L’impatto del crimine organizzato nel Retail

Nel nostro Paese taccheggio, intrusioni notturne e frodi online sono le principali attività criminali dell’Organised Retail Crime (ORC) a danno di aziende del settore Retail e GDO. I dati e le analisi della ricerca condotta da Crime&tech in collaborazione con il Laboratorio per la Sicurezza

Furti, rapine e frodi organizzate nel settore Retail sono fenomeni molto diffusi, con un forte impatto economico e sulla sicurezza dei lavoratori. I dati emergono dalla ricerca “L’Organised Retail Crime in Italia”, condotta da Crime&tech, spin-off di Università Cattolica del Sacro Cuore - Transcrime, in collaborazione con l’associazione Laboratorio per la Sicurezza. Con Organised Retail Crime (ORC) si indicano le attività criminali di gruppi organizzati a danno di aziende del Retail e della grande distribuzione organizzata.

Lo studio analizza l’incidenza e le caratteristiche di questa tipologia di attività criminali nel nostro Paese. Le informazioni sono state raccolte tramite un questionario anonimo somministrato a un campione di 43 aziende del settore Retail e GDO. Tra i rispondenti il 60% sono retailer e il 40% fornitori di servizi di sicurezza, entrambi per la maggior parte operanti nel settore della GDO e dell’abbigliamento fast fashion. Le aziende di servizi di sicurezza interpellate forniscono prevalentemente infrastrutture di sicurezza - antintrusione, CCTV, antitaccheggio - e servizi di guardiania.

Un fenomeno diffuso da Nord a Sud

Tra i principali risultati, il rapporto rileva che le regioni maggiormente colpite sono Lombardia, Lazio, Piemonte e Campania. Anche se i reati più diffusi sono il taccheggio organizzato (91%) e le intrusioni notturne (69%), gli intervistati si sono dovuti misurare anche con frodi con mezzi di pagamento, furti di merce in transito e frodi online. L’impatto dell’ORC, oltretutto, si è mostrato importante sotto due fronti, non solo quello economico, ma anche di sicurezza dei lavoratori: per il 64% degli intervistati, infatti, il bottino è di norma superiore allo scontrino medio, mentre il 68% ha registrato episodi di ORC con comportamenti violenti. I prodotti maggiormente rubati sono accomunati dall’alto valore o dall’essere facilmente rivendibili (capi di abbigliamento, alcolici e articoli tecnologici o elettronici). In altri casi nel mirino sono finiti formaggi, salumi o scatolame, generi alimentari anche in questo caso probabilmente destinati alla rivendita, osserva la ricerca.

Per quanto riguarda le strategie aziendali di difesa, domina l’incertezza: se è vero che l’85% degli intervistati dichiara di voler intervenire con misure specifiche per contrastare l’ORC, molti (58%) denunciano una mancanza di risorse dedicate. A quanto pare, manca anche il consenso sul tipo di contromisure da mettere in campo contro il fenomeno.

Alcune contromisure

L’impatto degli episodi di ORC - sottolinea comunque la ricerca - è stato in parte attenuato dall’introduzione delle misure di contenimento per l’emergenza Covid-19. Il 74% degli intervistati, tuttavia, prevede un futuro adattamento dell’ORC alle nuove condizioni post-emergenza. Con molta probabilità una serie di attività criminali legate alla crescita dell’e-commerce e alla connessa maggiore movimentazione di prodotti diventeranno sempre più appetibili per gruppi criminali organizzati. «Sarà quindi necessario - si suggerisce - rafforzare gli attuali strumenti di controllo, da un lato operando sull’analisi delle transazioni, intercettando possibili comportamenti fraudolenti (per esempio resi falsi, uso di carte o buoni sconto) e incrementando i controlli legati alla digital identity dei clienti; dall’altro potenziando le attività di controllo e qualifica degli attori coinvolti nella catena logistica per prevenire la presenza di infiltrazioni criminali e di aziende schermo potenzialmente legate alla ricettazione della merce rubata».

Al tempo stesso, «la ripresa delle attività nei punti vendita e l’allentamento delle misure di lockdown vedranno anche un probabile riemergere di attività criminali a danno degli store fisici o dei magazzini. È però possibile cercare di contrastare questa ripresa rafforzando le capacità di previsione e prevenzione. I gruppi di ORC tendono ad operare in modo ripetitivo e seguendo delle modalità consolidate. L’uso di strumenti analitici in grado di valutare la serialità degli eventi o i livelli di vulnerabilità delle aree e dei punti vendita - conclude la ricerca - permetterebbe di agire in maniera preventiva contro questo tipo di episodi».

L'INTERVISTA

Con Ernesto Savona, direttore di Transcrime e amministratore delegato di Crime&tech, entriamo nel merito delle tecnologie di sicurezza per il Retail.

Quali tecnologie di sicurezza attiva possono rivelarsi decisive?

«Una chiave è concentrarsi su tecnologie che consentano di generare dati strutturati e che, successivamente, offrano la capacità di estrarne valore. Raccogliere, mettere a sistema e analizzare dati provenienti da molteplici fonti interne ed esterne consente, infatti, ai retailer di avere una percezione chiara dei fenomeni criminali in corso anche lungo tutta la supply chain. Questo consente di comprendere le caratteristiche delle minacce criminali, prevederne le possibili evoluzioni e orientare interventi e investimenti dove maggiori sono le criticità».

Quali le soluzioni di sicurezza passiva imprescindibili?

«Non esistono soluzioni imprescindibili in senso assoluto, ma soluzioni efficaci per rispondere a situazioni e contesti specifici. Le misure di sicurezza passiva dovranno quindi sempre più essere “intelligenti”, cioè connesse a un sistema integrato di gestione del punto vendita. È bene ricordare che le soluzioni passive sono efficaci se hanno un forte potere dissuasorio e quindi se riescono a intervenire sul processo decisionale di chi sta per commettere un furto o una frode. Di nuovo risultano fondamentali l’analisi e il monitoraggio per determinare rischi e vulnerabilità e agire per ridurre le opportunità criminali».

Quali iniziative dovranno intraprendere in futuro i retailer?

«L’imperativo è quello di migliorare la raccolta, l’analisi e la condivisione di informazioni in modo da riconoscere gli episodi criminosi sul nascere. Molti retailer riportano come i gruppi tendano a colpire “per zone”: è quindi importante capirne i movimenti sul territorio. Come Crime&tech stiamo lavorando per disegnare soluzioni innovative che permettano la raccolta, lo scambio e l’analisi dei dati sugli episodi criminali. Altro elemento imprescindibile è l’investimento sulla formazione dei dipendenti e dei fornitori di sicurezza: come Università Cattolica, infatti, abbiamo attivato e attiveremo iniziative formative per supportare i professionisti della sicurezza nel contrasto alle nuove minacce criminali».

L'articolo completo è pubblicato su Sicurezza di settembre 2020 a pagina 10.

 

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome