La presenza di un impianto TVCC nelle aziende di produzione pone al professionista il tema di come bilanciare l’efficacia della sorveglianza con la tutela dei dati personali dei visitatori e dei dipendenti, soprattutto nel caso in cui il sistema integri funzionalità di intelligenza artificiale.
La videosorveglianza è diventata un elemento cruciale nella sicurezza pubblica e privata, dimostrandosi un mezzo sempre più efficace per monitorare e prevenire attività illecite. Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, gli impianti hanno subito infatti un’evoluzione significativa, aumentando la capacità di analisi e reazione in tempo reale: non si limitano più a registrare immagini, ma utilizzano algoritmi avanzati in grado di riconoscere volti, identificare comportamenti sospetti e persino prevedere eventi potenzialmente pericolosi.
Questo approccio proattivo consente ai consulenti e responsabili della protezione dei dati di implementare misure di sicurezza più efficaci, ma solleva anche interrogativi importanti riguardo alla tutela dei diritti e delle libertà delle persone, poiché la raccolta e l’elaborazione dei dati personali, anche nella forma indiretta dei metadati, devono avvenire nel rispetto dei diritti degli individui, garantendo trasparenza e sicurezza.
La sfida consiste nel bilanciare l’efficacia della sorveglianza con la necessità di proteggere la riservatezza degli individui, un tema che richiede non solo un’analisi approfondita ma anche un approccio etico.
Le sfide della videosorveglianza
Nel caso di un sistema di videosorveglianza basato su AI per un’azienda di grandi dimensioni, nello specifico, i professionisti e le imprese di produzione, installazione e gestione dei sistemi di sicurezza hanno il compito di conciliare le varie esigenze dell’organizzazione (tutela del patrimonio, sicurezza dei dipendenti e ottimizzazione delle risorse) con la protezione dei dati personali.
Una prima questione riguarda le telecamere installate sul perimetro dell’insediamento produttivo a tutela del patrimonio, che potrebbero riprendere anche le vie pubbliche di accesso alla struttura. Si tratta di un inquadramento certamente funzionale alla protezione dei beni aziendali, che però impatta con la libertà dell’individuo di percorrere la strada senza essere ripreso.
La presenza di telecamere interne, invece, potrebbe essere giustificata dalla necessità di sorvegliare aree a rischio, zone in cui si muovono muletti o mezzi pesanti, settori produttivi con apparecchiature pericolose per l’incolumità dei dipendenti, zone in cui le lavorazioni richiedono l’adozione di DPI (dispositivi di protezione individuale).
Le stesse telecamere consentono di monitorare l’ingresso e l’uscita dei dipendenti e venire a conoscenza anche, per esempio, del numero di volte in cui un operaio esce all’esterno dello stabilimento per fumare una sigaretta o parlare con lo smartphone oppure lascia la linea di produzione (magari solo per andare in bagno) o viola i perimetri riservati a lavorazioni pericolose senza indossare i DPI. Tutte queste circostanze mettono il sistema in potenziale contrasto con le tutele previste dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori.
La registrazione delle immagini, inoltre, consente di rivedere le immagini a posteriori, con un aumento della potenziale incidenza del sistema di videosorveglianza sul diritto degli individui a non essere oggetto di trattamento dei dati personali, da parte del titolare/datore di lavoro, oltre il tempo necessario e oltre i limiti idonei a perseguire le finalità dichiarate per l’installazione.
Intelligenza artificiale e people counting
Se il sistema di videosorveglianza viene integrato con l’intelligenza artificiale, diventa possibile analizzare le immagini alla ricerca di comportamenti volti a tutelare dipendenti e visitatori: per esempio, se tutte le persone in un determinato settore sono stese a terra, è altamente probabile che sia in corso un’emergenza, per cui risulterebbe opportuno allertare le squadre di soccorso; le immagini potrebbero anche fornire elementi utili a rendere più efficace e tempestivo l’intervento.
Le stesse immagini, tuttavia, potrebbero essere analizzate alla ricerca di comportamenti inidonei, come fumare una sigaretta in aree potenzialmente soggette a esalazioni di idrocarburi. In un caso del genere, si pone il problema di andare a disciplinare la sicurezza dei lavoratori con il trattamento dei loro dati personali e con l’art. 4 dello statuto: il rischio di generare un’esplosione può essere considerato sufficiente a bilanciare il rischio di un uso disciplinare delle immagini rilevate dall’intelligenza artificiale?
