Business crime e prevenzione

I “business crime” sono reati ai danni di soggetti privati, soprattutto aziende ed esercizi commerciali. Soggetti che – nella percezione comune – non sono considerati a rischio.

Mara Mignone
Criminologa, presidente di RiSSC
Centro Ricerche e Studi su Sicurezza e Criminalità

I business crime comprendono profili di rischio molto diversi tra loro quali corruzione, furti, rapine, frodi, atti di vandalismo e sabotaggi. Sono commessi sia da soggetti interni (dipendenti, collaboratori, fornitori) che esterni (criminali di professione e improvvisati, gruppi criminali, crimine organizzato) e determinano perdite economiche ingenti, che impattano sensibilmente anche sull’intera collettività.
Basti pensare alle frodi ai danni delle compagnie assicurative, esplicitamente indicate come causa degli aumenti continui dei premi delle polizze.
Tra i principali fattori che determinano l’esposizione al rischio da parte di un esercizio commerciale o di un’impresa, vi sono il settore economico di appartenenza, la localizzazione geografica e le dimensioni.
In molti casi, poi, il settore privato subisce la cosiddetta “vittimizzazione multipla”: è, cioè, più volte vittima dello stesso reato; di recente, ad esempio, sono aumentati i casi di rapine seriali ai dannoidi farmacie e tabaccai.

Nel 1995 la prima indagine

Nel 1995 è stata realizzata la prima - e al momento unica - indagine di vittimizzazione internazionale sui crimini ai danni delle aziende (l’International Crimes Against Business Survey), finalizzata a comparare la situazione dei reati contro gli esercizi commerciali in dieci Stati: Ungheria, Repubblica Ceca, Paesi Bassi, Germania, Gran Bretagna, Australia, Francia, Svizzera, Italia e Sud Africa.
Con riferimento all’Italia, tra i reati analizzati fu rilevata un’incidenza maggiore di furti di autovetture aziendali e di frodi commesse da soggetti esterni; dal confronto con i dati relativi alla vittimizzazione dei cittadini e delle famiglie, poi, venne evidenziato come i furti ai danno degli esercizi commerciali fossero sensibilmente più numerosi.
Di contro, la predisposizione alla denuncia era tra le più basse dei Paesi oggetto di studio.
Rispetto, invece, alle misure di autotutela e prevenzione adottate, erano particolarmente diffusi gli allarmi antintrusione, i servizi di sicurezza dopo l’orario di lavoro e la protezione delle vetrine e le luci di sicurezza.
I sistemi di videosorveglianza erano stati indicati, invece, solo dal 10% del campione.
In tutti i casi, comunque, le diverse misure erano state installate dopo aver subito già almeno un reato.
Oggi, nei (pochi) Paesi in cui continuano a essere condotte indagini periodiche di vittimizzazione, i dati confermano i risultati già registrati nel 1995, in termini sia della rilevante esposizione del settore privato al rischio criminale che dell’importanza dell’impatto economico.
In Gran Bretagna, ad esempio, un quinto dei reati (denominato “the forgotten fifth”, ovvero “il quinto dimenticato”) è perpetrato ai dannoidel settore privato.
Nel 2004 e nel 2008, la British Chambers of Commerce ha realizzato due indagini di vittimizzazione delle aziende, dalle quali è emerso che i reati sono aumentati di oltre il 20% tra la prima e la seconda, mentre i danni sono stati stimati rispettivamente in 10.5 e in 12.6 miliardi di sterline.
Secondo i dati della Federation of Small Business, il 64% delle piccole aziende ha subito reati negli ultimi 12 mesi, con una media di 2.900 sterline di danni per evento.
Il dato si capisce in tutta la sua complessità e importanza se si considera che il numero complessivo delle piccole aziende è pari a 6.4 milioni.
Le stime riportate assumono, poi, un valore ancora più chiaro se rapportate al costo complessivo annuo della criminalità che, in base ai calcoli dell’Home Office inglese, è pari a 59.9 miliardi di sterline.
Negli Stati Uniti, l’FBI ha stimato che il costo annuo dei retail crime, per l’economia americana, è compreso tra 30 e 37 miliardi di dollari.

