Videosorveglianza: non solo macchina da fatturato

Il Capo di Gabinetto della Prefettura di Milano, la Procura di Monza e l’Avvocato del Foro di Teramo Gianluca Pomante, in occasione della recente edizione di Sicurezza, hanno spostato l’attenzione sul valore autentico della videosorveglianza. Valore non quantificabile in denaro.

Paola Cozzi
Massimiliano Cassinelli

Il ruolo del video nella lotta alla criminalità urbana e il suo valore quale strumento di supporto alle indagini giudiziarie”: questo il titolo dell'inedito Convegno tenutosi in Fiera lo scorso 7 novembre, pensato, organizzato e curato dalla Rivista Sicurezza - Gruppo Il Sole 24 Ore.

D’eccezione il Tavolo dei relatori, a iniziare dal Capo di Gabinetto della Prefettura di Milano, Donato Giovanni Cafagna; dalla Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica di Monza, rappresentata da Vincenzo Scognamiglio; dall’Avvocato del Foro di Teramo, Gianluca Pomante e dal Presidente di A.I.PRO.S. - Associazione Italiana Professionisti della Sicurezza, Gianni Andrei, moderatore dei lavori.
E non potevano mancare due tra i produttori leader di sistemi video, ovvero Axis - rappresentato da Andrea Sorri - e Hikvision, rappresentato da Marco Pili.

Provincia di Milano: attive
quasi diecimila telecamere
Nella sola provincia di Milano, sono attive - attualmente - quasi 10mila telecamere, le cui immagini vengono fatte confluire in 21 stazioni gestite dalle Forze dell'Ordine.
E’ questo uno dei dati numerici più impressionanti tra quelli presentati da Donato Giovanni Cafagna, Capo di Gabinetto della Prefettura di Milano.
Del resto, come ha sottolineato in apertura Gianni Andrei, Presidente di A.I.PRO.S.: “I cittadini chiedono sempre più sicurezza alle Istituzioni e, spesso, le risposte non sono all'altezza delle aspettative”.
Carenza - questa - dovuta al fatto che, affinché siano davvero efficaci e possano consentire la necessaria tempestività di intervento, le soluzioni tecnologiche devono essere eccellenti.
Mentre, in troppi casi, ci si illude che posizionare una telecamera qualsiasi sia sufficiente a prevenire il crimine.
Non possiamo comunque dimenticare - come ha rimarcato Cafagna - che, oltre che per contrastare la criminalità, le telecamere sono oggi utilizzate per prevenire vandalismi, danneggiamenti e accessi abusivi. Senza dimenticare che, per i cittadini, il senso di insicurezza dipende anche da accampamenti abusivi, degrado, scarsa illuminazione.
Tutte condizioni che hanno indotto a istituire un Comitato di Ordine Pubblico nel quale, con la collaborazione delle singole Istituzioni locali, si cerca di aumentare il livello di sicurezza urbana. Il tutto ottimizzando le risorse umane e finanziarie disponibili.

Risalire agli autori del crimine
e intervenire in tempo reale

In questo processo, la videosorveglianza riveste un ruolo determinante, sia per risalire agli autori del crimine, sia per consentire alle Forze dell'Ordine di intervenire in tempo reale, come avviene tipicamente nel controllo dei parchi pubblici e nel monitoraggio a distanza delle manifestazioni, consentendo un coordinamento ottimale degli agenti disponibili.
Nel corso del proprio intervento, però, il capo di gabinetto della Prefettura non ha trascurato di sottolineare che, benché le telecamere rappresentino un ausilio fondamentale, esse non costituiscono la “panacea a tutti i mali” e, per tale ragione, “tutti i progetti dei Comuni devono essere approvati dal Comitato Provinciale per la Sicurezza e l'Ordine Pubblico, chiamato a valutare l'opportunità dell'intervento anche in base a numerosi fattori”, non ultimi quello economico e il rispetto della privacy.
Proprio alla privacy Cafagna ha riservato le ultime battute del proprio intervento, ricordando come, l'8 aprile del 2010, il Garante ha dettato un decalogo, cui tutti dovrebbero attenersi, per tutelare la libertà personale.
In particolare, una delle indicazioni meno rispettate è quella che limita a 24 ore il tempo di detenzione delle immagini stesse - che non possono comunque violare la sfera privata delle persone - e la necessità di adottare un'adeguata informativa visibile anche di notte.

