I reati predatori possono avere un impatto profondo sulla comunità, fino alla perdita del senso di sicurezza. L’impiego della tecnologia (come gli impianti di videosorveglianza) rappresenta uno strumento che risulta sempre più determinante, in combinazione con l’apporto umano, nella prevenzione e ricostruzione degli eventi criminali.
Durante gli Stati Generali sulla Sicurezza in Italia, tenutisi recentemente a Roma, l’analisi dei fenomeni criminali verificatisi nelle varie regioni è stata al centro dell’attenzione, con dati, statistiche e informazioni estrapolati a partire dal lavoro di indagine svolto dalla Direzione centrale della polizia criminale - Dipartimento di pubblica sicurezza.
Con Andrea Olivadese, primo dirigente del Servizio Centrale Operativo della polizia di stato, abbiamo approfondito gli andamenti di furti e rapine sia guardando al 2023 (cui fanno riferimento gli ultimi dati disponibili), sia nell’ottica del lungo periodo (2014-2023).
Quali sono gli impatti più significativi sulle comunità causati dai reati predatori?

«I reati contro il patrimonio e in particolare i reati di tipo predatorio, come i furti e le rapine in abitazione, rappresentano le manifestazioni delittuose a maggior impatto sociale, poiché ricadono sulla sfera privata delle vittime, che vedono violate le proprie abitazioni, subendo un’intrusione nell’intimità con implicazioni anche di carattere economico (lesione del patrimonio).
Si tratta quindi di un ambito criminale che può incidere in modo significativamente negativo sulle vittime: il senso di violazione della privacy e la conseguente perdita del senso di sicurezza possono provocare un vero e proprio trauma emotivo, con sensazioni di paura e ansia costanti e diffidenza e sospetto verso gli altri. Se il danno economico è rilevante, si può inoltre determinare una condizione di grave stress (per esempio, nel caso delle truffe agli anziani).
In generale, tali delitti incidono sulla percezione collettiva del senso di sicurezza. La loro gravità risiede nella violazione di diritti fondamentali, quali il diritto alla sicurezza dei cittadini e il diritto di proprietà e di impresa».
Quali sono i settori più colpiti? Quali gli elementi che incidono di più dal punto di vista dell’approccio operativo richiesto alle forze dell’ordine?
«Secondo i dati riportati nel Rapporto intersettoriale sulla criminalità predatoria, redatto dalla Direzione centrale della polizia criminale, le rapine nella pubblica via sono quelle più frequenti, seguite dalle rapine ai danni di esercizi commerciali e dalle rapine in abitazione. Si registra invece una flessione per quanto riguarda le rapine in banca.
Un cenno a parte meritano gli assalti ai furgoni portavalori, che costituiscono uno dei fenomeni criminali più pericolosi: destano infatti allarme sociale e costituiscono una grave minaccia per la sicurezza e l’incolumità pubblica, delle guardie giurate e degli operatori di polizia. Grazie all’esperienza investigativa, è stato possibile delineare le principali caratteristiche operative delle organizzazioni criminali dedite a queste specifiche forme di rapine pluriaggravate, che interessano soprattutto le aree centrali della Sardegna e del cerignolano.
L’analisi dei dati investigativi evidenzia inoltre che il fenomeno delle rapine e dei reati predatori in Italia è appannaggio non solo di gruppi criminali strutturati, bensì di propositi criminosi estemporanei».
Quali sono i principali attori chiamati a collaborare per un’efficace attività di prevenzione e gestione operativa sul territorio dei reati?
«Le strategie di contrasto coinvolgono diversi piani, dall’azione investigativa e repressiva ispirata dalla conoscenza del territorio e delle realtà criminali al controllo del territorio a fini di prevenzione. Gli strumenti principali, sotto il profilo preventivo, sono i cosiddetti piani coordinati di controllo del territorio e la pianificazione mirata di servizi anticrimine ad alto impatto, che prevedono una maggiore presenza di operatori sul territorio e l’attuazione di specifici servizi in zone di degrado. L’attività investigativa persegue invece finalità di tipo repressivo post delictum».
Quanto pesa la presenza degli impianti di videosorveglianza nella percezione di sicurezza della cittadinanza e quale può essere la loro utilità a fini investigativi?
«La presenza di impianti pubblici o privati di videosorveglianza esercita un effetto deterrente sui potenziali autori dei reati, scoraggiando eventuali intenti criminali. Inoltre le telecamere supportano le forze dell’ordine nella ricostruzione degli eventi delittuosi, permettendo l’acquisizione di elementi utili alle indagini. La tecnologia applicata alle investigazioni offre sempre maggiori opportunità per la risoluzione dei reati».
In che modo?
«La conoscenza del territorio e l’eventuale incidenza di particolari fenomeni delittuosi in determinate zone sono aspetti che solo il fattore umano è in grado di cogliere, mentre le tecnologie rappresentano uno strumento in grado di razionalizzare le risorse da impiegare e di fornire elementi oggettivi per supportare le azioni di investigazione.
La videosorveglianza, implementata per esempio da lettori targhe, consente all’operatore di monitorare i soggetti sospettati o i veicoli segnalati, fornendo opportunità formidabili per prevenire e reprimere i reati.
L’utilizzo di mezzi di supporto per il controllo del territorio ha massimizzato anche la capacità operativa degli equipaggi: l’impiego di apparecchi palmari per la consultazione in tempo reale delle banche dati mette a disposizione del personale impegnato nei controlli informazioni molto utili per accrescere l’efficacia degli interventi (anche in situazioni emergenziali). Anche l’utilizzo di telecamere di lettura targhe installate sulle autovetture di servizio rende certamente più proficuo e veloce il controllo del territorio.
In conclusione, la tecnologia rende sempre più performanti analisi incrociate di dati provenienti da fonti di tipo diverso».



