Continua l’excursus sull’affermazione della videosorveglianza nel nostro Paese, scandita da precise tappe legislative che devono tenere conto di una cultura che, contrariamente a quanto accade nei Paesi anglosassoni, antepone alla sicurezza la libertà di movimento e la tutela della privacy.
Gianluca Pomante
Avvocato
Esperto in tema di Privacy e IT
La percezione della presenza di telecamere di sorveglianza non produce lo stesso effetto in tutti i Paesi europei, nonostante l’armonizzazione delle norme portata avanti dall'Unione nel corso degli anni.
Mentre nei paesi anglosassoni la videosorveglianza è generalmente accolta come un ulteriore elemento di benessere e sicurezza, in quelli di matrice neolatina viene solitamente tollerata l’invasione della vita privata solo come necessario compromesso con le esigenze di sicurezza di talune zone a rischio, propendendo, comunque, il cittadino per la libertà di movimento scevra da condizionamenti di matrice tecnologica.
In Gran Bretagna il 95% delle città utilizza telecamere nascoste per sorvegliare interi tratti stradali.
Lungo Oxford Street (la famosa strada commerciale di Londra), ad esempio, i passanti sono ripresi da una telecamera almeno ogni due minuti.
La tecnologia moderna permette di isolare singoli soggetti fra la folla, di seguirli, di individuarne l’impronta biometrica facciale per confrontarla con quelle presenti nei database e perfino di tracciarne un profilo comportamentale, attraverso software di analisi che riescono a interpretare, ad esempio, le braccia alzate dei clienti presenti in un Istituto di Credito come un chiaro indicatore di possibile rapina in corso.
In caso di atti criminali, inoltre, è possibile ricostruire la dinamica degli eventi grazie all’utilizzo dei filmati raccolti dalle varie telecamere che hanno inquadrato i luoghi in cui si è svolta l’azione.
Secondo recenti analisi sulla vivibilità delle città europee, in quelle inglesi l’installazione delle telecamere di sorveglianza ha ridotto la microcriminalità (quella che riduce sensibilmente la qualità della vita dei cittadini, sebbene non sia quella più impattante sull'economia) del 20%, segno evidente della capacità di un “Grande Fratello” di dimensioni urbane di contribuire in modo sostanziale al miglioramento della situazione.
Il caso del Comune di Portici
Un’interessante pronuncia del Garante Privacy del 17 febbraio 2000, relativa al “Regolamento per l’installazione e l’utilizzo di impianti di videosorveglianza del territorio” del Comune di Portici, torna a fornire interessanti elementi di valutazione dell’evoluzione della situazione italiana.
Il provvedimento è finalizzato a monitorare, tramite telecamere, le zone nevralgiche del traffico cittadino e i punti di maggiore concentrazione abitativa per finalità di protezione civile, potendo essere utilizzate anche per garantire il pronto intervento della Polizia Municipale in caso di ingorghi, incidenti, problemi vari di circolazione, fornire informazioni utili ai cittadini sul traffico delle varie zone della città, rilevare dati anonimi per l’analisi dei flussi veicolari e la modifica dei relativi piani urbani del traffico, rilevare infrazioni al codice della strada, rilevare situazioni di pericolo per la sicurezza pubblica, consentendo l’intervento delle Forze dell’Ordine.
L’ufficio del Garante, con il citato provvedimento, nel fornire i chiarimenti di rito sulla necessità di adottare idonee misure di sicurezza per la tutela dei dati acquisiti tramite telecamere e sull’obbligatorietà di delimitare in modo chiaro le aree sottoposte a videosorveglianza, predisponendo idonee informative per gli interessati, segnala, anche, che le modifiche al regolamento dovrebbero riguardare la Giunta e non il Sindaco.
Enti pubblici e parchi naturali
Con il comunicato stampa del 5 marzo 2000 il provvedimento reso nei confronti del Comune di Portici viene pubblicizzato in forma generalizzata, per chiarire l’ambito di utilizzo delle telecamere di sorveglianza da parte degli enti pubblici.
Gli enti locali che intendono dotarsi di sistemi di videosorveglianza del territorio e del traffico cittadino o di telecontrollo ambientale devono limitare le possibilità di ingrandimento delle riprese e il livello di dettaglio sui tratti somatici delle persone inquadrate dalle telecamere.
Nel provvedimento il Garante ricorda che, nel recepire i principi fissati in sede comunitaria, la Legge sulla Privacy definisce come dato personale qualsiasi informazione che permette di risalire, anche indirettamente, all’identità della persona, compresi i suoni e le immagini.
Gli scopi dell’attività di telesorveglianza devono, innanzitutto, rispondere alle funzioni istituzionali demandate agli enti locali dalle norme nazionali, dall’ordinamento della Polizia Municipale o dagli statuti e dai regolamenti comunali.
I sistemi installati devono, inoltre, essere conformi alle misure di sicurezza previste dalle norme in materia di trattamento dei dati personali degli interessati e deve essere preventivamente assolto l’obbligo di informare i cittadini sulle finalità della videosorveglianza e sui diritti riconosciuti dalla legge sulla privacy, ad esempio mediante l’affissione di avvisi in prossimità delle telecamere o degli impianti di telecontrollo.
Devono, inoltre, essere evitate riprese di persone in prossimità di telecamere utilizzate esclusivamente allo scopo di prevenire le violazioni del codice della strada e vanno rigorosamente rispettate le norme che vietano l’installazione di sistemi di controllo a distanza nei luoghi di lavoro.
