Sicurezza urbana: teoria, pratica e denuncia

“La sicurezza è un bene comune essenziale, indissociabile da altri beni comuni quali l’inclusione sociale, il diritto al lavoro, alla salute, all’educazione e alla cultura.” Sono queste le parole che, nel 2006, sanciscono il “Manifesto di Saragozza sulla sicurezza urbana e la democrazia”.

Federica Giorgia Rosa
Sociologa
Specializzata in criminalità e tecnologie per la sicurezza

Il Manifesto di Saragozza prosegue suggerendo l’attuazione di politiche globali integrate ed efficaci per combattere innanzitutto l’esclusione sociale, le discriminazioni e le disuguaglianze economiche.
Promuove, inoltre, i diritti delle donne e lo sviluppo di azioni positive per la lotta all’insicurezza, la creazione di uno spazio di dialogo e incontro tra le popolazioni di diverse origini evitando lo scontro di civiltà.
Questa proposta viene letta anche in termini di prevenzione del terrorismo che sfrutta le disuguaglianze sociali e culturali individuando capri espiatori e favorendo atteggiamenti aggressivi e razzisti.
Insomma, un’iniziativa ricca di strategie e soluzioni, che punta sul ruolo delle città per una sicurezza urbana fondata su basi solide e che, per diventare realtà, chiede riconoscimento e finanziamenti anche dall’Unione Europea.
Con l’accordo di Schengen, dal 1985 è iniziato un nuovo livello di integrazione europea: uno spazio privo di frontiere e di libera circolazione di merci, servizi, capitali e persone che ha fatto sorgere l’esigenza di una politica comunitaria di immigrazione e nuove problematiche di integrazione.
A Saragozza è passato un messaggio chiaro: “… le città e gli enti territoriali devono dotarsi di programmi locali di sicurezza che integrino la prevenzione e tengano conto delle conseguenze della criminalità organizzata e della tratta di esseri umani”, ricorrendo anche al ruolo dei mass media come alleato contro la strumentalizzazione ideologica e/o religiosa.
L’enunciato prosegue affermando che la consapevolezza dell’emergere di problemi deve sottendere alla capacità di risolverli in modo cooperativo, in tolleranza e rispetto delle libertà.
La convinzione è una: le città hanno un potenziale, sono in grado di agire subito e direttamente sulle cause e sugli effetti dell’insicurezza.

Il Trattato di Prum del 2005
In merito alla macro-criminalità, si cita il Trattato di Prum, sottoscritto il 27 maggio 2005 da sette Paesi dell’UE quali Germania, Spagna, Francia, Austria, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi.
L’Italia non ne fa parte, ma si può prendere in considerazione la logica vincente di sinergia tra le Forze dell’Ordine transfrontaliere allo scopo di rafforzare la cooperazione di Polizia in materia di lotta al terrorismo, criminalità transfrontaliera e immigrazione clandestina.
Il trattato esorta lo scambio di dati relativi a DNA e impronte digitali, informazioni di persone inquisite, autoveicoli e proprietari, strumenti di antifalsificazione dei documenti e pattugliamenti congiunti di frontiera, l’invio di ufficiali di collegamento esperti, la costituzione di squadre miste per forme di intervento comune nel territorio di uno degli Stati e la mutua assistenza in manifestazioni di massa, catastrofi e gravi calamità.
Tutti ambiti di opportunità e investimenti per una maggiore sicurezza e maggiore cooperazione multidisciplinare.

Il Decreto Ministeriale del 2008
In Italia, la sicurezza urbana è definita in due articoli dal Decreto Ministeriale del 5 agosto 2008 “Incolumità pubblica e sicurezza urbana: definizione e ambiti di applicazione”.
Il primo articolo definisce incolumità pubblica l’integrità fisica della popolazione e la sicurezza urbana un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa delle comunità, il rispetto delle norme che regolano la vita civile, il miglioramento delle condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale.
A sostegno del primo, l’articolo secondo riassume gli interventi del sindaco per prevenire e contrastare situazioni di insicurezza urbana: il degrado o l’isolamento favoriscono l’insorgere di fenomeni criminosi quali spaccio di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, accattonaggio con impiego di minori disabili e fenomeni di violenza legati anche all’abuso di alcool.
Anche il danneggiamento al patrimonio pubblico e privato, incuria e occupazione abusiva di immobili, creano situazioni di intralcio alla pubblica viabilità e alterano il decoro urbano.
Così come le attività di abusivismo commerciale e l’illecita occupazione del suolo pubblico.
Il sindaco, infine, ha diritto di intervento verso quei comportamenti che offendono la pubblica decenza, come la prostituzione su strada o l’accattonaggio molesto, che rendono difficoltoso - o pericoloso - l’accesso a tali spazi pubblici occupati.
Riprendendo il Manifesto di Saragozza in merito agli strumenti di prevenzione, il sindaco si deve basare su una buona conoscenza della realtà e sull’analisi delle problematiche per poter comprendere le cause della criminalità, i tipi di delinquenza e le forme di vittimizzazione.
Oltre a promuovere coalizioni locali multidisciplinari ricorrendo a strumenti di diagnosi, istituzione di indicatori quantitativi e qualitativi per il monitoraggio delle azioni e dei risultati producendo un’utile valutazione in stile de-briefing (come voluto dall’UE), le città hanno bisogno di metodologia analitica, finanziamenti europei e tecnologia a supporto.
L’approccio analitico ai problemi, la condivisione di best practices e la proposta di soluzioni, promuovono una buona governance e un corretto funzionamento della democrazia.

