“Le donne e la sicurezza”, ricerca e libro

Lo scorso settembre, la Fondazione Enzo Hruby ha presentato il libro “Le donne e la sicurezza”.

Lo scorso settembre, presso la sala del Cenacolo della Camera dei Deputati, alla presenza dei Senatori Achille Serra e Francesco Casoli, la Fondazione Enzo Hruby ha presentato il libro "Le donne e la sicurezza", scritto dalla giornalista Paola Guidi.

Quello svoltosi lo scorso settembre a Roma, nel più autorevole dei contesti istituzionali del Paese, alla presenza di rappresentanti del Senato italiano, è un evento dalla valenza sociale e sociologica enorme.
Non un libro qualunque. Ma un libro-ricerca, un libro-analisi, nato sul terreno della corposa indagine demoscopica “Le donne e la sicurezza”, realizzata nell'ottobre dello scorso anno da Astra Ricerche e commissionata dall'Osservatorio della Sicurezza istituito dalla Fondazione Enzo Hruby.
Un libro che ordina, elabora e classifica l'immensa mole di dati raccolti dall'indagine, scandagliando la sfera emotiva femminile, per cogliere insicurezze, paure e preoccupazioni originate da minacce esterne, rapine, furti in casa, aggressioni.
Un libro che - definite le paure - indaga sul come le donne vi fanno fronte, andando dritto al nocciolo delle conoscenze femminili in materia di difesa personale e della propria abitazione.
A commentare i dati riportati nel volume, oltre al ricercatore di Astra Ricerche, Cosimo Finzi, il Senatore Achille Serra - che ha parlato di “dati allarmanti, che impongono una riforma della giustizia al fine di ridurre i tempi di una macchina che spesso vanifica il lavoro delle Forze di Polizia" - e il Senatore Francesco Casoli, il quale non si è dichiarato affatto stupito da quanto emerso dall'indagine demoscopica, sottolineando come le Istituzioni abbiano bisogno di iniziative come queste e di realtà culturali come la Fondazione Enzo Hruby, che contribuiscono alla formazione di nuove politiche e di nuove strategie.

La ricerca
La ricerca “Le donne e la sicurezza” - lo ricordiamo - è stata realizzata da Astra Ricerche nel mese di ottobre 2008, tramite 700 interviste telefoniche su un campione di donne italiane tra i 14 e i 79 anni, pari a circa 24 milioni di persone.
I suoi obiettivi sono riassumibili in tre punti chiave:

- approfondire il livello di preoccupazione delle donne italiane per quanto riguarda una serie di fenomeni quali furti, aggressioni, rapine, scippi, sequestri, atti vandalici ecc. Cercare di capire se hanno attivato adeguate protezioni, quali sono e per quali motivi eventualmente non le prendono in considerazione
- analizzare tute le informazioni per area geografica, ampiezza del comune di residenza, età, titolo di studio, professione, classe socio-economica, presenza in casa di bambini/ragazzi, accesso a Internet e tipo di personalità (ansiosa, sicura di sé, poco amante delle tecnologie, serena, in allarme ecc.)
- fornire informazioni utili non solo al comparto della sicurezza residenziale, ma anche ai fini di un'attenta valutazione dell'allarme sociale femminile e dell'adeguatezza o inadeguatezza delle soluzioni proposte

Tra la miriade di dati raccolti, quello che ci aveva maggiormente colpito - perché metteva a nudo un'evidente incoerenza tra “essere” e “agire”, “status” e “comportamento” - riguardava la contraddizione che vede, da un lato, donne impaurite e rese insicure dalle minacce esterne - eppure informate sui possibili sistemi di difesa passiva e attiva da porre in atto - e, dall'altro, donne poco o per nulla protette, che vivono la condizione di insicurezza un po' allo sbando, senza punti di riferimento.
Il picco della totale inattività - lo ricordiamo ai lettori - è in Lazio, Abruzzo, Molise, Sardegna, nei ceti marginali e tra le giovanissime.
Non si tratta - nella maggioranza dei casi - di “ignoranza totale” circa i sistemi di sicurezza. Basti dire, che il 72% sa che cosa sono le porte blindate, il 56% le finestre e gli infissi blindati, il 54% gli impianti di allarme collegati alle Forze dell'Ordine o a Istituti privati di vigilanza, il 49% i vetri antisfondamento, il 46% le telecamere e i connessi sistemi di videoregistrazione di ciò che avviene attorno o dentro la casa.
Il problema, dunque, non è la disinformazione e neppure la percezione di inefficacia.

