Reti in fibra ottica: verifica e controllo delle tratte installate

La realizzazione di una rete in fibra ottica implica una serie di competenze specifiche e la necessità di prestare una particolare attenzione ai dettagli, indispensabili per sfruttare le elevate prestazioni offerte da questa tecnologia.



Massimiliano Cassinelli
Ingegnere
Progettista Reti TLC

Sempre più spesso, nella realizzazione di un impianto di videosorveglianza, la fibra ottica rappresenta il canale di trasporto ideale per trasmettere grandi quantità di immagini ad alta risoluzione, anche a distanze significative.
Il tutto con l'ulteriore vantaggio di poter installare questo supporto all'interno di canaline in cui scorrono cavi elettrici.
A differenza dei classici doppini e dei cavi coassiali, però, la realizzazione di una rete in fibra ottica implica una serie di competenze molto specifiche e la necessità di prestare una particolare attenzione anche ai dettagli, indispensabili per sfruttare le alte prestazioni offerte da questa tecnologia.
Del resto, non possiamo dimenticare come - all'interno di una rete che si dirama per migliaia di metri, spesso con centinaia di connessioni - non sia facile individuare un problema puntuale.
Quest'ultimo, infatti, può essere dovuto a un errore in fase installativa, ma anche a un guasto meccanico o al difetto costruttivo di un componente.
Problemi che, in un'installazione in fibra ottica, possono essere dovuti, banalmente, anche alla presenza di polvere in una delle connessioni.Ancor più che per le reti in rame, quindi, nelle infrastrutture ottiche la certificazione dell'impianto assume un'importanza fondamentale.
Anche per prevenire il rischio che i problemi emergano quando le apparecchiature di trasmissione sono già collegate e, quindi, diventi ancor più complicato individuare le cause di un malfunzionamento.
L'attività di certificazione, quindi, non deve essere vissuta esclusivamente come un obbligo normativo, ma come una verifica obiettiva dell'attività svolta e del corretto funzionamento di tutti i componenti.

OTDR - Optical Time Domain
Reflectometer: a che cosa serve?

In questa attività, si rivela fondamentale l'utilizzo degli OTDR (Optical Time Domain Reflectometer).
Il loro principio di funzionamento è relativamente semplice e consiste nell'inviare un treno di impulsi luminosi attraverso la fibra installata.
Le singole lunghezze d'onda, incontrando un ostacolo, vengono riflesse in modo differente verso lo strumento.
Quest'ultimo, sfruttando un principio che potremmo paragonare a quella di un radar, analizza il segnale di ritorno, fornendo una serie di informazioni sulle caratteristiche della fibra illuminata.
In particolare, un OTDR permette di individuare:

- attenuazione e localizzazione di giunti e connettori
- attenuazione specifica (distanza), di tratta e di sezione
- Return Loss di singoli eventi (RL) e totale (ORL)
- localizzazione di punti di attenuazione concentrata e di interruzioni
- lunghezza assoluta e relativa della tratta

Questo significa, in pratica, che l'operatore è in grado di conoscere tutte le caratteristiche della tratta analizzata.
Ma, soprattutto, un OTDR consente di individuare puntualmente le cause di maggior attenuazione, fornendo informazioni precise sulla loro origine e, soprattutto, sull'esatta distanza a cui si trovano rispetto al punto di applicazione dell'apparecchio.
Quindi, a fronte di un problema, il personale può intervenire puntualmente per risolverlo, senza dover ripercorrere a ritroso l'intera tratta caratterizzate da prestazioni inferiori rispetto a quanto atteso.

• Parametri fisici e temperatura di funzionamento
Un simile apparecchio, pur essendo indispensabile per chi installa tratte in fibra ottica, comporta un significativo investimento economico che, malgrado il rapido ritorno, viene spesso affrontato in modo errato, prestando più attenzione al prezzo iniziale che non alle reali caratteristiche dello strumento.
Al contrario, la corretta valutazione delle sue prestazioni può rivelarsi fondamentale.
Il primo fattore da tenere in considerazione è legato al fatto che un OTDR deve essere utilizzato sul campo e, quindi, in condizioni non sempre ottimali.
Ancor prima delle prestazioni, quindi, occorre valutare una serie di parametri fisici obiettivi, come il peso dell'apparecchio (batterie comprese), le dimensioni e il tempo di ricarica delle batterie.
Simili fattori sono influenzati, in primo luogo, dai materiali utilizzati per realizzare l'involucro dell'apparecchio.
Si tratta di un aspetto da non trascurare, in quanto un OTDR viene spesso impiegato in condizioni estreme e, oltre al rischio di shock meccanici, è esposto alle radiazioni solari, così come a condizioni di elevata umidità, presenza di polvere, di atmosfere saline e, in casi estremi, anche di agenti chimici aggressivi.
Condizioni che possono portare al rapido danneggiamento dello strumento stesso.
Un ulteriore aspetto da valutare attentamente è legato alla temperatura di funzionamento. In molti casi, infatti, le attività di installazione e test, anche per reti destinate ad ambienti interni, vengono effettuate quando l'edificio non è ancora stato completato.
Questo significa che, soprattutto in zone in quota, l'attività potrebbe essere svolta quando l'edificio non è ancora riscaldato e, quindi, le temperature risultano particolarmente basse.
Altrettanto importante, per un operatore sul campo, è la possibilità di lavorare senza che la propria attività sia interrotta da problemi di alimentazione.