La città di notte, quali
tecnologie per le riprese al buio?

Quella delle riprese notturne - soprattutto nelle aree urbane più a rischio micro e macro-criminalità - rappresenta una delle sfide cui sono chiamati i produttori di telecamere, la cui tecnologia, come ha spiegato Andrea Sorri, Business Development ‐ Government/City Surveillance/Critical Infrastructure di Axis Communications, “si evolve molto rapidamente. Al punto che - noi produttori - fatichiamo a informare e a formare adeguatamente il mercato. Soprattutto a fronte di telecamere che, oggi, vedono meglio dell'occhio umano”.
In particolare, la nuova frontiera è rappresentata dalle riprese notturne, anche se occorre differenziare tra “buio totale”, “penombra” e “forti contrasti”.
Tre situazioni che richiedono altrettante soluzioni specifiche.
In condizioni di buio assoluto - ha illustrato Sorri - non esiste la possibilità di riconoscere il volto di una persona.
Ma, adottando tecnologie di derivazione militare, è possibile percepire le diverse temperature dei corpi e individuarle la sagoma, seguendone così i movimenti.
In assenza di luce, per poter identificare una persona è necessario illuminarla con sistemi a led infrarossi.
Le frequenze emesse, infatti, non sono visibili a occhi nudo, ma l'immagine riflessa può essere analizzata dalla telecamera e resa intellegibile anche all'occhio umano.
Inoltre, grazie all'impiego di moderni sistemi di analisi, la potenza emessa dagli illuminatori a infrarossi può essere gestita in tempo reale, prevenendo così il rischio di sovraesposizione dei soggetti più vicini.
Una situazione ancora diversa è quella rappresentata dai forti contrasti: tipico il caso di un garage, con un forte sole all'esterno.
Le vecchie soluzioni, in questo caso, dovevano scegliere in base a quale illuminazione regolare la propria luminosità.
Al contrario, grazie alle tecnologia dinamic capture, la telecamera stessa è in grado di trovare il giusto compromesso tra interno ed esterno.
In ogni caso, ha ammesso Sorri, “… dalle schede tecniche di un prodotto non si può sapere quale sia il valore assoluto di una telecamera. Per questo occorre provare le singole apparecchiature, per verificarne la reale efficacia”.
Le prove sul campo, inoltre, si rivelano fondamentali anche per evitare spese inutili. Emblematico il caso di quanti acquistano telecamere ad alta risoluzione, collegandole poi a sistemi di visualizzazione di limitata qualità.
Il tutto, senza dimenticare che le caratteristiche delle telecamere ad alta risoluzione sono esaltate da condizioni di illuminazione ottimale, mentre le prestazioni decadono in modo significativo al diminuire della luce disponibile.
Riprendendo le parole di Cafagna, anche Andrea Sorri ha sottolineato che una telecamera “non può riprendere tutto”.
Sia perché le condizioni atmosferiche possono rappresentare un limite, sia perché, con lo stesso apparecchio, non si può pensare di “monitorare sei corsie di una strada e, contemporaneamente, a qualunque ora, di leggere i numeri di targa”.
Anche perché, come immaginabile, il faro a infrarosso ha copertura limitata e lo zoom digitale deve anche tenere conto della distanza alla quale si trova l’oggetto.
A parlare di tecnologie e di soluzioni concrete per la videosorveglianza urbana, anche Marco Pili, Key Account Manager di Hikvision Italy, il quale ha illustrato il ricco ventaglio di apparecchiature video proposto dall’azienda, a partire dai dispositivi analogici di nuova generazione, fino ad arrivare alle telecamere HD e alla ricca gamma IP.
Tra i prodotti di punta, le telecamere bullet a 5 Megapixel, in grado di ottenere immagini fino alla risoluzione di 2560x1920 pixel, riprendendo i dettagli più remoti di una scena e offrendo, così, quei particolari atti ad aggiungere informazioni determinanti in fase di ricerca delle immagini registrate, nonché di quelle in diretta.

