Lo studio degli effetti di un evento esplosivo a elevato potenziale

 

Si iniziò a ragionare in termini di Protective Design negli Stati Uniti, nell’immediato dopoguerra del secondo conflitto mondiale, per sviluppare in campo militare strutture in cemento armato, sia interrate che fuori terra. Ma fu soltanto dopo l’attentato di Oklahoma City, nell’aprile del 1995, che si sviluppò tale disciplina per impieghi diretti anche ai settori civile e industriale.

 

La disciplina che si occupa della protezione delle strutture e delle infrastrutture critiche, da circa un ventennio viene chiamata internazionalmente Protective Design.

Si iniziò a ragionare in termini di Protective Design negli Stati Uniti, nell’immediato dopoguerra del secondo conflitto bellico mondiale, per sviluppare in campo militare strutture primariamente in cemento armato, sia interrate che fuori terra, note a tutti col nome di bunkers.

Ma fu solamente a seguito dell’attentato di Oklahoma City, avvenuto nell’aprile del 1995, che si sviluppò tale disciplina per impieghi diretti anche ai settori civile e industriale.

Lo studio degli effetti di un evento esplosivo a elevato potenziale scaturì analizzando i fenomeni propri dell’ingegneria sismica, soprattutto per quanto riguarda le sollecitazioni meccaniche indotte dalla componente sovrapressoria dell’aria o, comunque, del mezzo attraversato dall’onda cosiddetta di blast.

Per quanto riguarda, invece, la distribuzione dei carichi delle sollecitazioni sulle strutture, essi vennero inizialmente considerati statici.

Il reale merito da attribuire all’Agenzia FEMA - Ente federale americano per la gestione delle emergenze - è senza dubbio quello di aver per la prima volta considerato e analizzato il fenomeno dell’esplosione nella sua singolarità, senza assoggettarlo necessariamente a similitudini e assimilazioni da parte di altri settori dell’ingegneria.

 

Gli effetti sulle strutture

Studiosi e ricercatori analizzarono a fondo gli effetti generatisi sulle strutture cosiddette target e compresero come l’evento esplosivo a elevato potenziale fosse assolutamente sui generis e necessitasse di una considerazione propria.

Per questo motivo, oggi, i sovraccarichi generati non vengono più considerati squisitamente statici bensì QS, ovvero appartenenti a una sfera d’i influenza cosiddetta quasi-statica.

Si parla altresì di sollecitazione impulsiva, ovvero dove il valore della forza F trasferita a un elemento, ad esempio strutturale, varia al variare del tempo T generando un impulso della forza J.

La caratteristica propria del carico generato da un’esplosione, a differenza di altri carichi quali ad esempio quello della neve o del vento, risiede proprio in quel tempo T nel quale esso varia.

Nel caso di un’esplosione, è sbagliato parlare di minuti, secondi o addirittura frazioni di essi, in quanto il sovraccarico impulsivo generato non interessa solo gli elementi di una struttura per intervalli temporali quantificabili in centesimi o millesimi di secondo, ma a volte esercita la propria azione in senso bidirezionale (correnti di drag).

Tale sollecitazione induce modificazioni sui mezzi oggetto dell’applicazione fortemente dipendenti dalle relative dimensioni, geometria e caratteristiche dei materiali da costruzione.

Per questo motivo, materiali come - ad esempio - il cemento armato o la carpenteria in acciaio, sottoposti a sovraccarichi impulsivi di matrice esplosiva, si comportano in maniera diversa rispetto ad altre circostanze, a volte tradendo vantate caratteristiche di resistenza oppure, fatto solo in apparenza singolare, dimostrando inaspettate doti di resilienza all’evento

 

Il caso: l’attentato di Oklahoma City del 1995

L’attentato di Oklahoma City ebbe come obiettivo l’edificio federale di nove piani Alfred P. Murrah, sede di varie Agenzie federali, nonché degli Uffici deputati al reclutamento per l’Esercito e per il Corpo dei Marines.

