Incendi di natura elettrica, la parola al Nucleo Investigativo

Fire brigade spray fire water from fire hose during a forest fire.

 

Quante volte leggiamo sui giornali che un edificio è andato a fuoco a causa di un fenomeno elettrico? E, soprattutto, quante volte ci sentiamo dire che l’evento si poteva prevedere o evitare?

 

 

È stata diffusa a settembre 2017 un’interessante pubblicazione del Nucleo Investigativo dei Vigili del Fuoco (cosiddetto N.I.A) contenente un’attenta disamina tecnico-statistica sugli incendi di natura elettrica.

Come si legge dal sito dei VVF, le principali funzioni del N.I.A. sono lo studio, la ricerca e l’analisi per la valutazione delle cause di incendio, fornendo supporto alla Polizia giudiziaria, per le attività investigative connesse al verificarsi di sinistri caratterizzati da incendio.

Riprendendo alcuni dati contenuti nella pubblicazione del N.I.A, in Italia si verificano in media tra i 30.000 e i 50.000 incendi negli edifici civili, di cui il 20% circa causati da fenomeni elettrici: in sostanza, i casi di incendi di natura elettrica avvenuti negli edifici non ad uso industriale sono dai 16 ai 27 al giorno; per quanto riguarda l’ambito industriale, i casi sono essenzialmente la metà.

Gli ambienti più colpiti sono le case di riposo (34%), gli alberghi (18%), i locali di pubblico spettacolo e le scuole (14%).

Non sfuggirà al lettore attento che, tutti i luoghi sopra elencati, sono Ma.R.C.I. (acronimo di “Maggior Rischio in Caso di Incendio”) ai sensi della norma CEI 64-8/7 Par. 751 a causa di densità di affollamento e/o difficoltà di evacuazione. Quindi, le prescrizioni “rinforzate” che la medesima norma stabilisce per gli impianti elettrici in tali luoghi hanno, a ben vedere, una qualche ragion d’essere.

 

Le cause

Le cause elettriche di un incendio sono riconducibili, nel nostro Paese, alle utenze terminali connesse all’impianto, ai quadri elettrici e alle condutture elettriche.

Differentemente da quanto si possa pensare, i televisori sono tra i componenti più pericolosi (26% di incendi provocati), molto più delle stufe elettriche e delle coperte termiche (entrambe all’1,3%). I quadri elettrici sono “colpevoli” nell’8% dei casi, mentre le condutture elettriche provocano il 18% degli incendi.

Per non farsi mancare nulla, i contatori di misura installati dal distributore sono cause di incendio 5 volte su 100.

Trascurando le fulminazioni e le scariche elettrostatiche, gli incendi di natura elettrica sono riconducibili a guasti o a funzionamenti anomali dell’impianto, molto spesso riconducibili a errata progettazione, errata installazione e/o, “dulcis in fundo”, a mancata manutenzione.

Parliamo dunque di:

  • sovraccarichi
  • cortocircuiti
  • guasti di isolamento
  • guasti ai conduttori
  • guasti di collegamento

 

Quindi, con buona pace di tutti, non è sempre e solo colpa di un cortocircuito.

 

Le protezioni

Le protezioni elettriche svolgono un ruolo determinante nella prevenzione degli incendi.

Non solo devono essere presenti in un impianto, ma devono anche essere ben dimensionate: la parola d’ordine è, infatti, “coordinamento”.

Quando un conduttore è attraversato da una corrente superiore alla normale corrente di impiego, o al proprio valore nominale, l’isolamento del medesimo subisce un degrado accelerato a causa dell’effetto termico che si genera.

In caso di sovraccarico - evento non sempre associato a un guasto - la temperatura del conduttore aumenta più lentamente ma per un tempo più prolungato, con scambio termico con l’ambiente; quando si verifica un cortocircuito, invece, il fenomeno è molto più breve ma intenso, in quanto il calore generato non viene scambiato con l’esterno (fenomeno “adiabatico”) ma contribuisce in massima parte ad aumentare la temperatura del conduttore.

Giova, inoltre, ricordare che la portata IZ di un conduttore elettrico non è banalmente il valore che si legge sulla scheda tecnica, bensì è necessario considerare ulteriori fattori di correzione che dipendono dalla temperatura ambiente, dal tipo di posa (es. in passerella, in tubazione a parete, in tubazione interrata), dal numero di altri circuiti presenti nella conduttura e molto altro ancora.

La corretta valutazione della portata di un cavo è un elemento indispensabile per prevenire gli incendi di natura elettrica. Le norme CEI UNEL 35024/1 e CEI UNEL 35026 costituiscono un’ottima guida per il calcolo.

