Dal 2007, è attiva una piattaforma software studiata per aiutare la Polizia di Milano nel proprio lavoro investigativo quotidiano. Si tratta di KeyCrime, strumento informatico in grado di archiviare, nel proprio database, un'enorme serie di dati riferiti a ogni singolo evento criminoso.
State pensando di organizzare una rapina a mano armata e necessitate di qualche consiglio? Evitate di tentare il vostro colpo a Milano, perché la Polizia potrebbe già conoscere le vostre mosse e avere una pattuglia pronta a intervenire. Ma anche se il colpo andasse bene, potreste essere catturati nel volgere di pochi giorni.
Quello che vi stiamo raccontando non è un telefilm americano, ma i risultatati ottenuti dall'Ufficio Analisi e Pianificazione della Questura di Milano.
I dati, anche se riferiti al 2013, parlano chiaro: nell'81% dei casi sono stati individuati gli autori delle rapine alla farmacie.
E i risultati sono ancora più eclatanti quando la rapina a mano armata ha avuto come obiettivo altri esercizi commerciali o Istituti di credito, con una percentuale di casi risolti che raggiunge l'87% degli eventi criminosi.
Simili risultati sono frutto del lavoro di un team di agenti che, malgrado le difficoltà e le limitazioni con cui devono confrontarsi ogni giorno, mettono in campo abnegazione, professionalità e coraggio.
Ma anche la tecnologia, in questo caso, sta aiutando le forze di Polizia a contrastare i fenomeni di micro-criminalità
Dal 2007, infatti, è stata attivata, senza troppi clamori, una piattaforma software studiata appositamente per aiutare gli agenti nel proprio lavoro investigativo quotidiano.
Si tratta di KeyCrime, uno strumento informatico in grado di archiviare, nel proprio database, un'enorme serie di dati riferiti a ogni singolo evento criminoso.
La prima versione di KeyCrime
L'idea di sviluppare un software in grado di supportare l'attività investigativa venne a Mario Venturi - oggi assistente capo della Polizia di Stato - quando intuì che la tecnologia poteva fornire un significativo aiuto alle Forze dell'Ordine.
A fronte di un reato, gli agenti che intervengono cercano di raccogliere tutti i dati potenzialmente utili alle indagini: dalle testimonianze delle persone presenti alle immagini delle telecamere di videosorveglianza.
Ma registrano anche una serie di informazioni apparentemente poco significative: dall'orario in cui è avvenuto il fatto all'arma utilizzata, dal modo di camuffarsi alla via di fuga utilizzata. A questo si aggiungono i dettagli più svariati, come l'accento, il modo di impugnare l'arma, la camminata e persino la presenza di un neo o di un tatuaggio.
L'insieme di queste informazioni, un tempo raccolte solo in fascicoli cartacei, finiva negli archivi di Polizia e il suo impiego era tipicamente subordinato all'intuito degli investigatori. L'efficacia di questa modalità operativa era quindi relativamente limitata e, se il caso non veniva risolto in tempi brevi, difficilmente sarebbe stato possibile “incastrare” l'autore del reato.
In altri ambiti, legati soprattutto alle attività economiche, l'informatica è ampiamente e sistematicamente utilizzata per analizzare i comportamenti dei consumatori e prevedere le loro preferenze.
Ogni nostro acquisto presso un supermercato, ad esempio, viene tracciato e permette, a chi si occupa di marketing, di studiare le offerte commerciali in grado di attrarre la nostra attenzione, ma anche di pianificare le scorte e predisporre gli oggetti sugli scaffali per incentivare le vendite.
É questa la cosiddetta Business Intelligence, che utilizza tutti i dati disponibili per pianificare al meglio un'attività economica.
La geniale intuizione di Venturi è stata proprio quella di sfruttare un analogo principio per analizzare i comportamenti criminali.
Il tutto con l'obiettivo di prevedere una rapina, ma anche di identificare i reati che, in qualche modo, potessero essere riconducibili a uno stesso autore, anche se ancora anonimo.
L'esperienza di Venturi - così come i manuali di Polizia - spiegano, infatti che, esclusi isolati casi di disperazione, la maggior parte dei criminali svolge un'attività di tipo seriale.
Oltre al progressivo interesse per obiettivi sempre più redditizi, una volta elaborata e sperimentata con successo una prassi operativa, i rapinatori hanno la tendenza a ripetere la stessa modalità.
Il tutto scegliendo gli obiettivi con una specifica logica, basata sia su fattori ambientali sia sulle modalità di protezione delle potenziali vittime.
“In pratica - come spiega Venturi - isolare la serialità criminale significa avere la capacità di conoscere e di capire le dinamiche di spostamento sul territorio, gli obiettivi colpiti, le fasce orarie, i giorni della settimana a più alto rischio. Tutto questo permette di raffinare l'attività di prevenzione e di controllo del territorio”.
Partendo da tali considerazioni, oltre che da un specifica esperienza in ambito investigativo e informatico, Venturi ha sviluppato la prima versione di KeyCrime.