Farmacie, tabacchini e negozi: i target del crimine

Proprio il settore commerciale - e, in particolare, il commercio al dettaglio - è diventato, soprattutto negli ultimi anni, particolarmente vulnerabile al crimine.
Tra gli altri motivi, il cosiddetto effetto displacement, causato dagli investimenti in sicurezza di altri soggetti economici (filiali bancarie e postali, gioiellerie), ha spostato l’attenzione dei criminali verso obiettivi “ricchi”, con consistente e costante disponibilità di denaro contante e/o prodotti di valore, ma meno protetti.
Così farmacie, tabacchini e negozi sono diventati i nuovi target di rapine e furti, anche seriali.
Per quanto i dati ufficiali (Ministero Interni - dati aggiornati al 31 dicembre 2009) riportino una diminuzione sia delle rapine (-25% nel 2009 rispetto all’anno precedente) che dei furti (- 5% nel 2009 rispetto all’anno precedente) ai danni degli esercizi commerciali, la cronaca e i dati di settore descrivono comunque uno scenario preoccupante.
Non a caso, si stanno moltiplicando le iniziative locali a garanzia di un commercio/shopping sicuro.
Ad esempio, per quanto riguarda le farmacie, a Milano e provincia, le rapine sono diventate una vera e propria piaga nel 2008, quando l’aumento rispetto al 2007 è stato del 53% (da 131 a 267).
Una leggera flessione si è avuta nell’ultimo biennio: nel 2010, infatti, le rapine sono state 149, quasi sempre nell’orario tra le 18 e le 19.
Le armi più utilizzate dai rapinatori sono, nell’ordine, il coltello, il taglierino e la pistola.
A Roma, nel 2009, le rapine sono state 192, con un danno medio di 500 euro per caso.
La ragione determinante di questa crescente vulnerabilità va ricercata, innanzitutto, proprio nella presenza del denaro contante:e, negli esercizi commerciali, i pagamenti avvenissero mediante carte o assegni, sicuramente le rapine diminuirebbero.

I sistemi video? Non sono la panacea

L’installazione di sistemi di videosorveglianza, anche particolarmente avanzati dal punto di vista tecnologico, viene spesso considerata come una delle soluzioni più efficaci nel contrasto alla criminalità, sia che si tratti di criminalità urbana come di reati contro aziende ed esercizi commerciali.
In realtà, le analisi condotte finora dimostrano - mutuando l’espressione di Angela Spriggs e di Martin Gill in uno studio inglese di valutazione, realizzato nel 2005 - che “a volte funzionano, a volte non funzionano, altre volte la situazione non cambia e spesso sembra addirittura che peggiori”.
In altre parole, non sono la panacea per contrastare e prevenire i reati, ma sicuramente possono aiutare.
Molto dipende da dove e da come vengono installate le telecamere.
In Gran Bretagna la valutazione - condotta tra il 2002 e il 2004 su 13 sistemi di videosorveglianza implementati per ridurre la criminalità - ha prodotto il seguente risultato: su 13 casi valutati, 6 hanno determinato una diminuzione dei livelli di criminalità, ma solo in un caso la diminuzione è attribuibile direttamente al circuito di videosorveglianza; nei sette casi in cui si è verificato l’aumento di criminalità, questo non è correlato funzionalmente alle telecamere.
Secondo alcuni tra i casi di studio analizzati, le telecamere funzionano nella riduzione dei furti nei parcheggi, così come all’interno dei negozi.
Sembrano funzionare meglio, poi, negli ambienti con punti di accesso limitati e controllati, come le aree con entrate e uscite.
Soprattutto, però, supportano l’attività investigativa delle Forze di Polizia e, dunque, l’individuazione e l’arresto degli autori.
In diverse situazioni, il ruolo deterrente della Tvcc si è rivelato determinante in presenza anche di personale dedicato alla sicurezza o, comunque, di un ruolo di controllo assegnato ai dipendenti.
Le telecamere sorvegliate dal personale della stazione hanno contribuito a ridurre in modo sostanziale le aggressioni con rapina e i furti in quattro stazioni della metropolitana di Londra, definite ad alto rischio.
In un altro caso, gli atti di vandalismo contro i sedili di oltre 80 pullman a doppio piano in Inghilterra sono stati limitati proprio grazie all’installazione di telecamere controllate dagli autisti, nonostante i dispositivi fossero presenti solo su alcuni automezzi.

I furti da parte dei dipendenti

Un’altra tipologia criminale che viene ostacolata dalla presenza di sistemi di rilevazione elettronica è quella dei furti da parte dei dipendenti che, pure, possono essere contrastati anche con altre contromisure.
In un grande negozio di elettronica del New Jersey, i furti “interni” sono stati ridotti dell’80% semplicemente con il conteggio giornaliero e sistematico, da parte del personale di sicurezza, degli articoli “ad alto rischio” (videoregistratori, telecamere).
È fondamentale, dunque, che l’investimento in sicurezza avvenga nella consapevolezza che le telecamere, da sole, non bastano.
Per potenziare l’efficacia di un sistema video è necessario, quindi:
- disegnare un impianto “su misura”, partendo, ovvero, dall’analisi delle necessità specifiche e dei rischi criminali, reali e potenziali, per i quali può essere utile o necessario adottare un sistema di videosorveglianza
- creare un impianto che venga effettivamente controllato dal personale (interno o esterno) e che, pertanto, non sia fine a se stesso, in quanto, in questo caso, non avrebbe che una minima efficacia dissuasiva
- inserire un impianto di Tvcc all’interno di una strategia anticrimine più ampia, scegliendo altre contromisure idonee alla prevenzione quali il disegno degli spazi in una logica anticrimine, l’adozione - e la corretta implementazione - di procedure di controllo, il ricorso a tecnologie anticrimine quale, ad esempio, il controllo elettronico della merce
- affiancare alla videosorveglianza, la “sicurezza formale” - vale a dire la presenza di personale dedicato alla sicurezza - per aumentare l’efficacia deterrente nei confronti dei criminali
- formare il personale e responsabilizzarlo rispetto ai rischi criminali

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