Droni per riprese aeree e riservatezza dell’identità

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«Nell’uso di droni per riprese aeree, anche ad alta risoluzione, com’è possibile conciliare l’esigenza di tutela della privacy del soggetto ripreso accidentalmente con la necessità del proprietario del drone? L’uso privato è equiparato all’uso per ragioni di lavoro?», chiede un lettore di Sicurezza.

Risponde Gianluca Pomante, avvocato cassazionista esperto di Data Protection.

Riprese aeree in ambito civile

L’uso di droni per le riprese aeree in ambito civile si sta diffondendo a macchia d’olio, grazie anche al costante decremento dei costi coincidente con l’aumento delle prestazioni. L’Enac è dovuto persino intervenire a regolamentarne l’utilizzo, individuando le aree in cui è interdetto il sorvolo e distinguendo i dispositivi in categorie di peso, soggette a diverse autorizzazioni e licenze.

Dal punto di vista della riservatezza, i droni possono costituire un problema se utilizzati per finalità diverse da quelle cui sono destinati (riprese aeree o rilevamenti topografici), ad esempio con sorvolo a bassa quota di spazi privati o puntamento della telecamera verso finestre e aree interne normalmente non raggiungibili dall’esterno.

Cosa dicono la Corte Suprema di Cassazione e il Regolamento Europeo

La Corte Suprema di Cassazione ha chiarito, con una recente sentenza, che l’intimità dev’essere tutelata anche dall’interessato, utilizzando idonei sistemi di protezione delle proprie aree interne (tende, scurini, ecc.) ma ciò non legittima, ovviamente, le interferenze illecite nella vita privata che possono essere realizzate tramite le incursioni di un drone in spazi nei quali l’interessato ritiene di essere ragionevolmente al sicuro dalla curiosità di terzi. Le riprese dei privati assumono rilevanza, per il Regolamento Europeo, solo se non destinate a uso domestico ma diffuse, ad esempio, tramite social network, per cui si dovrà avere l’accortezza di evitare di condividere immagini riprese a bassa quota nelle quali sono presenti individui identificabili e riconoscibili.

Droni in ambito lavorativo

Per quanto riguarda l’ambito lavorativo, la maggior attenzione va prestata nei confronti dei dipendenti, giacché il drone non può essere utilizzato, ad esempio, per il controllo dell’attività dei lavoratori nei cantieri o negli spazi aperti, essendo, in tal caso, qualificabile come strumento di controllo a distanza, vietato dall’art. 4 della L. 300/1970.

Inquadramento accidentale

L’inquadramento accidentale, invece, di un soggetto presente sulla pubblica via o in spazi aperti (come sentieri di montagna o spiagge), non costituisce una violazione del Regolamento poiché, come più volte evidenziato dalla Corte di Cassazione, negli spazi pubblici non esiste una legittima aspettativa di riservatezza (principio espresso con riferimento a scatti fotografici e videoriprese ma chiaramente estensibile anche all’uso di droni).

L’obbligo di informativa preventiva, infine, è oggettivamente non realizzabile, per la sproporzione tra impegno necessario e finalità da preservare; tuttavia, se l’area da sottoporre a sorvolo e registrazione è circoscritta e recintata (come, ad esempio, una fiera all’aperto) è necessario preavvisare delle riprese i visitatori tramite cartelli all’ingresso, come avverrebbe per riprese televisive o servizi fotografici, eventualmente acquisendo il consenso al trattamento se l’obiettivo è anche quello di documentare le presenze attraverso immagini in cui i soggetti siano chiaramente riconoscibili.

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