Il Forum Europeo per la Sicurezza Urbana
In ultimo, ma non per importanza, il Forum Europeo per la Sicurezza Urbana sostiene che spetta agli Stati dell’Unione promuovere la formazioni di partner e di nuove figure professionali in materia di prevenzione, stimolando e sostenendo scambi di buone prassi e definendo programmi di prevenzione a livello centrale ed europeo.
Il Manifesto conclude sostenendo che le crisi urbane, la loro prevenzione e il coordinamento degli interventi sono indispensabili per ovviare alla vulnerabilità dei beni e delle persone e che, per ottenere un massimo livello di coordinamento ed efficacia dei loro interventi, è necessario sviluppare una maggiore formazione e informazione dei cittadini in materia dei rischi, della loro prevenzione e accrescere il coordinamento a livello europeo.
Con il Forum Europeo, anche l’ANCI - Associazione Nazionale Comuni Italiani manifesta un impegno a favore dell’informazione, promozione e condivisione su internet (www.sicurezzaurbana.anci.it) di problematiche, buone pratiche e normative.

Le teorie criminologiche
Le teorie criminologiche di prevenzione della criminalità sono un’altra risorsa da conoscere. In merito alla prevenzione della criminalità urbana, infatti, è bene tenere in considerazione che l’urbanistica, gli spazi pubblici e il senso di insicurezza giocano un fattore determinante.
L’architettura e l’urbanistica hanno un impatto riconosciuto sulla sicurezza e deve, ormai, essere consuetudine l’integrazione di strumenti di diagnosi preventiva e di valutazione negli interventi che modificano le città per prevenire opportunità criminali o l’esclusione.
È diretto il collegamento teorico all’approccio CPTED (Crime Prevention Trough Enviromental Design) - dove la prevenzione della criminalità si ottiene dalla corretta progettazione dell’ambiente che a sua volta produce un’importante sorveglianza informale - e alla teoria Broken Windows (Wilson e Kelling, 1982), detta anche “teoria dei vetri rotti”, sviluppata e testata alla fine degli anni sessanta dallo psicologo Philip Zimbardo.
Questo approccio sostiene che la presenza di fenomeni di disordine e la presenza di reati minori creino condizioni ambientali per lo sviluppo di reati più gravi da ambienti degradati o lasciati a loro stessi e che, se lasciati così, tali ambienti continueranno a degradare e a incrementare la criminalità.

Focus sulla Regione Lombardia: la recente normativa, L. 9 e L. 2
Quanto appena citato da fonti europee e nazionali trova riscontro nelle best practices condivise dall’ex Direzione Generale Polizia Locale, Protezione civile e Sicurezza, neo Direzione Generale Sicurezza, Protezione civile e Immigrazione di Regione Lombardia.
A proposito di sicurezza urbana, emerge un punto di vista fresco e di buone intenzioni che si focalizza su attori specifici e una chiara metodologia operativa.
Regione Lombardia, con la Legge Regionale del 3 maggio 2011, n. 9 “Interventi regionali per la prevenzione e il contrasto della criminalità”, concorre allo sviluppo dell’ordinata e civile convivenza attraverso interventi nei settori della prevenzione e della lotta alla criminalità, comune e organizzata.
Promuove il rafforzamento della prevenzione sociale nei confronti dei soggetti a rischio, la riqualificazione degli spazi pubblici, il monitoraggio e l’analisi dei fenomeni di illegalità, intese e accordi di collaborazione istituzionale con enti e Associazioni, per favorire lo scambio di conoscenze e l’informazione degli operatori dei settori interessati.
La Legge Regionale n. 2 del 14 febbraio 2011 “Azioni orientate verso l’educazione alla legalità” porta in primo piano il ruolo della Regione Lombardia, che concorre così allo sviluppo dell’ordinata e civile convivenza della comunità regionale attraverso il sostegno a iniziative di sensibilizzazione della società civile e delle Istituzioni pubbliche, per contribuire all’educazione alla legalità, alla crescita democratica, all’impegno contro la criminalità organizzata e contro le mafie.
L’obiettivo è ampliare l’informazione ai fini di prevenzione, svolgere attività di ricerca, documentazione, formazione e comunicazione, favorire attività di tipo culturale e di spettacolo, valorizzare la funzione sociale ed educativa.
Educazione alla legalità come sviluppo di valori costituzionali e civici. La Regione si impegna anche a fornire contributi a sostegno di tali iniziative.