Scarsa qualità delle telecamere:
un limite per l'azione investigativa
Proprio la scarsa qualità delle telecamere installate, soprattutto da parte delle Pubbliche Amministrazioni - meno rapide nello sfruttare le nuove tecnologie e, in alcuni casi, non adeguatamente guidate dai propri consulenti - può trasformarsi in un serio limite per l'azione investigativa delle Forze dell’Ordine.
Se avessimo sempre immagini di alta qualità - ha spiegato Vincenzo Scognamiglio, appartenente alle Forze dell'Ordine in servizio presso la Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica di Monza - per noi sarebbe un grosso vantaggio. In realtà, spesso, è necessario affidarsi solo a indizi. Tipico il caso di un'aggressione in cui - sulla scorta dell’auto utilizzata e di una lettura parziale della targa - è, sì, possibile risalire al proprietario dell'automobile, ma è impossibile riconoscere il vero autore del crimine”.
Facendo proprio il principio del criminologo dell'Ottocento Edmond Locard, Scognamiglio ha però ricordato che, “se un oggetto ne tocca un altro, lascia sempre qualcosa di sé e prende qualcosa di quella scena”.
Da qui, l'abilità di un buon investigatore, che deve essere in grado di analizzare e sfruttare ogni singolo dettaglio, compresi quelle delle immagini video, che, però, “non sono gli unici strumenti di un'indagine”.
Per questo, come ha spiegato Scognamiglio, “intervenendo sulla scena di un crimine, devo innanzitutto circoscrive i luoghi e preservare le immagini, perché nei sistemi di videosorveglianza privati le immagini potrebbero essere modificare o cancellate”.
Da qui, la necessità di acquisire, in alcuni casi, anche tutto il sistema di videosorveglianza, per evitare qualsiasi compromissione delle prove.
In questo processo l'informatica riveste un ruolo fondamentale, poiché spesso vengono acquisiti gli hard disk, sui quali effettuare analisi di tipo informatico.
E, trattandosi di prove digitali, diventa necessario cristallizzare il dato, per avere garanzie su quanto acquisito e per certificare, con una firma digitale, che il documento acquisito sia perfettamente identico all'originale.

Nel nome della Legge
In un'attività di indagine, quindi, ogni dettaglio può essere determinante e, per tale ragione, Scognamiglio non nasconde che, quando arriva sulla scena di un crimine, non esita ad acquisire immediatamente qualunque immagine disponibile, anche se ripresa illegalmente e quando i proprietari delle telecamere stesse si mostrano poco propensi a collaborare, soprattutto dopo aver installato o utilizzato abusivamente un sistema di videosorveglianza: “del resto, non è raro che, proprio da impianti che detengono le immagini per più di 24 ore, si possano trarre elementi utili. Nel corso della mia attività investigativa, a fronte di episodi criminali non ho mai denunciato una persona per la violazione della privacy. Mentre chi ostacola volontariamente un'indagine, rischia di essere incriminato penalmente”.
Sul delicato equilibrio tra obblighi e doveri è, poi, intervenuto Gianluca Pomante, avvocato del Foro di Teramo, ribadendo come la violazione della privacy rappresenti un illecito amministrativo e non un reato penale, che invece deve essere denunciato da chiunque ne venga a conoscenza.
Più delicata è invece l'ammissibilità di alcune immagini in sede di giudizio, anche se lo stesso avvocato ha ricordato come, in alcuni casi, un giudice abbia ammesso anche la testimonianza di un operatore che aveva osservato un filmato ripreso a distanza.
Al di là degli usi “comuni” della videosorveglianza, Pomante ha però focalizzato l'attenzione sull'uso improprio di questi sistemi, soprattutto quanto violano un “luogo di privata dimora”. In un ambiente pubblico, ha spiegato, fatti salvo i tempi di registrazione e pochi altri aspetti, è possibile riprendere praticamente tutto.
Al contrario, quando si entra nell'abitazione di un privato, le riprese possono essere fatte esclusivamente dalle Forze dell'Ordine e su mandato degli inquirenti, che devono giustificare una simile attività.
Il tutto, senza dimenticare che, affinché un simile filmato possa essere usato in sede giudiziaria, deve essere accompagnato di un adeguato verbale.

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