Quali tecnologie a supporto dei retailer?

Igor Ovsyannykov/Pixabay

Le innovazioni tecnologiche rappresentano il primo alleato dei retailer per la riduzione delle differenze inventariali e la tutela della qualità del servizio al cliente. Il report “La sicurezza nel retail in Italia 2021”, realizzato da Crime&Tech con Checkpoint Systems Italia e il Laboratorio per la Sicurezza, analizza l’andamento del fenomeno e le contromisure adottate dai produttori.

Con l’aumento del prezzo me­dio del carrello a causa dell’in­flazione e della crisi energetica internazionale, i retailer del settore GDO sono più esposti al rischio di un aumento delle differenze inventariali. Nell’ultimo biennio, in Italia, è stata la food chain (supermercati, iper­mercati e discount) la categoria maggiormente interessata dal fenomeno. Le tipologie di articoli più soggette a furti e taccheggi, per numero di pezzi rubati e per valore, risultano essere gli al­colici, seguiti da caramelle e cioccolato, prodotti in scatola, salumi e formaggi, caffè e profumeria.

Lo riporta il recente studio “La sicurezza nel re­tail in Italia 2021”, realizzato da Crime&Tech, spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con il supporto di Checkpoint Systems Italia e la collaborazione del Laboratorio per la Sicurezza.

Le fasce orarie interessate da un maggiore pic­co di furti nei supermercati e negli ipermercati sono principalmente quella serale (18.00 - 20.00) e quella del pranzo (12.00 - 14.00), soprattutto nei giorni infrasettimanali. Il valore medio della merce rubata o recuperata tra inizio 2019 e metà 2021 è di 39 euro. Tra le cause esterne delle diffe­renze inventariali per supermercati, ipermercati e discount, quella principale si conferma il tac­cheggio, in tutte le sue declinazioni: rimozione delle etichette antitaccheggio, grab and run, booster bag o jammer.

Differenze inventariali
Le differenze inventariali 2021 nella GDO in Italia (supermercati, ipermercati e discount)

Puntare su un approccio olistico

retail tacccheggio
Alberto Corradini, Business Unit Director Italy di Checkpoint Systems

«Per affrontare il problema della sicurezza e della prevenzione delle perdite, i retailer hanno oggi a disposizione diverse strategie, tecnologie e soluzioni», spiega Alberto Corradini, Business Unit Director Italy di Checkpoint Systems. «A questo proposito, secondo noi la migliore poli­tica di prevenzione delle perdite nel retail è un approccio olistico, adottando una serie di stru­menti e soluzioni complementari tra loro, ma tutte ugualmente efficaci e necessarie».

Le diverse soluzioni di sicurezza anticrimine a disposizione dei retailer vanno coordinate come elementi di un’unica orchestra. «Nel report si evidenzia come un buon mix di strumenti qua­li barriere antitaccheggio, videosorveglianza, sigilli alle porte e doorman, nella loro gestione sinergica, possa aiutare i retailer ad arginare e ridurre il numero di eventi criminali – prosegue Corradini - In particolar modo, quando si par­la di crimine organizzato, un’arma in più per il singolo retailer è quella di fare squadra, confron­tandosi con altre realtà, identificando sinergie e migliori pratiche».

Sotto questo profilo la collaborazione tra più sog­getti, in un’ottica di filiera, diventa decisiva. «È a questo proposito che Checkpoint vuole mante­nere alto il dibattito, coinvolgendo sempre più i retailer in tavole rotonde in cui potersi confron­tare - conferma Corradini - Anche quest’anno, infatti, abbiamo deciso di proseguire il nostro progetto con Crime&Tech e il Laboratorio della Sicurezza, di cui a breve renderemo pubblici i dettagli».

Da dove arrivano le minacce

Entrando nel dettaglio del report, è possibile identificare con precisione quali settori del retail siano maggiormente soggetti a furti e taccheggi. «Se le differenze inventariali delle aziende del settore retail e Gdo in Italia sono state in media pari all’1,41% del fatturato annuo, equivalenti quindi a 3,48 miliardi di euro, i tre settori mag­giormente colpiti sono stati supermercati, iper­mercati e discount (1,89%), il fai-da-te (1,67%) e l’abbigliamento (1,16%)» illustra Corradini.

L’elemento che fa la differenza è proprio la tipolo­gia di prodotti trattati dal retailer. «Dai dati del report di Crime&Tech si evince che le aree più esposte sono state quelle che trattano prodotti facilmente rivendibili, a seguito del furto o del taccheggio: sono dunque le caratteristiche fisiche e il valore dei prodotti venduti che possono inci­dere fortemente sull’ammontare delle differenze inventariali - segnala Corradini - Tutti quei set­tori che vendono articoli di piccole dimensioni o di alto valore sono esposti a un maggior rischio di furti. Mentre un’alta presenza di prodotti fra­gili o deperibili aumenta i rischi legati a rotture o altre perdite di natura operativa».