Alimentazione e interfacce
Un OTDR, tipicamente, non è collegato direttamente alla rete elettrica, ma sfrutta l'energia di una batteria interna ricaricabile.
La sua autonomia, considerando anche la necessaria retroilluminazione dello schermo, deve quindi essere sufficiente per supportare un'intera giornata di lavoro.
In alternativa è necessario valutare la possibilità di cambiare agevolmente le batterie stesse.
Il tutto senza dimenticare che, a seguito di cicli di ricarica, la prestazione delle batterie diminuisce progressivamente.
Sulla durata batterie ha un impatto determinante il display, che rappresenta l'interfaccia fra l'operatore l'apparecchio utilizzato.
Per facilitare la lettura dei dati rilevati, preferibilmente disponibili con indicazioni italiano, i display dovrebbe avere una dimensione di almeno 6,5”.
Ma, soprattutto, un'adeguata retroilluminazione, con la possibilità di regolare il contrasto, per consentire un'agevole lettura anche in condizioni di forte luminosità esterna.
La sua definizione, inoltre, deve essere almeno di 640 x 480 pixel.
Un ultimo aspetto “esterno” da valutare riguarda le interfacce di cui è dotata l'apparecchiatura.
I dati registrati, infatti, vengono tipicamente memorizzati all'interno di file e dovranno poi essere trasferiti su un PC per consentire un'analisi più dettagliata di quanto rilevato.
Simili operazioni, per poter essere effettuate agevolmente, richiedono la presenza di un'interfaccia Usb e/o RJ45.

La memoria
Un OTDR deve memorizzare tutti i dati registrati nel corso di una giornata lavorativa, evitando così all'operatore di dover scaricare più volte i valori misurati.
Le soluzioni più moderne, oltre alla memoria interna, dispongono oggi supporti rimovibili che, quindi, risorgono buona parte del problema.
Importante è, invece, la verifica del formato con cui vengono resi disponibili i dati registrati.
Oltre a quello adatto allo strumento specifico, infatti, è opportuno verificare la disponibilità di tali dati anche in formato testo, consentendo così di importare i dati della traccia in un foglio elettronico sotto piattaforma Windows.
Un adeguato software di emulazione, inoltre, consente l'analisi delle tracce e dei dati “off line”, mediante un personal computer.

- Differenti lunghezze d'onda
Le reti in fibra ottica funzionano con differenti lunghezze d'onda. Questo significa che, nel corso della propria attività, un installatore potrebbe essere chiamato a operare su tratte realizzate con tecnologie differenti.
Per tale ragione, un buon OTDR deve essere dotato di un cassetto multi lunghezza d'onda (configurazione a scelta di 2, 3 o 4 laser), selezionabile dall'operatore.
In particolare le lunghezze d'onda emesse devono essere:

- 1310 ± 20 nm: monomodale
- 1550 ± 20 nm: monomodale
- 850 ± 20 nm: multimodale GI (Graded Index)
- 1300 ± 20 nm: multimodale GI (Graded Index)

È considerata preferenziale la presenza di lunghezze d'onda di funzionamento per nuove applicazioni quali reti PON (Passive Optical Network); DWDM (Dense Wavelenght Division Multiplexing); CWDM (Coarse Wavelenght Division Multiplexing), quali: 1490; 1383; 1625; 1650 nm.

• Non solo in automatico
L'utilizzo automatico di uno strumento offre un vantaggio di tipo immediato, soprattutto per operatori poco qualificati.
Al contrario, quando è necessario effettuare un'analisi più dettagliata e precisa, diventa fondamentale poter regolare una serie di parametri che consentono di scendere nel dettaglio.
Per questa ragione, in caso di funzionamento automatico, oltre alla traccia di retrodiffusione, l'OTDR deve fornire una tabella riassuntiva di tutti gli eventi riscontrati in linea aventi caratteristiche che superano le soglie prefissate.
Al contrario, quando commutato in manuale, lo strumento è chiamato a consentire all'operatore di impostare e variare tutti i parametri che influenzano l'esecuzione della misura.
É infine opportuno che consenta l'impiego di almeno 8 impulsi di misura, di durata compresa possibilmente tra 5 ns e 20 ms.
Tra i vari impulsi, devono essere preferibilmente compresi quelli di durata pari a: 10 ns, 100 ns, 1 ms e 10 ms.
Sullo schermo e sulla stampa dovrà essere sempre indicato il valore dell'impulso selezionato.

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