Progettazioni a norma: come valutare il livello di sicurezza

 

La norma CEI 79-3 ha definito un metodo di valutazione convenzionale del livello di sicurezza, in base al quale un impianto è adeguato al contesto da proteggere quando il livello di prestazione risulta numericamente pari o superiore al livello di rischio.

 

La corretta progettazione di un impianto di sicurezza passa attraverso l'identificazione, l’analisi e la stima dei rischi.

Il committente può accettare il livello di rischio corrente e, in tal caso, non essere disposto ad affrontare nessun investimento, oppure può mirare a una riduzione del rischio stesso

È però necessario che vengano definite, anche formalmente, le sue aspettative, così come devono essere chiari i limiti tecnologici.

Il rischio residuo, infatti, non è mai nullo, nemmeno nel caso in cui si scelga di trasferirlo a una terza parte.

La letteratura in merito riporta numerosi casi emblematici, così come sono stati elaborati una serie di “decaloghi” da seguire.

Al di là di queste indicazioni, però, la normativa prevede indicazioni specifiche, formalizzate dalla Norma CEI 79-3, che ha definito un metodo di valutazione convenzionale del livello di sicurezza. Sulla scorta di tali indicazioni, è possibile semplificare il confronto tra le effettive esigenze di protezione e le prestazioni di uno specifico impianto di allarme.

In base a quanto definito dalla norma, infatti, un impianto è adeguato al contesto da proteggere quando il livello di prestazione risulta numericamente pari o superiore al livello di rischio.

 

CEI oppure EN?

Una prima distinzione significativa riguarda la differenza tra la CEI 79-3 3 la EN 50131-1, spesso considerate erroneamente alternative.

In realtà, la CEI 79-3, valida solo a livello nazionale, prende in considerazione l'intero impianto, mentre la EN 50131-1 è una norma di prodotto.

Solo la prima, quindi, prende in considerazione l'impianto nel suo complesso, considerando tutte le fasi di vita: dalla progettazione al collaudo, passando attraverso la verifica e la manutenzione periodica.

Per tale ragione, il documento è stato strutturato definendo la sequenza logica delle fasi di progettazione e installazione di un impianto.

Il tutto completato dalle indicazioni relative alle attività e ai documenti necessari in ogni singola fase.

In questo ambito è altresì importante ricordare che il DM 37/08 impone al responsabile dell'impresa installatrice di dichiarare la conformità di quanto eseguito in seno al progetto, che può anche essere firmato da un professionista esterno.

 

Differenza tra “impianto” e “sistema”

Le stesse norme in vigore, a questo proposito, ribadiscono la differenza tra “impianto” e “sistema allarme”.

La CEI EN 5031-1, all'articolo 3.1.36, definisce il “Sistema di Allarme Intrusione” come un “Sistema di allarme per rilevare e indicare la presenza, l’ingresso o il tentativo di ingresso da parte di un intruso in un ambiente sorvegliato”.

La CEI 79-3 2012, all'articolo 3.1.24, identifica, invece, l’ “Impianto di Allarme Intrusione e rapina” come “inserito in un contesto operativo definito”.

Un sistema di allarme intrusione, quindi, è legato a uno specifico luogo di installazione.

Questo comporta la necessità di rispettare le regole nazionali relative agli impianti, sotto la diretta responsabilità del progettista e dell’installatore.

Può però essere rimosso e, quindi, riutilizzato considerandolo come un singolo prodotto. Solo in questo caso torna a rispondere alle norme di prodotto e, quindi, può essere commercializzato come tale, mentre la responsabilità - relativamente al rispetto delle norme - ricade interamente sul produttore.

 

Gestione del rischio: quattro fasi

Chiarite queste differenze, la più recente edizione della CEI 79-3 ha previsto di valutare il livello di prestazione anche attraverso una metodologia tabellare.

Si tratta di una modalità sicuramente più rigida rispetto all'approccio tradizionale, ma che gode il vantaggio di risultare più semplice.

La gestione del rischio, in particolare, definisce una sequenza di quattro fasi:

 

1) individuazione dell’area da proteggere

2) analisi del rischio e calcolo del livello di rischio

3) progettazione dell’impianto

4) verifica del livello di prestazione

 

Analizzando, seppur sommariamente, le singole fasi, la valutazione relativa all'area da proteggere deve fare riferimento a cinque tipologie di obiettivi: unità abitativa non isolata, unità abitativa isolata, cassaforte, caveau e insediamento industriale.

A queste categorie, secondo la norma, possono essere ricondotte tutte le aree per le quali è necessario realizzare un impianto di allarme.

L'identificazione della categoria, però, non è sempre immediata, poiché alcuni casi devono essere valutati singolarmente e in funzione dello specifico contesto.

Uno sportello bancario, infatti, può essere assimilato (a livello di aree) a un'unità abitativa non isolata - se si trova in un contesto urbano - o a un'unità abitativa isolata quando è in un'area non frequentata nelle ore notturne o in alcuni periodi dell'anno.

Per quanto riguarda l'analisi del rischio e del relativo livello, la CEI 79-3 prende spunto dagli strumenti presumibilmente utilizzabili dai malviventi intenzionati a compiere un crimine.