Undicimila informazioni
Ma quali sono i dati che vengono forniti al software ed elaborati dal suo potente database?
Su questo argomento Venturi preferisce non rivelare nulla, perché ogni dettaglio potrebbe favorire i criminali.
L'unico elemento che rivela è però impressionante: sono bene 11mila i possibili dati che il sistema è in grado di raccogliere e analizzare a fronte di ogni specifico evento criminale. Alcuni sono facilmente immaginabili. Ma altri dettagli, che costituiscono un elemento di indagine fondamentale, vengono gelosamente custoditi dallo stesso Venturi e dai suoi colleghi.
La grande forza del sistema consiste nel fatto che, una volta immessi tutti i dati disponibili, il software si mette al lavoro e, in modo automatico, elabora le informazioni, effettuando una rapida correlazione tra tutte le indicazioni già presenti nel proprio archivio.
I risultati ottenuti da tale elaborazione possono essere utilizzati sia in fase preventiva che investigativa, ma anche durante gli interventi degli agenti sul territorio.
Come è emerso in modo ancora più chiaro dall'impiego di KeyCrime a Milano, le vittime vengono scelte dai criminali secondo una logica ben specifica. Al punto che, in numerose occasioni, gli agenti si sono appostati con successo in prossimità di uno specifico obiettivo, sapendo che, con elevata probabilità, sarebbe stato preso di mira dopo poco tempo.
Allo stesso modo, la Questura dispone ora di una sorta di “mappa del crimine”, grazie alla quale è in grado di pianificare al meglio l'attività delle pattuglie sul territorio. Del resto, conoscere in anticipo le possibili mosse dei criminali consente anche di ottimizzare gli interventi.
Inoltre, proprio durante le fasi “calde” di un arresto, così come di un pedinamento o di un inseguimento, gli agenti possono disporre, in tempo reale, di una serie di informazioni sui criminali coinvolti. Un vantaggio non indifferente, perché aumenta la probabilità di successo e, allo stesso tempo, riduce i pericoli per l'incolumità degli agenti, che possiedono anche informazioni sulle armi di cui potrebbe essere in possesso la persona o la banda che devono arrestare.
Dopo l'arresto, la confessione
L'attività preventiva e l'intervento sul territorio - che sempre più spesso permettono ai poliziotti di arrestare il criminale in flagrante - possono però essere vanificate da un sistema giudiziario che permette ai rapinatori di cavarsela con pene relativamente miti.
Anche dopo l'arresto, infatti, la persona catturata si limita tipicamente ad ammettere solo il fatto specifico, dichiarando che si tratta della prima rapina e, magari, adducendo ragioni legate alla disperazione o a difficoltà economiche contingenti.
Tutte situazioni che consentono al rapinatore, magari arrestati a fronte di un significativo dispendio di energie e con notevoli rischi per i poliziotti, di cavarsela con una pena quasi irrisoria.
Del resto, un criminale non ha nessun interesse ad ammettere una serie di reati per i quali non esistono prove contro di lui.
Una “scappatoia” che KeyCrime rende però difficile da utilizzare. Non appena un criminale viene arrestato, infatti, già nel corso del primo interrogatorio gli inquirenti dispongono di numerose informazioni sul soggetto.
Grazie a queste, sono in grado di risalire a una serie di rapine in cui vi sono elementi che indicano il coinvolgimento della persona arrestata. Elementi - costituiti anche da foto o immagini riprese dalle telecamere di sicurezza - che lasciano poche alternative al sospettato. Quest'ultimo, per ottenere una riduzione della pena, è così indotto ad ammettere le proprie colpe. Una condizione che permette di risolvere un crescente numero di casi, ma anche di velocizzare i tempi dei processi.
Ma quanto costa?
Un sistema tanto potente ed efficace, che è stato studiato anche a livello internazionale, potrebbe aver rappresentato un costo significativo per le Forze dell'Ordine.
Al contrario, Mario Venturi, dopo aver sviluppato l'intera piattaforma, ha deciso di concederla in comodato gratuito alla Questura di Milano, nella convinzione (poi rivelatasi reale) che avrebbe rappresentato un valido strumento per il proprio lavoro e per quello dei colleghi quotidianamente impegnati nella prevenzione e nel contrasto delle rapine a mano armata.
Un'efficacia che migliora ogni giorno, in quanto la piattaforma si arricchisce progressivamente di informazioni, sempre più utili per ottimizzare i risultati.
Inoltre, il sistema è in continua evoluzione. Infatti, come racconta lo stesso Venturi sul suo profilo Linkedin ”… ad oggi sto lavorando per completare una versione più evoluta dell'applicativo (1.1), mentre è già ultimato il progetto del software KeyCrime3 per il quale sono in cerca di finanziamenti per la realizzazione. Questa nuova versione dell'applicativo è stata progettata per un impiego su larga scala e ha potenzialità di analisi aumentate e raffinate. Auspico di vedere realizzato questo progetto al più presto, confidando nel continuo supporto delle istituzioni, così come avvenuto sino ad ora a fronte degli apprezzabili risultati ottenuti”.
Massimiliano Cassinelli