Il falso come tecnica di reato

La falsificazione non interessa soltanto i beni materiali e di consumo ma anche i supporti documentali, tra i quali carte di identità e patenti di guida, permessi di soggiorno, documenti di reddito, tessere e attestati di varia natura.

Mara Mignone
Criminologa, presidente di RiSSC
Centro Studi e Ricerche su Sicurezza e Criminalità

Quando si pensa ai “falsi”, il riferimento comune è solitamente alla contraffazione dei beni griffati, dai vestiti agli accessori, oppure dei CD, dei software, dei giochi per PC e consolle di vario tipo.
Una contraffazione - questa - per certi versi tollerata dai cittadini in quanto, nella percezione generale, capace di svolgere un ruolo di ammortizzatore sociale - senza la pericolosità tipica di altri fenomeni criminali - e soprattutto lesiva degli interessi economici di settori e aziende con fatturati di per se stessi notevoli, in grado quindi di sopportarne l’impatto.
Premesso che si tratta di luoghi comuni del tutto infondati, l’aspetto di maggiore interesse riguarda, da un lato, la dimensione molto più ampia della falsificazione e, dall’altro, la sua crescente centralità quale tecnica di reato a supporto di schemi anche molto diversi tra loro.
Si stima che la sola contraffazione industriale e commerciale rappresenti dal 5% al 7% del commercio mondiale (fonte: Union de Fabricantes); nel 2007 l’OECD ha stimato in 200 miliardi di dollari il valore medio annuale della contraffazione e della pirateria, specificando che tale cifra dovrebbe essere considerata solo la punta dell’iceberg.
Oltre ai già noti beni di lusso, sono oggetto di falsificazione - solo per fare alcuni esempi - anche gli alimenti e le bevande (compresi quelli per neonati e bambini), i farmaci e gli integratori, i cosmetici e i prodotti per la cura personale e della casa, la componentistica e i pezzi di ricambio (per aerei, auto e moto…).
Questi prodotti, talvolta palesemente contraffatti e in altri casi perfettamente somiglianti a quelli originali, sono venduti attraverso canali paralleli, via Internet e sempre più spesso anche nei negozi e sugli scaffali dei supermercati, ben confusi tra quelli che il cittadino già conosce.
Il tutto nel totale disprezzo dei rischi a cui possono essere esposte l’incolumità e la salute delle persone.

Il furto e la frode di identità
Non è una licenza poetica, quindi, parlare di un “mondo di falsi”, soprattutto se si considera che la falsificazione non interessa solo le cose materiali e i beni di consumo ma, con sempre maggiore frequenza, anche i supporti documentali.
Nell’ambito della casistica più ricorrente vi sono i documenti di identità e le patenti di guida di qualsiasi nazione, i permessi di soggiorno, i documenti di reddito, i certificati, le tessere e gli attestati di varia natura, i contrassegni dell’assicurazione RC auto, il denaro, i mezzi di pagamento alternativi al contante (carte, assegni…), i titoli di studio e i diplomi di specializzazione.
Le loro modalità di utilizzo sono le più numerose e le più diverse; non a caso, ad esempio, si parla di “falsi invalidi”.
Spesso, poi, questi supporti fungono da “lasciapassare” anche per l’esercizio abusivo di professioni - soprattutto in ambito medico e nel settore della consulenza finanziaria - in totale violazione della normativa vigente.
La falsificazione - nel caso specifico quella documentale - è tra i fattori principali che hanno favorito e continuano a supportare la diffusione dei crimini di identità, ovvero il “furto di identità” (l’appropriazione dell’identità di una persona realmente esistente o esistita) e le “frodi di identità” (l’alterazione di alcune informazioni riguardanti una persona esistente o esistita oppure la creazione di identità totalmente fittizie).
Si tratta di crimini che consentono a criminali e frodatori sia di professione sia improvvisati di ottenere facilmente soprattutto benefici economici, ma anche vantaggi personali di altra natura.
Le vittime, dal canto loro, si ritrovano improvvisamente a dover fronteggiare una serie di situazioni alquanto problematiche e complesse. Basti pensare al caso di un prestito personale o a un finanziamento ottenuto in modo fraudolento utilizzando l’identità di una persona esistente, lasciando all’ignaro legittimo titolare dell’identità sia il debito sia soprattutto l’onere gravoso di dimostrare la propria estraneità al fatto e di “ripulire” la propria reputazione creditizia.