Spicca poi un ulteriore fenomeno estremamente sfidante, poiché motore di strategie di attacco al retailer studiate nei minimi particolari. «Si stima che oltre il 60% degli eventi di taccheggio sia riconducibile ad attività di Organised Retail Crime, quindi all’azione di gruppi di due o più persone che si associano per derubare o frodare in maniera pianificata, sistematica e ripetitiva. Questo tipo di crimini ha lo scopo di rivendere la merce sottratta» aggiunge Corradini.

Difesa intelligente

Il report individua le strategie per proteggere con efficacia il punto vendita. «Le misure di sicurez­za più adottate per la protezione degli store o dei punti vendita sono la videosorveglianza (97% delle aziende rispondenti al report), i sigilli alle porte e i controlli alle uscite di emergenza (90%), le barriere antitaccheggio (87%), i servizi di doorman o portierato (84%) e i sistemi di allarme gestiti da terze parti (84%): come già anticipato, la soluzione più efficace è l’adozione di un approccio olistico, dove un mix di tutte le soluzioni contribuisce in maniera adeguata alla sicurezza del negozio - ribadisce Corradini - Que­sto approccio resta valido anche per quanto riguarda la protezione dei singoli prodotti: oggi i retailer italiani indicano, tra le misure più utilizzate, le etichette anti­taccheggio applicate in-store (83% dei rispon­denti, di cui il 72% le applica in tutti i punti ven­dita), scaffali chiusi o vetrine (54%) e placche/ etichette antitaccheggio alla fonte (48%)».

Sempre più spazio trovano anche le soluzioni di intelligenza artificiale e l’IoT (Internet of Things). «Checkpoint è sempre alla ricerca di innovazioni che possano aiutare a prevenire le perdite, trami­te prodotti intelligenti e connessi che riescono a inviare dati per prendere decisioni strategiche e attivare le relative azioni» argomenta Corradini.

Crime&Tech - Integrare sicurezza e processi aziendali

Crime&Tech, che ha realizzato lo studio “La sicurezza nel retail in Italia 2021”, è lo spin-off universitario fondato nel 2015 da Università Cattolica del Sacro Cuore e dai ricercatori del centro Transcrime – Centro interuniversitario sulla criminalità transnazionale.

Alla luce dello studio “La sicurezza nel retail in Italia 2021”, si nota qualche evoluzione o novità nei fenomeni di natura criminale che danneggiano le attività dei retailer?

Marco Dugato, socio fondatore e amministratore di Crime&Tech

«Secondo il nostro studio, le perdite registrate nel 2021 erano pari a circa 5 miliardi di euro, un valore simile a quello registrato nel biennio precedente - spiega Marco Dugato, socio fondatore e amministratore di Crime&Tech - Analizzando i risultati, emerge però come questa stabilità sia solo apparente e dovuta al fatto che, mentre alcune aziende hanno reagito adattandosi efficacemente ai cambiamenti del mercato, altre hanno peggiorato le loro performance.

Guardando alle cause delle perdite, la componente criminale rimane rilevante, ma non va dimenticata anche la componente operativa (errori amministrativi o scarti). Il taccheggio si conferma la prima minaccia di natura criminale che i retailer devono affrontare, un problema legato non solo ai ladri occasionali, ma anche ad attività di gruppi organizzati.

Inoltre, i cambiamenti legati alla gestione del post-pandemia hanno determinato l’aumento dei furti di necessità e delle frodi legate agli acquisti online. Importanti sono anche le criticità legate all’evoluzione funzionale e organizzativa, che i punti vendita stanno affrontando negli ultimi anni, si pensi per esempio alle problematiche connesse all’evoluzione degli strumenti di checkout. Infine, non va dimenticata l’incidenza dell’infedeltà interna che, specialmente per alcuni settori, rimane un problema rilevante».

Quali scelte strategiche o tecnologiche dovrebbe seguire un retailer per essere sicuro di proteggere al meglio il proprio punto vendita?

«L’innovazione tecnologica offre ormai ai retailer un’ampia gamma di strumenti per contrastare e prevenire furti e frodi. Per sfruttare al meglio queste potenzialità, è però indispensabile che le soluzioni siano integrate ai processi aziendali. Questo richiede il pieno coinvolgimento dei responsabili della sicurezza in qualsiasi scelta aziendale, in modo da progettare fin dal principio sistemi, strumenti o processi che siano i più adatti alle singole realtà o che meglio si integrino tra loro.