In tale occasione, venne fatto esplodere un furgone preventivamente parcheggiato davanti all’edificio, contenente un vero e proprio cocktail di sostanze esplosive ed energetiche: circa 2.500 chilogrammi di fertilizzante a base di nitrato d’ammonio (componente di un noto esplosivo chiamato ANFO - Ammonium Nitrate Fuel Oil), oltre mezza tonnellata di nitrometano liquido (un combustibile liquido utilizzato ancora oggi per alimentare motori a scoppio in svariate attività ludico-sportive) e quasi due quintali di Tovex, un esplosivo cosiddetto water-gel a quel tempo ampiamente utilizzato in attività estrattive e di prospezione sismica.

Il risultato diretto fu una strage con 168 vittime, di cui una ventina di bambini e il ferimento di quasi 700 persone.

L’evidenza di quanto accaduto all’edificio target e a quelli circostanti in un raggio di azione di circa duecento metri, sortì anche l’effetto di scoperchiare un vero e proprio vaso di Pandora, mai aperto in circostanze simili, generando la prima normativa internazionalmente riconosciuta e adottata in materia di progettazione e adeguamento di strutture sottoposte a carichi impulsivi generati da esplosioni ad elevato potenziale.

Tale normativa, generata da una corposa serie di manuali tecnici redatti e validati dall’Ente federale americano per la gestione delle emergenze FEMA - Federal Emergency Management Agency, dal 1996 definisce non solo gli approcci progettuali e di pianificazione di un sistema di protezione, ma norma interamente la progettazione tecnica fornendo standard sia qualitativi che quantitativi, alla stregua del nostro ben noto Eurocodice.

 

L’approccio architettonico e ingegneristico del Protective Design

Il Protective Design si fonda su due approcci di diversa natura: architettonico e ingegneristico.

L’approccio architettonico - applicabile solo nel caso in cui si studi un edificio di futura costruzione o una lottizzazione di futura pianificazione, fatto salvo il caso in cui ci si debba limitare alla sola progettazione di arredo e verde urbano - si basa sulla collocazione di una struttura in relazione alla viabilità circostante e sulla scelta di quale sia la forma più adatta da assegnare all’edificio, affinché ciò ne possa incrementare le caratteristiche di resilienza.

In breve, ruotare la pianta dell’edificio, in modo che le facciate non siano poste parallelamente all’antistante viabilità, scomponendo in questo modo la componente di sovraccarico incidente e perpendicolare ad esse, può essere ad esempio frutto di un approccio architettonico.

Parimenti, qualora si scelgano forme tondeggianti a favorire la dissipazione della componente sovrapressoria dell’evento esplosivo (si prenda come esempio l’edificio ospitante il Guggenheim Museum di Bilbao in Spagna, disegnato dall’architetto Frank O. Gehry) o si adottino per l’arredo urbano siepi e specie arbustive particolarmente capaci di influire sulla balistica dei frammenti, in genere metallici (shrapnels), che vengono tipicamente generati dall’attivazione di un ordigno esplosivo improvvisato.

Per quanto riguarda l’approccio ingegneristico invece, esso può esser perseguito sia nel caso di una progettazione ex novo di un manufatto, sia si necessiti di adeguare un edificio esistente a nuovi e specifici standard.

Qualora si affronti il progetto di una nuova struttura, non significa solamente scegliere i materiali da costruzione più adatti in termini di resilienza, ovvero i calcestruzzi armati e gli acciai per carpenteria maggiormente performanti in caso di sollecitazioni da blast.

È nel dimensionamento degli elementi strutturali, nel loro posizionamento e nella scelta delle loro geometrie (profili di sezione) che questa disciplina crea il valore aggiunto tra un manufatto tradizionale e uno scaturito dal concetto di protezione.

Nel caso, invece, si debba intervenire nel cosiddetto hardening - ovvero nel rinforzo strutturale e non di un edificio - svariati sono gli accorgimenti da adottare e le tecnologie alle quali attingere per arrivare al risultato voluto.

La redazione di una scala di priorità che metta al primo posto gli elementi più fragili di un manufatto, seguiti dai cosiddetti medio-vulnerabili e così via, rappresenta in genere la procedura più efficace da adottare, nonché la meno dispendiosa in termini temporali e di budget.

Quindi, per quanto riguarda le superfici vetrate, si adotteranno, ad esempio, infissi reattivi come frame e vetri balistici oppure rinforzati o ancora laminati multistrato, nonché pellicole poliviniliche con semplice o doppia protezione UV.

 

Stefano Scaini

Specialista in materiali energetici, esplodenti e tecnologie dual use

 

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