L’Italia ha paura?

Resi noti i dati dell’indagine “Gli italiani tra senso di insicurezza e percezione del rischio”, promossa dal nuovo Osservatorio di Sicurezza IVRI-ISPO, in base alla quale il 55% delle famiglie italiane si sente insicura a casa propria e il 78% dei negozianti ha paura sul luogo di lavoro.

Ariela Papadato

L’Italia ha paura? Sembrerebbe di sì, a stare ai dati che emergono dall’indagine “Gli italiani tra senso di insicurezza e percezione del rischio”, primo output del neonato Osservatorio Sicurezza IVRI-ISPO, presentato lo scorso 29 settembre presso Palazzo Bovara, a Milano, da Italo Soncini, amministratore delegato del Gruppo IVRI, e Renato Mannheimer di ISPO.
L’incontro, moderato da Aldo Forbice, ha visto la partecipazione del Prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, e dell’Assessore alla sicurezza Marco Granelli.

L’Osservatorio IVRI-ISPO si pone l’obiettivo di misurare periodicamente il livello di percezione del fattore sicurezza in Italia e di fornire dati in materia, “rappresentando - come dichiara Soncini - uno strumento di conoscenza utile a contrastare allarmismi e, allo stesso tempo, a individuare modalità di intervento e soluzioni efficaci”.
Sempre secondo Soncini, i dati di questa prima indagine rappresentano un solido presupposto per incrementare la collaborazione tra Istituzioni pubbliche e operatori privati, al fine di garantire una maggiore sicurezza al Paese e ai suoi cittadini.
Le fasce di popolazione prese in esame nel corso di questa prima indagine, effettuata nel maggio 2011, sono tre: famiglie, commercianti e amministratori comunali.

Famiglie? Sicure ma non troppo
Oltre la metà delle famiglie italiane (55%) dichiara di non sentirsi completamente tranquilla e al sicuro nella propria abitazione e la percentuale sale al 76% quando interrogate sul livello di sicurezza percepito nella propria città.
A soffrire di insicurezza, fuori e dentro casa, sono soprattutto gli ultra 64enni, le donne, i modestamente istruiti, i residenti nei Comuni con oltre 100mila abitanti del sud Italia e delle isole.
Ben l’11% - e addirittura il 27% - degli intervistati considera basso/bassissimo il livello di sicurezza percepito rispettivamente nella propria casa e nella propria città.
Complessivamente, il campione degli 801 capifamiglia intervistati si distribuisce su un indice che vede il 43% collocarsi nella fascia di “alta sicurezza percepita” sia in casa che in città, il 33% nella fascia “debole” e il 17% nella fascia di “forte insicurezza”.
Non stupisce, pertanto, che servizi di sicurezza offerti da società private specializzate quali IVRI vengano ritenuti interessanti dal 30-40% e più della popolazione.
In particolare, il 41% degli 801 intervistati giudica utile (probabilmente o sicuramente) il servizio di “pronto intervento su allarme”, il 39% quello di “telesoccorso” e il 34% il “pronto intervento su allarme con tenuta delle seconde chiavi” e la percentuale aumenta significativamente - passando rispettivamente al 64, 56 e 61% - quando a rispondere sono soggetti che hanno conoscenza diretta dei servizi e in particolare le donne 35-54enni residenti in centri tra i 50 e 100mila abitanti.
Tuttavia, è contenuta la quota di famiglie italiane che dichiara di essere in possesso di un sistema di allarme collegato a una centrale operativa (17%).

Esercenti spaventati
Gli 801 esercenti intervistati telefonicamente da ISPO sono stati selezionati tra le seguenti categorie:

- benzinai
- commercianti settore alimentare
- commercianti settore Hi-Tech
- commercianti settore moda
- farmacisti
- gioiellieri
- ristoratori
- tabaccai

Mediamente, il 35% degli intervistati afferma di aver subito una rapina, un furto o un evento similare nell’ambito della propria attività.
Le percentuali tendono, però, ad aumentare se si prendono in considerazione le risposte fornite dai farmacisti (51%), dai gioiellieri (40%) dai tabaccai (38%).
Ben il 33% di essi attribuisce voti bassi o addirittura bassissimi al proprio livello di sicurezza.
E ben il 78% non si sente perfettamente sicuro.
Ma quali sono i commercianti che maggiormente si sentono insicuri all’interno del proprio negozio?
Senza dubbio i tabaccai, seguiti dai benzinai e dai gioiellieri.
I più sicuri si dichiarano invece i farmacisti. I tabaccai confermano il loro stato disagio in materia di sicurezza anche nel prosieguo dell’indagine: oltre il 31% di essi accusa infatti, sul lavoro, un aumento della percezione del pericolo rispetto al recente passato.
È l’ingresso di una persona sospetta il fattore che maggiormente preoccupa i commercianti italiani.
Il 13, 4% lo segnala come un momento di particolare timore ancora più delle ferie estive (7,2%) o di quando porta l’incasso in Banca (12,5%).
A stemperare, in parte. le paure sembra però intervenire un fattore tipicamente italiano: il fatalismo.
“Se il fattaccio deve succedere, non c’è nulla da fare” risponde un buon 11% di “molto fatalisti” e un consistente 41% di “abbastanza fatalisti”.
Incrociando i dati del sondaggio, emerge anche quello che può essere considerato il commerciante super-fatalista, il farmacista ultra 64enne.
Ma qual è il reato più temuto dai negozianti? Quale la paura che maggiormente li preoccupa?
Innanzitutto il furto della cassa (37,6%) e poi, a seguire, la possibilità che il personale o la clientela si faccia del male (28,1), gli eventuali danni al negozio (14,4%), il furto dei beni in vendita (10,4%) ma anche l’eventuale perdita di clientela (7,9%).

