in contatto con tali dati presenta appropriate garanzie di protezione degli stessi ed è adeguatamente formato. Ovviamente, alla base di tutto il processo deve essere previsto un termine di shut down (letteralmente “spegnimento”), che obblighi alla cancellazione di tutti i dati e allo smantellamento del sistema una volta superata la crisi».

    Dopo la battaglia contro il coronavirus potremmo cambiare il concetto di privacy?

    «Mi auguro che questa sia l’occasione per ridisegnare la road map della protezione dei dati: purtroppo è verosimile aspettarsi in futuro altri scenari come quelli che stiamo vivendo in questi giorni e, di conseguenza, un Regolamento più stringente con regole certe e policy accettate a livello europeo sarebbe quantomeno necessario».

    DATI

    Covid-19, cosa pensano e cosa temono i cittadini italiani ed europei

    I dati sono tratti dalla ricerca di Bva Doxa condotta in Italia, Francia, UK e Germania in merito all’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid-19. L’indagine si inserisce in un più ampio sondaggio condotto con Gallup International, il network di cui Bva Doxa è socio fondatore, in 26 Paesi in tutto il mondo.

    di C. M.

    • il 93% degli intervistati italiani è favorevole a rinunciare ad alcuni diritti fondamentali, come per esempio il diritto alla privacy, pur di contenere la pandemia e osservare finalmente una netta inversione del trend dei contagi

    • il 76% (i tre quarti) degli intervistati a livello mondiale è disposto a sacrificare parte dei propri diritti fondamentali se ciò dovesse essere utile a contenere il contagio

    • il 46% dei tedeschi esprime preoccupazione per il rischio di contagio: sono i meno allarmati in Europa

    • il 62% degli intervistati a livello mondiale esprime preoccupazione per il rischio di contagio: il dato è inferiore a quello riscontrato a livello europeo

     

    Leggi anche l'intervista a Francesca Alessandra Lisi, docente e ricercatrice presso il Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, nonché membro del Direttivo dell’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA), "Privacy - Diagnosi, simulazioni, analisi dei dati: il ruolo dell’intelligenza artificiale".

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