Guida autonoma: a che punto siamo. In Italia al via il decreto Smart Road

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Guida autonoma - ph credits: Adobe Stock

Statistiche alla mano, le auto a guida autonoma garantiscono maggiore sicurezza sulla strada rispetto ai veicoli tradizionali. Anche il rischio hackeraggio va alquanto ridimensionato

Entro il 2040 saranno circa 33 milioni le auto a guida autonoma in circolazione. È quanto prevedono gli analisti di Ihs. Si tratta di una rivoluzione capitanata dagli Stati Uniti, attualmente il Paese di riferimento a livello sia di produzione sia di impiego; tuttavia, nel giro di pochi lustri, gli Usa saranno superati dalla Cina.

Nonostante l’Europa appaia più staccata rispetto alle prime due economie mondiali, anche il Vecchio Continente si sta muovendo su questo fronte. Per esempio, l’Italia si è attivata con il decreto ministeriale “Smart Road”, dedicato alla sperimentazione dei veicoli autonomi.

 Il decreto Smart Road

Il decreto “Smart Road” mira a realizzare un miglioramento della rete stradale nazionale attraverso una sua graduale trasformazione digitale, con l’obiettivo di renderla idonea a dialogare con i veicoli connessi di nuova generazione, anche nell’ottica di rendere possibile l’utilizzo dei più avanzati livelli di assistenza alla guida, nonché per migliorare e snellire il traffico e ridurre l’incidentalità stradale.

Nello stesso decreto è stata prevista la possibilità per il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di autorizzare la sperimentazione su strada di veicoli a guida autonoma. In particolare, sono stati individuati i soggetti che possono chiederne l’autorizzazione - i costruttori del veicolo equipaggiato con le tecnologie di guida autonoma, gli istituti universitari e gli enti pubblici e privati di ricerca - e i controlli cui è soggetta l’attività di sperimentazione, con lo scopo di assicurare condizioni di assoluta sicurezza.

Alcune grandi città si stanno già muovendo: a Milano, Atm (Azienda Trasporti Milanesi) ha pubblicato un bando per la sperimentazione di bus a guida autonoma, mentre a Torino il Comune garantirà il nulla osta per sperimentare sul territorio cittadino i veicoli a guida autonoma.

Nuove e vecchie sfide: mortalità zero

Come spesso accade - e probabilmente nel caso dei veicoli a guida autonoma ancora di più - oggi le nuove tecnologie affascinano e stupiscono enormemente per gli scenari futuristici cui aprono. Tuttavia, a questo senso di meraviglia diffuso, non può non affiancarsi la serietà con cui bisogna guardare alle nuove sfide in campo. La guida autonoma non deve misurarsi solo con le minacce proprie del nuovo mondo digitale, come per esempio i cyber risk, ma anche con i classici - e spesso tragici - incidenti delle “vecchie” automobili.

In Arizona, infatti, durante un test, recentemente un Suv a guida autonoma ha investito una donna mentre attraversava la strada, provocandone la morte. Anche se in realtà all’interno del Suv vi era un autista - presenza obbligatoria nelle sperimentazioni su strada per intervenire prontamente in caso di necessità - chiaramente l’episodio ha gettato una lugubre ombra sull’affidabilità dei veicoli a guida autonoma, alimentando i timori dei più scettici. In Italia, per esempio, secondo i dati dello studio “Auto-matica”, realizzato dalla Fondazione ACI Filippo Caracciolo, il 52% di chi guida non sarebbe infatti disposto a provare un’automobile senza conducente, mentre il 25% dichiara al momento che non vi salirebbe neppure.

 Rischio hacker e sistemi di controllo del veicolo

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Secondo alcuni dati statistici, l’80% degli incidenti sarebbe causato dall’uomo

L’obiettivo cui guardano i promotori della guida autonoma è la “mortalità zero”. Secondo alcuni dati statistici, infatti, l’80% degli incidenti sarebbe causato dall’uomo. Di conseguenza, eliminare il fattore umano significherebbe aumentare il livello di sicurezza sulle strade. Agli occhi del guidatore si sostituiscono sensori, algoritmi predittivi, machine learning, tutte tecnologie di cui sarà dotata l’automobile senza conducente, per valutare con la massima attenzione i possibili rischi. Non solo: in alcuni casi potrà persino prevederli. Capacità che implicano una guida più sicura e, di conseguenza, un minor numero di incidenti stradali.

Tuttavia, parlando di sicurezza, le maggiori vulnerabilità, probabilmente, arrivano da un altro fronte e risiedono nella natura informatica dell’auto autonoma. La rivoluzione digitale che sta attraversando ogni aspetto della nostra vita quotidiana ha portato agli onori delle cronache il tema della “cyber security”. Proprio per questo motivo, i produttori di automobili e tutte le aziende impegnate nella corsa all’auto autonoma sono concentrati nello sviluppo di sistemi di sicurezza informatica per i sistemi di gestione e controllo del veicolo. Anche su questo fronte, infatti, gli hacker potrebbero colpire, impadronendosi del mezzo e utilizzarlo per qualunque scopo. Per esempio, il terrorismo potrebbe trovare un nuovo strumento per la “car jihad”, gli attacchi effettuati con veicoli che hanno già insanguinato l’Europa.

In questo senso, si segnala come particolarmente importante l’iniziativa del costruttore di auto Daimler, che ha firmato il manifesto “Munich Security Conference” per la sicurezza delle reti e dei dati che viaggiano online, insieme con aziende del calibro di Siemens, motore dell’iniziativa, Airbus, Allianz, Ibm, Nxp, Sgs e Deutsche Telekom. Di fatto, le auto connesse sono computer in cui il software e il trasferimento dei dati su Internet contano quanto il motore e il telaio. Su questo versante, la partita risulta particolarmente impegnativa, dal momento che le auto a guida autonoma possono risultare esposte al rischio di hackeraggio su funzioni vitali come la frenata e il controllo motore.

Tuttavia - va aggiunto - trattandosi di sistemi complessi, per gli stessi cyber criminali è molto difficile hackerare un’auto a guida autonoma, dal momento che dovrebbero falsificare tutti i sensori simultaneamente o prendere il controllo dell’unità centrale di elaborazione. Inoltre, a ben guardare, il rischio hackeraggio oggi coinvolge non soltanto le auto autonome, dal momento che la maggior parte dei veicoli è ormai dotata di elementi computerizzati e molti con wi-fi di serie. La sfida della cyber security coinvolgerà tutti i veicoli, autonomi e non. Non per nulla, verso la fine dell’anno scorso, il Parlamento europeo ha approvato il rapporto “Sistemi di salvataggio di vite: rafforzare la sicurezza dei veicoli nella Ue”, che mira a estendere i sistemi di sicurezza automatici su tutte le auto, di fatto preparando gli automobilisti del Vecchio Continente alla rivoluzione a guida autonoma del prossimo decennio. (...)

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