La formazione delle Polizie Locali
La promozione dell’offerta formativa è possibile attraverso l’Istituto per la ricerca la statistica e formazione Éupolis Lombardia, per una formazione congiunta di operatori degli enti locali, della Polizia locale, organizzazioni di volontariato e Associazioni di carattere sociale.
La formazione delle Polizie Locali prevede anche la condivisione di best practices dove, con azioni orientate all’educazione alla legalità vengono analizzati progetti proposti dai comandi dei Comuni con maggiore popolazione urbana e dove, statisticamente, si annidano maggiori criticità di sicurezza urbana.
Sul territorio, infatti, grazie al coordinamento di Regione, si sono sviluppate azioni di miglioramento di presidio di aree critiche e iniziative di contrasto alla presenza di bullismo, contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti ed alcoliche.
Altresì vi è stata sensibilità al contesto sociale mediante corsi di difesa personale alla donne, sensibilizzando e stimolando la partecipazione di esperti del settore.
A partire dai corsi di base, lo sviluppo formativo è giunto alla creazione dell’Accademia di PL che rappresenta il più alto grado di formazione.
Si tratta di una nuova metodologia didattica rivolta agli Ufficiali e Comandanti per un loro accrescimento professionale finalizzato sempre ad un migliore servizio per i cittadini.

Il nuovo cammino?
La sicurezza partecipata

Secondo il “Rapporto annuale sull’attività della Polizia Municipale” di Cittalia, Fondazione ANCI ricerche, al 2011, nei Comuni capoluogo, le attività di Polizia di sicurezza sono state quasi 500.000.
Oltre la metà dei casi di queste attività sono state per interventi di pubblica sicurezza quali controlli del territorio e manifestazioni pubbliche. Il 38% di questi interventi sono stati di sicurezza urbana.
Gli interventi relativi alla sicurezza urbana corrispondono quasi il 40% del totale attività di pubblica sicurezza, concretizzandosi in interventi di accertamento di violazioni pari al 94% delle attività di sicurezza urbana.
Per raggiungere la totalità degli interventi, si aggiunge un 6% di attività di task force, ossia collaborazioni o interventi coordinati da e con diverse forze di Polizia o soggetti esterni.
Pertanto, sembra che i capoluoghi stiano percorrendo la strada sostenuta dai trattati internazionali e dalle normative.
Tuttavia, non è una strategia sufficiente.
Le strategie di prevenzione e di contrasto alla criminalità - dalla lotta all’esclusione, al disagio e al degrado, con l’inclusione e partecipazione - devono essere sostenute da una metodica formazione, informazione ed educazione alla legalità, per contrastare le problematiche locali che origineranno contesti disagiati, di emarginazione e criminalità.
Regione Lombardia traduce in operatività le strategie di prevenzione attraverso l’attuazione di patti locali sul territorio per uno sviluppo di Sicurezza Urbana mediante una collaborazione con le FFOO e di tutti gli attori chiamati ad un impegno per una migliore qualità della vita.
I Patti Locali di sicurezza urbana sono strumenti di condivisione, programmazione e attuazione di un intervento per il recupero o il miglioramento delle condizioni di sicurezza urbana in un determinato territorio.
Sono strategie operative, che coinvolgono diversi organi decentrati dello Stato e associazioni presenti sul territorio impegnati ad identificare le problematiche dell’intervento, il coordinamento e la razionalizzazione delle azioni e le risorse pubbliche e private impegnate.
Dunque, una maggiore sicurezza urbana attraverso una sicurezza partecipata, multiculturale, attiva, propositiva e il più possibile sinergica partendo dalla dimensione locale, guardando all’europea, estendendosi all’internazionale.

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