Attualità – Droni, la sfida degli usi impropri e l’impegno della filiera della sicurezza

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Aumentano gli scenari di impiego dei droni. Ma, tra molte luci, spunta qualche ombra. L’impegno della filiera sul fronte della sicurezza

Da dispositivo futuristico a oggetto quotidiano. È bastato poco tempo ai droni per conquistare platee di pubblico sempre più larghe. Qualche esempio? Nella gestione delle grandi opere fioccano gli esempi positivi relativi all’impiego di droni sui cantieri, dalla fase di progettazione a quella di monitoraggio dello stato di avanzamento lavori, fino alla gestione della sicurezza. Anche all’interno delle fabbriche, si stanno rivelando di grande utilità: per esempio, sulle linee di produzione dello stabilimento di Dagenham di Ford, nel Regno Unito, volano droni per contribuire a mantenere la sicurezza dell’impianto. Vi sono, poi, i droni “pompieri”, capaci di contrastare gli incendi boschivi monitorando i territori a più alto rischio, come quelli protagonisti della campagna di sensibilizzazione #stopincendi 2018 promossa dalla senatrice Loredana De Petris in collaborazione con la fondazione UniVerde.

Vi è, inoltre, tutto il mondo degli hobbisti e di quei professionisti, come cineasti e fotografi, che ricorrono in modo sempre più consistente all’impiego dei droni per ottenere una ripresa o uno scatto più suggestivo del consueto. Eppure, proprio questa tipologia di drone è balzata ad agosto agli onori delle cronache con una luce negativa.

Droni all’attacco

A rendere concreto un allarme che già serpeggiava tra gli addetti ai lavori, è arrivata la data del 4 agosto scorso. Quel giorno, il presidente venezuelano Nicolás Maduro è stato attaccato da due droni armati di esplosivo mentre teneva un discorso in un evento pubblico e in diretta televisiva a Caracas. Maduro e il suo entourage sono fuggiti in gran parte illesi, tuttavia l’incidente ha aperto un nuovo e sconvolgente scenario agli occhi dell’opinione pubblica mondiale: i droni possono rappresentare una potenziale minaccia in ambito civile, quindi anche al di fuori delle zone di guerra dove trovano già impiego (si pensi all’Iraq, alla Siria e all’Ucraina). Numerosi commentatori ritengono improbabile che questo attacco possa rimanere un caso isolato, dal momento che impiegare i droni per le attività di terrorismo non è così difficile.

Del resto, i droni utilizzati nell’attacco di Caracas erano sistemi destinati all’uso di cineasti e fotografi professionisti, dispositivi che possono trasportare fino a sei chilogrammi di attrezzature fotografiche: gli esemplari erano due, entrambi DJI M600, dotati di 1 kg di esplosivo C-4, capaci di coprire un raggio di 50 metri. Piccole bombe che possono essere scovate già pronte navigando nelle zone più oscure di Internet, nel cosiddetto “deep web”.

Strumenti di difesa

La tecnologia su cui si lavora per sconfiggere tali droni letali è variegata, dai jammer (disturbatori di frequenza utilizzati per inibirne le trasmissioni causandone la caduta) ai laser in grado di bloccarli, fino a ulteriori droni capaci di affrontarli e combatterli. Tuttavia, la strada per individuare il sistema tra tutti più affidabile e valido pare ancora lunga. Secondo gli esperti, non c’è motivo di farsi prendere dal panico, ma è necessario un maggiore lavoro sulle contromisure per mitigare eventuali danni del prossimo attacco. Tra queste, non manca l’individuazione di alcune “No Fly Zone”, come ha deciso di fare negli Stati Uniti l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale e delle Forze dell’Ordine, la FAA. Questa ha proibito il volo dei droni nei paraggi di dieci obiettivi sensibili come, per esempio, la Statua della Libertà, cui si aggiungono dighe, monumenti e parchi nazionali di grande interesse turistico.

Non è tutto: anche per i droni esiste una sorta di autovelox, un sistema di tracciamento capace di individuare con alta precisione un piccolo multirotore in volo a chilometri di distanza e di conoscerne una serie di informazioni per valutarne l’eventuale pericolosità. Il suo nome è DJI AeroScope ed è prodotto dalla società cinese DJI, a dimostrazione che anche il mondo asiatico è seriamente impegnato su questo fronte. A una minaccia globale, la migliore risposta non può che giungere da un fronte di difesa internazionale. (...)

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