Teppismo, criminalità, delinquenza, premeditazione e terrorismo: i luoghi di aggregazione sono terreno facile per chi è intenzionato a provocare un evento poco controllabile e gestibile, di grande effetto mediatico e politicamente destabilizzante.
L’Italia e l’Europa registrano, da tempo, una crescente domanda di socializzazione e aggregazione, specialmente nelle grandi città e negli insediamenti urbani.
Piazze, mercati, parchi, stadi sono sempre stati i luoghi dell’incontro, della condivisione di interessi comuni, ludici, lavorativi, politici, culturali.
Il tempo libero esige ormai grandi spazi e luoghi a disposizione per ospitare eventi con grande partecipazione.
Qui spesso si svolgono manifestazioni di grande richiamo mediatico e che registrano un notevole afflusso di persone che si affollano in spazi contenuti.
E’ il caso di un anfiteatro sportivo, di una piazza, di una strada, dove tradizionalmente si svolgono manifestazioni di carattere competitivo o dilettantistico, canore e concertistiche, di divertimento e svago.
Basti pensare ai grandi concerti di musica rock, ai comizi e raduni elettorali, alle manifestazioni sindacali, a particolari eventi sportivi che si snodano in varie strade di una città, a ricorrenze o avvenimenti di carattere religioso.
Insomma, tutte occasioni che possono essere sfruttate come obiettivi di attacchi mirati, terroristici o malavitosi, che possono avere come obiettivo non tanto quello di seminare morte e distruzione, ma di provocare e alimentare il panico e la percezione di alta insicurezza.
Le cronache di drammatici eventi luttuosi e dolorosi si sono persi nella nostra memoria, relegati ormai nell’inevitabilità e nel fatalismo:
- Bruxelles: stadio Heysel, finale Coppa dei Campioni del 29 maggio 1985 (39 morti e 370 feriti, moltissimi italiani)
- Genova: partita di calcio Italia-Serbia del 12 ottobre 2010 (16 feriti)
- Duisburg: “Love Parade” del 24 luglio 2010 (21 morti e 516 feriti)
- Maratona di Boston del 15 aprile 2013 (3 morti e almeno 264 feriti)
L’attenzione dell’intelligence
E’ di qualche settimana fa il comunicato dell’AISI (Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna), su alcuni specifici prossimi eventi in Italia: Sindone, Expo e Giubileo.
“L’attenzione dell’intelligence è alta sugli eventi che nei prossimi mesi porteranno in Italia milioni di visitatori: l’ostensione della Sindone a Torino, l’Expo a Milano e il Giubileo che inizierà il prossimo dicembre”.
Le parole del Direttore dell’AISI, in audizione al Copasir: “Monitorata sia la minaccia interna - quella dei movimenti antagonisti e anarchici - che quella jihadista. L’incubo è sempre quello del lupo solitario. Azione molto difficile da prevenire”. E ha concluso affermando che: “… non c’è evidenza di progetti specifici contro queste manifestazioni, ma è ovvio che il flusso di milioni di persone che arriveranno in Italia comporta una serie di rischi e conseguenti attività preventive … Sorvegliati speciali stazioni, porti, aeroporti e gli altri obiettivi sensibili”.
Una serie di eventi, in Italia, dove le vulnerabilità appaiono ben elevate, seppur costantemente monitorate.
A Milano, per l’Expo arriveranno delegazioni di Capi di Stato e di Governo. Sotto osservazione i fermenti del mondo antagonista, dei centri sociali, degli anarco-insurrezionalisti, dei movimenti per la casa, dei “foreign fighter”, partiti in prevalenza dalle regioni del Centro-Nord e in possibile rientro in Italia.
Il Ministro degli Interni Alfano, da par suo, tranquillizza tutti, dichiarando l’esistenza di un piano anti-Isis e il dispiegamento di cinquemila agenti all’Expo. Certo che un Giubileo nel periodo in cui la minaccia del Califfato è ai massimi livelli rischia di trasformarsi in un incubo per la sicurezza.
La bandiera nera che sventola sulla cupola di San Pietro incute oggi maggior terrore. Ovviamente, ciò che è più da temere è l’azione di un singolo attentatore, e questa minaccia non è certo prevenibile.
L’esame dei luoghi oggetto di possibili minacce e rischi coincidono con quelli a maggiore vulnerabilità e cioè:
- luoghi e aree ospitanti grandi manifestazioni ed eventi (Vaticano, Concerto del 1° maggio a Roma, Notti Bianche, Expo a Milano, Ostensione della Sacra Sindone a Torino ecc.)