Il richiamo all'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori non è casuale, poiché è con tale norma che la disciplina sul trattamento dei dati personali si raccorda al fine di tutelare i lavoratori da forme di controllo subdolo che potrebbero essere poste in essere dal datore di lavoro, con la scusa di garantire il proprio patrimonio o la sicurezza del personale.
Nuovamente, il 3 aprile 2000, il Garante si pronuncia negativamente sul progetto sperimentale di videosorveglianza di un parco naturale marittimo, finalizzato a consentire l’intervento delle Forze dell’Ordine e, in particolare, della Guardia Costiera, in caso di violazioni alle regole della riserva naturale.
Il Garante non rappresenta l’impossibilità di operare in tal senso, bensì la necessità di attivarsi conformemente a quanto previsto dalla Legge 675/96 allora in vigore, rilevando che, pur trattandosi di apparecchiature non predisposte per l’identificazione diretta dei soggetti che dovessero entrare nel raggio d’azione delle telecamere, sussiste comunque la possibilità di individuare il soggetto che entra negli spazi sottoposti a videosorveglianza e devono pertanto essere garantiti di diritti del cittadino.
L’indagine "Occhi Elettronici"
Nel giugno del 2000 vengono resi noti i risultati dell’indagine “Occhi elettronici”, che evidenzia come le telecamere siano ormai divenute un dispositivo standard presente in ogni sistema di sicurezza destinato a monitorare e proteggere spazi pubblici e privati.
Mentre in Europa aumenta l’interesse a installare sistemi di videosorveglianza a causa della crescente esigenza di sicurezza e prevenzione dei reati, negli Stati Uniti tali strumenti sono utilizzati perfino negli spazi privati, inclusi bagni e docce, per monitorare i comportamenti di dipendenti e visitatori con la giustificazione di impedire o controllare il consumo di droghe.
La diffusione delle Webcam, inoltre, spesso installate senza alcuna segnalazione ai soggetti che transitano nel loro raggio d’azione, rende massima l’allerta sulla violazione della riservatezza delle persone in ambienti pubblici e privati.
La miniaturizzazione e la capacità delle telecamere di operare anche in condizioni di scarsa illuminazione - o di utilizzare sistemi di illuminazione a infrarossi - rendono sempre più interessanti queste tecnologie, ai fini della prevenzione del crimine e dell’individuazione dei colpevoli.
Al tempo stesso, tuttavia, aumenta il rischio di intrusioni nella vita privata altrui per il loro possibile utilizzo illecito.
La discesa dei prezzi contribuisce ad alimentare la diffusione delle telecamere per uso privato, con conseguente rischio di utilizzo non conforme alle disposizioni normative e potenziale perdita di controllo dei dati acquisiti.
Telecamere a Milano, Verona, Roma e Napoli
Lo studio “Occhi elettronici” è basato sul rilevamento delle telecamere presenti in quattro città campione italiane: Milano, Verona, Roma, Napoli.
La rilevazione (condotta tra il 20 marzo e il 20 maggio 2000) è stata effettuata tramite una scheda di rilevazione destinata alla raccolta dei dati sull’affollamento e sul grado di percettibilità degli strumenti di videosorveglianza.
Le telecamere individuate sono complessivamente 1095: 726 a Roma, 213 a Milano, 89 a Napoli, 67 a Verona.
In ciascun ambito cittadino i sistemi di videosorveglianza risultano collocati principalmente a vigilanza delle banche, sono posti ad altezza portone, facilmente individuabili e di grandi dimensioni. Inoltre, fatta eccezione per Milano, dove le telecamere sono equamente distribuite tra zone centrali e semicentrali, si è riscontrata una maggiore concentrazione di sistemi di controllo video nelle zone interne.
Sono stati selezionati alcuni itinerari come “casi tipici” nelle zone commerciali, nel centro storico, nell'area politica (nel caso di Roma) e delle zone residenziali di ciascun ambito cittadino.
All'interno di tali aree è stato rilevato il numero di telecamere presenti, la loro collocazione e il tipo di immagine acquisita.
Tutte le strade e le piazze rientrate nel campione sono state percorse in entrambi i sensi di marcia, per assicurare la completezza della rilevazione.
Nel campione di Roma sono state rilevate 726 telecamere, collocate prevalentemente nelle zone centrali della città.
Sono soprattutto le banche e i ministeri, com’era prevedibile, a essere dotati di sistemi di videosorveglianza, fissi e di grandi dimensioni, generalmente posti all'altezza dei portoni.
A Milano la rilevazione ha consentito di censire 213 telecamere, quasi esclusivamente fisse e distribuite equamente nelle zone sottoposte a controllo.
Le tre strade più sorvegliate sono risultate Corso Sempione (19 telecamere), Corso di Porta Vittoria (12 telecamere) e Corso di Porta Romana (10 telecamere), con prevalente utilizzo dei dispositivi da parte degli Istituti di Credito.
A Napoli sono stati campionati otto itinerari, quattro centrali e quattro periferici, sui quali risultano individuate complessivamente 89 telecamere fisse.
L'esigenza di controllo esterno è sentita soprattutto da banche e Istituzioni.
I luoghi maggiormente controllati risultano essere Piazza del Plebiscito (10 telecamere) e Piazza Garibaldi (8 telecamere), poste, entrambe, nella zona centrale della città.
Anche il campione di Verona è composto da otto itinerari per complessive 67 telecamere, in prevalenza situate nelle zone centrali e collocate soprattutto presso banche e caserme.
Il confronto tra le quattro città campione consente di rilevare come Roma si distingua rispetto alle altre città per l’elevato numero di telecamere presenti nelle zone centrali, a discapito di quelle periferiche, mentre nelle altre città il risultato della rilevazione risulta più equilibrato.