Come ci si difende?
Dall’indagine emerge che ben il 57% dei commercianti adotta più di uno strumento per salvaguardare la propria sicurezza
 Circa il 30% di essi possiede un allarme collegato con la Polizia e un altro 33% ne possiede uno collegato con un servizio di vigilanza privata.
Quasi il 50% di essi ritiene di sentirsi tranquillo con un sistema di allarme collegato al numero di telefono di casa.
Un altro 50% si è, invece, affidato a un sistema di sorveglianza a circuito chiuso.
Esistono sistemi e strumenti per tutelarsi che si rivelano più adatti per una specifica categoria di commercianti piuttosto che per un’altra.
E così, ad esempio, a un servizio di piantonamento si affida solo il 4% dei ristoratori ma ben il 16% dei negozianti di moda (media complessiva commercianti 9%), mentre un servizio di trasporti valori è utilizzato da oltre il 19% dei gioiellieri contro il 2% dei benzinai (media complessiva: 6,4%).
Ammonta al 9,7% la quota di esercenti che affermano che per sentirsi più sicuri tengono un’arma nel cassetto (il picco si ha con i gioiellieri: 17% e tabaccai: 14,1%).
“Non ce l’ho ma ho intenzione di acquistarla” fa eco un altro 13,1%.
Alla domanda “La Pubblica Amministrazione, sia locale che centrale, offre servizi sufficienti a garantire sicurezza?” “Sì, concordo” ha risposto il 40% degli intervistati (13% molto d’accordo - 27% abbastanza d’accordo).
“No, non sono d’accordo” ha risposto il 58% degli intervistati (15% per nulla d’accordo, 43% poco d’accordo).
L’ultima parte dell’inchiesta ha voluto puntare i riflettori sulle Associazioni di categorie e su quanto il tema della sicurezza sia da esse considerato rilevante.
A quel 36% di commercianti che si dichiara iscritto a una di esse è stata, infatti, posta la seguente domanda “La sua Associazione si occupa di sicurezza?”
Queste le risposte: “Sì, se ne occupa ampiamente” (23%), “Se ne occupa marginalmente” (37%), “No, non se ne occupa” (40%).
Paiono essere i commercianti del settore moda (44%), i benzinai (54%) e i farmacisti (56%) coloro che notano un scarso interesse da parte delle proprie Associazioni nei confronti del tema sicurezza.

L’opinione dei Sindaci
Per quanto riguarda la sicurezza urbana, le domande rivolte a 118 amministratori locali di Comuni non capoluogo di provincia evidenziano come il 46% degli intervistati non ritenga il proprio territorio perfettamente sicuro, anche se solo per il 9% l’allarme per la sicurezza è elevato.
Ma, sebbene il 97% del campione ritenga che a volte le paure siano alimentate dai fatti cronaca o dalle vicende internazionali, la situazione non appare rosea.
Il 76% degli intervistati denuncia, infatti, un insufficiente contributo da parte delle Amministrazioni regionali o centrali e il 64% una carenza di organico riguardante le Forze di Ordine pubblico, tale da non arrivare a garantire un’adeguata sicurezza dei propri cittadini.
Non stupisce che i Comuni intervistati abbiano espresso un sensibile interesse verso l’opportunità di avvalersi di sistemi di sicurezza privata per potenziare il servizio offerto dalle Forze di Ordine pubblico e garantire ai cittadini sistemi di controllo più adeguati.
Piace l’idea di un servizio congiunto Comune-Commercianti, sia che si tratti di videosorveglianza (68%) che di vigilanza itinerante (51%).
Nel suo intervento, l’Assessore alla sicurezza del capoluogo lombardo, Marco Granelli, ha sottolineato come, se la città di Milano dal punto di vista tecnologico si possa considerare all’avanguardia vantando, di fatto, la presenza di 1.300 telecamere fisse sul territorio, per rassicurare i milanesi questo non basta.
Le autorità, infatti, sono orientate verso una maggiore attenzione alle reali necessità di sicurezza espresse da un ambiente urbano il cui disagio deriva, anzitutto, da una diffusa sensazione di solitudine e abbandono da parte degli organismi comunali.
Come? Rafforzando la presenza di figure di riferimento come il Vigile di quartiere, adoperandosi per l’adozione di telecamere mobili da spostare là dove via via se ne verifichi la necessità, servendosi di tecnologie più aggiornate e integrate per una maggiore rapidità di intervento, potenziando la sicurezza dei mezzi pubblici e soprattutto ponendosi l’obiettivo di creare punti d’ascolto dove chiunque possa rivolgersi, certo di ottenere aiuto.
Fondere, insomma, tecnologia e fattore umano allo scopo di assicurare ai cittadini, in particolare alla fascia più indifesa, un rapporto con le Istituzioni più fluido e felice, nell’ottica di una qualità di vita migliore.

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