Per questa classificazione, sono stati codificati quattro livelli di rischio.

Il livello 1, che è quello più basso, presuppone che rapinatori e intrusi abbiamo una bassa conoscenza dei sistemi e che la strumentazione di cui possono disporre sia limitata ad attrezzi comunemente reperibili.

Il fattore di rischio cresce, arrivando a livello 2 (rischio medio), quando di può presupporre che i malviventi possiedano, oltre ad alcuni strumenti portatili, anche una seppur parziale conoscenza degli apparecchi di difesa attiva.

Il salto di qualità, invece, è rappresentato da potenziali intrusi in possesso di una certa conoscenza dei sistemi antintrusione, oltre a essere dotati di una gamma completa di strumenti e apparati elettronici in grado di violare un impianto.

In questo caso, la norma parla di livello di rischio 3, ovvero medio-alto.

Il caso più delicato, infine, prevede che entrino in azione autentici professionisti del settore, in possesso di capacità e risorse per pianificare in dettaglio una violazione, sfruttando anche strumenti particolarmente sofisticati.

 

Calcolo e verifica

La quarta e ultima fase definita dalla norma, richiede il calcolo e la verifica del livello di prestazione.

Quest'ultima può essere delegata interamente all'esperienza del singolo progettista, ma ciò comporta un certo margine di soggettività, che le norme cercano sempre di superare.

Da qui, l'elaborazione di un approccio più rigoroso, finalizzato a garantire il rispetto della regola dell’arte. Per questa ragione, vengono presi in considerazione:

 

- numero di barriere, funzionalmente concentriche e potenzialmente realizzabili, indipendentemente dalla struttura fisica del target da proteggere

- consistenza delle caratteristiche dei componenti installati

- modalità installative dell’impianto

 

Come spesso accade, anche in questo caso la norma definisce una schematizzazione che aiuta a compiere valutazioni obiettive attraverso una metodologia tabellare.

Nello specifico, gli impianti di allarme intrusione sono distinti in tre sottoinsiemi:

 

- rivelatori

- apparati essenziali e opzionali

- dispositivi di allarme

 

I rivelatori hanno il compito di individuare il superamento delle barriere fisiche.

Gli apparati, essenziali o opzionali, sono invece chiamati a gestire l’informazione prodotta dai rivelatori, con il compito prioritario di raccogliere e analizzare le informazioni, attivando conseguentemente i dissuasori locali e le comunicazioni a distanza.

La scelta di valutare contemporaneamente apparati essenziali e opzionali è dettata dal fatto che i secondi, pur non essendo indispensabili, permettono di aumentare il livello di prestazione complessivo dell’impianto.

Infine, i dispositivi di allarme, come intuibile, sono quelli che segnalano, localmente e in remoto, una situazione di pericolo.

Alla luce di queste definizioni, la norma identifica il livello di prestazione dell'intero impianto sulla base del cosiddetto “principio dell'anello debole”.

In pratica, la sicurezza è definita, in assoluto, dal livello più basso dei tre sottosistemi.

In definitiva, quindi, un impianto viene considerato adeguato se il suo livello di prestazione risulta almeno pari a quello di rischio.

Tutte queste considerazioni, anche se apparentemente accademiche, assumono un'importanza determinante soprattutto quando, a seguito di una violazione, i diversi soggetti coinvolti puntano a scaricare su altri le responsabilità dell'inefficacia dell'impianto di sicurezza.

 

Metodo matematico o tabulare?

Passando agli aspetti pratici, la CEI 79-3 attribuisce a ognuno dei tre sottosistemi un punteggio compreso tra 0 e 1, assegnando poi all’impianto il valore peggiore tra quelli ottenuti.

Per arrivare a una definizione corretta e obiettiva, è necessario considerare, in primo luogo, il grado di sicurezza dei singoli apparati che compongono l’impianto.

Oltre al valore dei componenti, però, la norma assegna un'importanza significativa anche all'attività degli installatori, valutando la corretta esecuzione del lavoro svolto.

Del resto, è immediato comprendere che anche il miglior sensore, se orientato in modo scorretto o non adeguatamente cablato, perde la propria efficacia.

Sempre in relazione al processo di installazione, la norma specifica che il contributo totale di più apparati funzionanti in parallelo è pari alla somma dei singoli contributi.

Di contro, se gli apparati funzionano in serie, la loro efficacia è data dal prodotto dei singoli contributi.

Occorre però ricordare che un simile approccio non considera gli apparati non conformi alle Norme CEI 79-2 e alle Norme della serie EN 50131.

La stessa norma, inoltre, non valuta la qualità e la periodicità con cui viene gestita la manutenzione.

Se il risultato totale è inferiore al valore del primo livello (che rappresenta il valore minimo), sia il sottoinsieme che l’impianto sono considerati non classificabili e, quindi, non conformi ai requisiti normativi.

Il metodo tabulare, anche se meno rigoroso, appare di più semplice utilizzo. In pratica, la norma CEI 79-3 fornisce una tabella per ogni tipologia di impianto.

Attraverso queste, viene individuato - in funzione del grado di sicurezza, - il livello di prestazione di ciascun sottosistema.

 

Leonardo Castelli

Ingegnere

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