A questo, ovviamente, deve accostarsi un percorso di formazione o di acquisizione di nuove competenze all’interno delle aziende. Il ricorso all’intelligenza artificiale, che ha una potenzialità enorme e può essere applicata in diversi ambiti, è esemplare in questo senso. Tuttavia, non va dimenticato che l’AI rimane uno strumento e, come tale, deve essere governato e guidato nella maniera corretta per portare a risultati veramente utili. Gli investimenti in tecnologia non possono quindi prescindere da investimenti nella componente umana».

Quale contributo specifico possono dare gli installatori?

«I fornitori di soluzioni di sicurezza non forniscono solo tecnologia, ma hanno la possibilità di aiutare le aziende a comprendere meglio le minacce esistenti grazie alla loro trasversalità e alle informazioni fornite dai loro sistemi. È perciò necessario che assumano un ruolo sempre più centrale e che si presentino alle aziende come veri e propri partner strategici con cui definire progetti e con cui co-investire per finalità comuni.

Inoltre, è importante che le tecnologie siano in grado di parlarsi e integrarsi tra di loro. Da tempo sosteniamo la necessità di ideare iniziative congiunte a livello di settore (retailer, fornitori e mondo della ricerca) per la condivisione di dati ed esperienze. Lo sviluppo di un confronto aperto è cruciale per identificare e valutare insieme le strategie più efficaci e più adatte alle singole realtà».

Laboratorio per la Sicurezza - L’installatore diventa partner tecnologico

Collaborare, condividere, partecipare. Sono queste le parole d’ordine della sicurezza in ambito retail nell’era post-pandemica. Parola di Giuseppe Mastromattei, presidente del Laboratorio per la Sicurezza, che auspica un rapporto sempre più aperto e stretto tra retailer, fornitori, installatori e mondo universitario, improntato sul dialogo e sulle capacità di ascolto.

Negli ultimi due anni, a causa della pandemia e della digitalizzazione, come si è evoluto il lavoro dei security manager nel retail?

Giuseppe Mastromattei, Presidente del Laboratorio per la Sicurezza

«Oggi è decisivo il concetto di open innovation, così come la condivisione delle informazioni. La tecnologia attualmente a disposizione dei processi di security, infatti, può essere integrata anche ad altre funzioni aziendali. Per questo motivo, per il security manager diventa importante il confronto e il dialogo con installatori e fornitori che, in qualità di partner e consulenti, possono proporre idee, progetti e soluzioni sostenibili e mirate, basate sull’integrazione e in grado di adattarsi ai cambiamenti repentini del mercato. Solo così il processo di security potrà portare valore aggiunto all’interno dell’organizzazione: attraverso un approccio condiviso e partecipato, che renda tutti protagonisti nel proteggere l’azienda.

In termini di investimento, oltretutto, oggi è possibile usufruire delle agevolazioni finanziarie previste dal Piano Transizione 4.0 del Mise (Ministero dello Sviluppo Economico), che pone come condizioni di accesso - anche nel caso di investimenti in progetti di security - ricerca, sviluppo, innovazione e integrazione».

È possibile fare esempi concreti di progetti di security integrati con altri processi aziendali?

«Possiamo immaginare sistemi di videosorveglianza che, all’interno dei punti vendita, mostrino come si muove il cliente nel negozio e dove si ferma di più, per capire quali prodotti catturano maggiormente l’attenzione. Insieme al reparto vendite, il security manager può fare anche delle analisi sul conversion rate, un KPI chiave nel settore del retail, monitorando il numero di persone entrate in negozio e quante sono diventate clienti attraverso la conta degli scontrini. Più alto è il conversion rate, più bassa è l’incidenza dei furti per opportunità.

Tramite la security, punto di vista privilegiato in quanto trasversale a tutta l’azienda, si può così arrivare a parlare di differenza inventariale e di stock accuracy: mettere in sicurezza l’intera supply chain consente al retailer di assicurare la piena disponibilità dei propri prodotti a clienti fidelizzati. Infatti, i beni maggiormente oggetto di furto sono proprio quelli con più mercato, come dimostra il modus operandi del crimine organizzato».

Quali settori del retail sono più propensi a investire in progetti di sicurezza integrati?

«Oggi vince chi ha una supply chain efficace ed efficiente. Nel mondo del retail è diventato perciò fondamentale prestare attenzione ai nuovi canali di vendita, nell’ottica di un approccio omnichannel capace di reagire e adattarsi ai cambiamenti.

La funzione di security deve essere in grado di intervenire nelle attività proprie delle catene di fornitura, attraverso indicazioni sostenibili volte a garantire l’ermeticità di ogni processo, secondo un approccio di open innovation che sappia osare e mettersi in gioco».

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