E’ sufficiente rovistare nella spazzatura…
Allo stato attuale, è possibile commettere un furto di identità conoscendo anche solo il nome e il cognome della vittima designata, procurandosi dei documenti di identità falsi di media qualità e creando anche artigianalmente finte buste paga o altri documenti di reddito. In qualche caso è sufficiente rovistare nella spazzatura per ottenere delle copie originali…
A tale proposito, ricordiamo che RiSSC - nell’ambito dei numerosi progetti realizzati in materia di crimini di identità - ha svolto diverse rilevazioni empiriche, finalizzate alla definizione del fenomeno e delle sue evoluzioni.
In particolare, nel 2005 ha condotto il progetto ID TRASH, ovvero il primo progetto pilota italiano in materia di trashing, vale a dire la tecnica che consiste nell’acquisizione di informazioni e documenti altrui, rilevanti per la commissione di un furto di identità, dalla spazzatura gettata via dai cittadini, dalle aziende e dagli uffici pubblici.
I risultati sono andati ben oltre le aspettative, considerato che dall’analisi dei rifiuti e dalla raccolta della carta è emerso qualsiasi tipo di dato e di supporto documentale, dalle dichiarazioni dei redditi alle bollette, agli esiti di esami clinici e documentazione bancaria, solo per fare alcuni esempi.
Questa situazione dipende soprattutto dal fatto che le contromisure di rilevazione e gestione del rischio adottate dalle aziende operanti nei diversi settori economici maggiormente colpiti (bancario, finanziario, delle telecomunicazioni, assicurativo ecc.) risentono dell’assenza di previsioni normative specifiche, dei limiti posti dalle leggi vigenti (in particolare, in materia di tutela dei dati personali), ma soprattutto di una conoscenza superficiale e di una sottostima del fenomeno, che incidono sulla scelta di soluzioni efficienti e concretamente capaci di limitare le opportunità criminali.
Senza dimenticare che i cittadini stessi non sono “educati” a tenere comportamenti proattivi di autotutela dei dati e dei documenti personali.
Inoltre, dal punto di vista fenomenologico, i crimini di identità sono strettamente correlati a fenomeni criminali più ampi e alle attività dei gruppi criminali organizzati
Ad esempio, interdipendenze sono state riscontrate con i cosiddetti reati di traffico (esseri umani, armi, sostanze stupefacenti, rifiuti tossici…), il finanziamento internazionale al terrorismo, il riciclaggio di denaro sporco, l’immigrazione illegale e lo sfruttamento della prostituzione.

Tecnologia, specializzazione, esperienza
È evidente che la prevenzione di un fenomeno tanto complesso quanto diversificato quale quello della falsificazione non è né semplice né immediata. Resta centrale, però, il ruolo della tecnologia - e soprattutto dell’innovazione tecnologica continua - quale supporto indispensabile a ogni altra iniziativa di monitoraggio, controllo e contrasto.
Ologrammi, sigilli, codici, inchiostri di ultima generazione (OVI, IR o UV), etichette a radiofrequenza (RFID), misure di sicurezza in fase di stampa (filigrana, stampa calcografica, microscrittura…), filo di sicurezza, sistemi di tracciabilità e rintracciabilità dei prodotti, sono solo alcuni esempi delle soluzioni più diffuse.
Per poter essere realmente efficaci, necessitano però di un vero e proprio “sistema di sicurezza”, ovvero di un insieme di contromisure complementari, basate su una conoscenza approfondita e sul monitoraggio continuo dei rischi, capaci di incidere direttamente sulle opportunità criminali.
La tecnologia non può nulla se non è supportata, ad esempio, da un adeguamento delle procedure, da un sistema efficiente di controlli e di sanzioni, da procedure dinamiche e soprattutto dal “fattore umano”, ovvero da personale qualificato e motivato.
Un aspetto importante da sottolineare riguarda il dato economico: fare prevenzione e contrastare la falsificazione non vuol dire necessariamente investire Significa, piuttosto, spendere bene il budget che si ha a disposizione.
In tutti i campi, la sicurezza è prima di tutto conoscenza, capacità di analisi e previsione, flessibilità.
Non esiste prevenzione della criminalità senza un valido supporto tecnologico; ma non esiste tecnologia che possa essere efficacemente utilizzata per prevenire la criminalità senza specializzazione ed esperienza.

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