- centri commerciali, ipermercati, grandi magazzini
- luoghi di culto (specialmente all’aperto)
- locali di pubblico spettacolo
- edifici e luoghi per lo sport e lo svago
- musei e edifici storici ed espositivi
Contro-propaganda e opinione pubblica
Indubbiamente, i terroristi mirano a diffondere insicurezza e terrore. Abbastanza facile è la propaganda, magari basata su minacce ed elementi concreti.
Singolare è stato il ritrovamento, a Milano, di un manualetto per jihad, intitolato “Elementi di base per la preparazione del jihad per la causa di Allah”.
Un testo che esalta il martirio e che contiene i principi ai quali si dovrebbero ispirare i potenziali terroristi.
Un testo pericoloso, poiché articolato sui due tipi di preparazione al jihad: quella materiale e quella spirituale.
Si parla di addestramento militare, di rischi per la propria vita, come pure del “dovere di purificare il pensiero per innalzare la parola di Dio e far sì di non temere nulla, neppure la morte”.
E conclude esortando a colpire le popolazioni, senza distinzioni tra civili e militari. Solamente dottrina e propaganda? Indubbiamente questo ha raggiunto lo scopo di intimorirci.
Ma poi si ribatte, da parte delle Istituzioni statali, con la “contro-propaganda”, verbale - o alcune volte concreta - come il dispiegamento di presidi di Polizia dinanzi all’ingresso delle redazioni dei principali quotidiani nazionali, all’indomani degli attentati a Parigi alla sede di Charlie Hebdo.
Peccato che sono durati solo due giorni. Insomma, una contro-propaganda tesa, a volte goffamente, a invertire il senso di frustrazione in cui cade l’opinione pubblica di fronte a tali minacce ed eventi.
“Foreign fighters”, nuova minaccia
La situazione geopolitica, con l’aggravarsi della crisi libica e l’accentuarsi degli sbarchi dei migranti in Italia, riporta prepotentemente a galla il problema dei “foreign fighters”.
“Ora c’è un fattore di rischio molto più accentuato per l’Italia” ha affermato il Capo della Polizia Alessandro Pansa in audizione alla Camera, sottolineando che il nostro paese è più esposto rispetto al passato al terrorismo internazionale.
I teatri di guerra sono più vicini a noi. Ma l’attenzione si sta sempre più focalizzando sui “foreign fighters” nostrani: sono 60 in Italia (più di tremila in Europa), di cui 5 di origini italiane e 2 con doppia nazionalità.
E poi i migranti: “Immigrazione non è sinonimo di terrorismo. Sui barconi, dice il Capo della Polizia, non risultano terroristi, ma è un’eventualità che non si può escludere a priori”.
Ogni Paese dell’Europa ha i suoi foreign fighters, ma non è detto poi che costoro possano agire esclusivamente nel paese di provenienza.
Qualche settimana fa non è passata inosservata ai giornalisti la dichiarazione di Hamish de Bretton-Gordon, ex comandante inglese del Chemical Biological Radiological Nuclear Regiment, che ha detto di aver recentemente visto in Siria e in Iraq l’uso più concentrato e letale di armi chimiche dalla guerra tra Iran e Iraq del 1980. “I militanti dell’Isis di ritorno nel Regno Unito (e in Europa - ndr) potrebbero lanciare un attacco con gas cloro sui treni, nella metropolitana o durante una partita di calcio”.
Certo, qui cominciano a giocare un ruolo fondamentale i servizi d’intelligence, che sappiamo essere raccordati con quelli degli altri Stati impegnati contro il terrore. D’altro canto, non credo che l’uso di gas, come il cloro, ci possa trovare molto preparati, specialmente considerando la vastità degli obiettivi con grande affollamento di persone.
Ma c’è comunque da dire che attacchi con tale gas non avrebbero grandi effetti, poiché il cloro non è molto tossico e le nuvole giallo-verdi sono ben visibili e, quindi, da evitare.
Inoltre, non è un gas molto persistente e la sua durata è di pochi minuti. Ma l’impatto sulla reazione di panico virale delle persone potrebbe essere devastante.
Si tratta allora di preparare la gente a un’eventualità simile, evitando che cada preda del terrore.
C’è da fare però anche un’altra seria considerazione, che è quella relativa all’uso dei mezzi di comunicazione da parte dei terroristi e alla diffusione e risonanza “immediata, puntuale e quotidiana” che i circuiti mediatici (compresa la TV di Stato), in modo involontario o sprovveduto, offrono loro, consentendo a tale propaganda di centrare l’obiettivo.
Ecco dunque che, paradossalmente, l’ISIS riesce a ben fruttare paure, fragilità e vulnerabilità della nostra politica e della nostra comunicazione.
No, non sto certo invocando la censura giornalistica. Ma valutare immagini e minacce prima di diffonderle, certamente è un modo valido per contrastare lo scopo dei fondamentalisti. Rainews24, ad esempio, ha scelto di non mandare più in onda i loro video.
Come analizzare i rischi
Lasciando all’intelligence e alle Forze dell’Ordine i loro compiti, è chiaro che non tutto può essere da queste difeso.
Però molti spazi, specialmente all’aperto, sono perimetralmente ben definiti e hanno il vantaggio di essere conosciuti e gestiti dai professionisti della sicurezza e della security che vi operano.
Parto dalla convinzione che questi siano presenti in tali luoghi, e non impiegati lì occasionalmente.
Per uno stadio, per una piazza che ospita un particolare evento e per ognuno dei siti sopra elencati, è sempre necessario un Piano di Security.
E voglio subito sgombrare il campo dalla diffusa ormai anacronistica opinione che i siti sensibili siano solamente quelli individuati come strategici per la sicurezza dello Stato. Ovviamente, sono anche tutti i luoghi di socializzazione e di aggregazione di cui stiamo parlando.
Ora, a prescindere dalla metodologia utilizzata, esistono molti comuni elementi e passaggi del processo di analisi dei rischi:
- individuare, classificare e valorizzare i luoghi da proteggere
- individuare e valutare gli agenti ostili, minacce, vulnerabilità e il rischio
- definire quali minacce vanno fronteggiate e con quali contromisure (tecniche e non)
- calcolare il rischio residuo, valutarne i livelli accettabili e definire le contromisure che permettono di mantenere il rischio entro questi livelli
Per il “contrasto”, le misure disponibili - o da incrementare - che abbiamo a disposizione sono:
- di carattere tecnico
- di carattere organizzativo
- di carattere formativo
Su tutte le misure di prevenzione e protezione possibili, una è assolutamente indispensabile e fondamentale: il controllo di accessi, circolazione e permanenza.
La drammatica sparatoria all’interno del Tribunale di Milano, avvenuta lo scorso 9 aprile, ha fatto balzare all’attenzione dell’opinione pubblica i limiti organizzativi relativi alla mancata corretta applicazione di procedure di verifica nel controllo accessi.
Naturalmente è ancora più difficile attuarlo in luoghi pubblici all’aperto, ma in sicurezza le misure, se individuate correttamente e ritenute sostenibili, devono essere puntualmente applicate e verificate, sia dal punto di vista tecnologico che procedurale.
Si deve realizzare un progetto globale di prevenzione e salvaguardia (e di security), in cui tutti siano protagonisti responsabili, ognuno per la sua parte, compresi i cittadini.
Ecco allora che, per tali particolari eventi, risulta necessario:
- perimetrare e bonificare i luoghi
- prevedere varchi presidiati e controllati
- presidiare luoghi e accessi (dall’avvenuta perimetrazione a conclusione dell’evento, senza soluzione di continuità)
- monitorare i luoghi (in tempo reale e costantemente, con TVCC e personale addetto)
- prevedere una corretta e tempestiva informazione ai presenti
Non può, infine, mancare l’organizzazione di intervento e di emergenza, pronta a dare una risposta veloce e risolutiva.
Tenendo bene a mente che uno stato di emergenza deve prevedere una perfetta sincronizzazione tra segnalazioni di allarme, chiare informazioni alle persone coinvolte, attuazione puntuale delle procedure e intervento immediato del personale addetto.
Poter serenamente partecipare a un evento gioioso e piacevole è un diritto, da salvaguardare come la libertà.
Gianni Andrei
Esperto di sicurezza integrata
Docente a contratto di “Risk Analysis”
e “Organizzazione di Sicurezza ed Emergenza” presso l’Università di Roma Tor Vergata
Presidente di A.I.PRO.S. - Associazione Italiana Professionisti della Sicurezza