Installatore: figura poco conosciuta
Il problema delle donne italiane - in base ai dati rilevati dalla ricerca - sembra proprio essere il basso utilizzo dei sistemi di sicurezza: solo il 45% delle donne vive in case dove sono stati installati/attivati sistemi fisici. E solo il 25% gode della protezione di impianti elettronici.
Per quali motivi esiste un divario così forte tra allarme sociale e concreta attivazione sul terreno della sicurezza?
Al primo posto figura la sfiducia: per il 49%: i metodi/sistemi di sicurezza sono reputati troppo complicati o troppo sensibili o inefficaci o quasi impossibili da usare. Il secondo motivo di resistenza è, invece, connesso alla percezione di prezzi troppo elevati (48%).
E poi segue un mix di fatalismo e incuria: "ci si ripromette sempre di acquistarli e attivarli ma poi non se ne fa nulla" 14%, oppure "ci si dimentica di metterli in funzione", 6%.
Ma la ricerca ha evidenziato un aspetto significativo per gli operatori del settore, sul quale vale la pena riflettere: la maggioranza delle donne dichiara di non sapere a chi rivolgersi quando decide l'acquisto di un sistema di sicurezza. In altre parole, la figura dell'installatore di sicurezza non è affatto chiara o comunque poco conosciuta dalle donne.

Il libro
256 pagine scandite da tredici capitoli, 173 grafici e 77 tabelle, il libro si apre con l'analisi delle diverse tipologie di minacce che generano insicurezza nella donna, per poi verificare quali e quanti dei pericoli menzionati dalle intervistate si sono tradotti - nel corso della loro vita - in esperienze concrete, direttamente vissute in prima persona o attraverso l'esperienza di parenti e amici.
L'obiettivo, in questo caso, è stato quello di individuare in quale misura la percezione di insicurezza fosse giustificata e quali eventi fossero stati realmente vissuti, sia in termini di violazione della libertà di movimento, sia come invasione della privacy domestica, fino all'estremo della violenza fisica.
Un intero capitolo è poi dedicato alla “quantificazione” del grado di preoccupazione per la sicurezza propria e dei propri cari. Analisi, questa, che ha rilevato un grado maggiore di timori al Sud, con un voto medio di 7 a fronte di una media nazionale pari a 6,6.
“Per prevenire ed evitare quali minacce si sono acquistati o attivati strumenti e tecnologie?” è il titolo del capitolo che segna l'ingresso, a piccoli passi, nel dettaglio del rapporto tra insicurezza e prevenzione/protezione.
Capitolo che svela come, nonostante l'allarme criminalità, le paure e il grado di preoccupazione espressa dalle donne, la percentuale di quelle che a fronte di queste minacce non si sono affatto attivate per tutelarsi è abbastanza elevata ovunque, con un picco massimo del 69,2% nel Basso-Centro, al quale segue il Sud con il 50,1%.
Le donne relativamente più attive risultano essere quelle del Nord-Ovest, dove “solo” il 45,5% non ha attivato nessuna precauzione.
Chiude il libro un interessante capitolo, dove vengono presentati i principali raggruppamenti in cui - in base ai dati raccolti - sono state classificate le donne italiane di fronte al problema della sicurezza.
La ricerca ha individuato sei tipologie di donne:

-    le serene inattive, 5,2%
-    le angosciate indifese, 29,8
-    le serene previdenti, 9,5%
-    le preoccupate difese, 15,3%
-    le angosciate corazzate, 32,8%
-    le “lontane”, 7,4%

Colpisce, come sempre, il quasi 30% di “angosciate indifese”. Donne profondamente allarmate per le minacce alla sicurezza propria e dei propri cari, eppure totalmente incapaci di predisporre alcunché per tutelarsi. Dato, questo, sul quale riflettere.

Per richiedere informazioni e ricevere copia del libro:
Segreteria Fondazione Enzo Hruby
info@fondazionehruby.org
www.fondazionehruby.org

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