Il degrado dell’isolamento di un cavo è un fenomeno naturale e, purtroppo, inevitabile. Tuttavia, per limitare gli effetti degli invecchiamenti accelerati e soprattutto per impedire alla conduttura di prendere fuoco a causa di un sovraccarico e di un cortocircuito, devono essere rispettate le seguenti condizioni, di seguito sintetizzate in modo semplificato:

 

  1. in caso di sovraccarico, la taglia, ovvero la soglia termica IR di una protezione, deve essere inferiore alla portata IZ calcolata del cavo, in modo che l’interruttore - o analoga protezione - apra il circuito prima che abbia luogo l’evento dannoso. Il Par. 433 della norma CEI 64-8/4 si occupa di tale argomento
  2. in caso di cortocircuito, è necessario che l’energia passante nella protezione per tutta la durata del guasto (c.d. I2t), ovvero prima che questa apra il circuito, sia inferiore all’energia passante massima tollerata dalla conduttura (c.d. K2S2). Nelle formule riportate, I è la corrente di guasto che attraversa il cavo, t è il tempo di intervento della protezione, S è la sezione del cavo e K è un parametro che dipende dal tipo di isolante. Tale condizione è disciplinata dal Par. 434 della norma CEI 64-8/4

 

Ovviamente, la protezione installata deve avere un potere di interruzione compatibile con la massima corrente di cortocircuito calcolata (o misurata) nel punto di installazione.

Un valido aiuto per il calcolo nei sistemi trifase in bassa tensione (BT) è costituito, a titolo di esempio, dalla norma CEI EN 60909-0.

In sostanza, le protezioni e le sezioni dei cavi vanno calcolate di volta in volta in base al contesto e non messe “a memoria” o “per tradizione”: non è sempre vero, infatti, che un interruttore magnetotermico da 16 A sia sempre coordinato con un cavo isolato in HEPR di sezione 2,5 mm2.

 

La manutenzione

Molte delle cause degli incendi di natura elettrica potrebbero essere evitate con una normale attività di manutenzione periodica degli impianti, come peraltro stabilito dalla stessa norma CEI 64-8/6.

Sono spesso origine di incendi i “punti caldi” che si creano a livello delle terminazioni o delle giunzioni dei conduttori, in quanto la corrente elettrica viene fatta transitare per un semplice contatto metallico.

Quando due superfici vengono poste in contatto, la densità di corrente in A/mm2 è inversamente proporzionale alla superficie di accoppiamento, ovvero maggiore è la superficie di passaggio di corrente minore è la densità della stessa.

Se la superficie di contatto si riduce, a causa dell’ossidazione – o, più banalmente, di un cattivo serraggio dei morsetti - l’elevata resistenza di contatto che si crea porta a un aumento localizzato della temperatura, con la formazione di archi elettrici, scintille, surriscaldamento localizzato e incendio di materiale isolante combustibile.

Va da sé, ad esempio, che una regolare verifica del corretto serraggio dei morsetti in un quadro elettrico o in una derivazione, consentirebbe di scongiurare l’8% degli incendi di natura elettrica, stante alle statistiche riportate nel Supplemento N. 1 di Tuttonormel di gennaio 2005.

Anche gli eventi dannosi derivanti da archi o da dispersioni riconducibili al deterioramento dell’isolamento dei conduttori potrebbero essere evitati.

Il Par. 62.1.2 della norma CEI 64-8 stabilisce che le verifiche periodiche degli impianti elettrici, oltre all’esame a vista, debbano prevedere anche la misura della resistenza di isolamento dei conduttori verso terra.

È fatta prescrizione che “i risultati delle verifiche periodiche di un impianto o di una sua parte siano oggetto di registrazione in apposito documento” (Par. 62.1.4). Inoltre, “ogni danno, deterioramento, difetto o condizione di pericolo devono essere registrati” (Par. 62.1.5).

 

Gli scaricatori di sovratensione

La fulminazione di origine atmosferica - sia diretta su una struttura o SU un servizio, sia di tipo indotto - è un evento naturale di notevole potenza. Quando un fulmine colpisce un impianto, si verifica un’esplosione in assenza di idonee protezioni. E, talvolta, neppure queste sono sufficienti.

Anche se una struttura fosse “autoprotetta” ai sensi della norma CEI EN 62305/2, l’installazione di uno scaricatore di sovratensione sui servizi entranti (es. energia, linea telefonica, linea TV) è comunque fortemente consigliato: secondo quale principio, infatti, dovremmo evitare una spesa di qualche centinaia di euro e affrontare il rischio di perdere un immobile di valore incomparabilmente superiore?

La scelta e il dimensionamento degli scaricatori fa sempre parte di una corretta progettazione.

Anche l’installazione rappresenta un punto di massima criticità, in quanto, se non eseguita a regola d’arte, può vanificare in parte o del tutto la presenza di tali dispositivi.

 

Stefano Garoni

 

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