ART. 4 - ART. 4 - STATUTO DEI LAVORATORI
È vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna
Un’altra situazione da ritenere ambigua è quella dell’adozione di sistemi di people counting abbinati a telecamere termografiche, che consentono di individuare automaticamente la posizione dei dipendenti grazie alla rilevazione del calore corporeo: sicuramente si tratta di una soluzione che può essere considerata giustificabile nell’ottica di conoscere il numero di soggetti ancora presenti in un’azienda industriale in caso di incidente, ma si può dire lo stesso per un recinto digitale (geofence) utilizzato per delimitare le aree oltre cui un visitatore non deve spingersi o quelle in cui un lavoratore non deve transitare?
Misure di sicurezza
In queste situazioni, spetta al consulente approfondire ogni possibilità di utilizzo delle immagini, in modo da realizzare un giusto bilanciamento tra gli interessi del titolare/datore di lavoro e quelli dei soggetti coinvolti, anche dipendenti. Il professionista deve inoltre necessariamente occuparsi anche delle misure di sicurezza da porre a tutela dei dati così raccolti, adottando meccanismi di selezione degli accessi e di cifratura dei dati idonei a garantire integrità, riservatezza e disponibilità dei soli dati per i quali non è trascorso il tempo di conservazione prestabilito (anch’esso oggetto di approfondita disamina per individuare le ragioni che ne giustificano una maggiore o minore durata).
La videosorveglianza basata su intelligenza artificiale, nello specifico, richiede una serie di documenti e autorizzazioni specifiche per garantire la conformità alle normative poste a tutela dei dati personali e della dignità dei lavoratori.
In primo luogo, è necessario annotare il trattamento nel registro dei trattamenti, rinviando per la descrizione dell’impianto e delle sue funzioni a un manuale o disciplinare della videosorveglianza, che descriva dettagliatamente la struttura dell’impianto, le caratteristiche delle telecamere, del dispositivo di registrazione e del software utilizzato, le funzioni di AI implementate e i casi d’uso, specificando le finalità delle singole funzioni e dei singoli settori di inquadramento.
In secondo luogo, è indispensabile effettuare una DPIA (Valutazione d’Impatto sulla Protezione dei Dati): quest’analisi aiuta a identificare e mitigare i rischi associati al trattamento dei dati personali, con particolare riferimento a quando si utilizzano tecnologie di intelligenza artificiale, che possono comportare un trattamento massivo di informazioni sensibili o comunque individuare comportamenti suscettibili di interpretazione da parte del titolare/datore di lavoro. Il documento dovrebbe considerare i seguenti aspetti:
- analisi dei rischi associati all’uso della videosorveglianza con AI;
- misure di mitigazione proposte;
- valutazione della necessità e della proporzionalità del trattamento dei dati;
- rispetto dei principi di protezione dei dati previsti dal GDPR.
È necessario inoltre predisporre cartelli e documenti informativi accurati e dettagliati da esibire in caso di richiesta degli interessati, in modo da poter fugare qualsiasi dubbio in ordine alla correttezza, trasparenza e liceità delle soluzioni adottate. Bisogna curare in modo specifico anche la necessità e proporzionalità delle misure adottate e motivare le ragioni per cui non è stato possibile adottare soluzioni alternative.
Infine, è consigliabile predisporre un protocollo di sicurezza che stabilisca misure tecniche e organizzative per proteggere i dati raccolti, assicurando che siano trattati in modo lecito e sicuro.
I documenti da approntare
Il compito principale del consulente per la protezione dei dati è quello di redigere un compendio di documenti per la videosorveglianza che soddisfi le normative vigenti e tuteli sia le finalità del titolare sia i diritti e le libertà degli interessati: un compito arduo ma non impossibile, in cui è necessario profondere conoscenze non solo giuridiche e tecniche ma anche etiche e morali, evitando scorciatoie di dubbia liceità.
La documentazione dovrebbe includere i seguenti elementi:
- Descrizione dettagliata delle aree da sorvegliare e delle motivazioni alla base della videosorveglianza e dell’uso dell’intelligenza artificiale per l’individuazione di determinati eventi e comportamenti. Si dovrebbe procedere individuando i singoli scenari e specificando gli argomenti per ogni scenario.
- Misure di sicurezza tecniche e organizzative per proteggere i dati personali, inclusi i protocolli di accesso, cifratura e conservazione.
- Documenti e procedure idonee a garantire una puntuale informazione agli interessati, anche attraverso il ricorso ad accordi sindacali e coinvolgimento delle autorità locali, a garanzia della tutela non solo dei visitatori ma anche dei dipendenti.
- Procedure di revisione periodica del sistema di videosorveglianza per garantire la continua conformità alle normative vigenti sulla tutela dei dati personali.