Estremismi religiosi e sicurezza

Gli estremismi religiosi continuano a compiere stragi di inermi, colpendo, in particolare, proprio i luoghi di culto. Uno dei maggiori problemi è quello dell’assoluta mancanza di controllo accessi, dovuto all’esigenza di favorire la libera circolazione dei fedeli.

Gianni Andrei
Esperto di sicurezza integrata
Docente a contratto di “Risk Analysis” e “Organizzazione di Sicurezza ed Emergenza” presso l’Università di Roma Tor Vergata
Presidente di A.I.PRO.S. - Associazione Italiana Professionisti della Sicurezza

Si è da non molto concluso, tranquillamente e correttamente, il grande evento della canonizzazione dei due Santi Papi in Piazza San Pietro a Roma, con una decina di Capi di Stato, diversi Premier e più di ottocentomila persone raccolte dal Colonnato del Bernini e in Via della Conciliazione.
Merito senz’altro dell’oculata prevenzione dell’Intelligence e dei presidi e controlli, palesi o discreti, delle Forze dell’Ordine.
La situazione sociale e politica, non solo nazionale, è ancora sotto stretta osservazione, con la minaccia anarco-insurrezionalista che rimane estesa e multiforme, in grado di tradursi in una gamma di interventi che potrebbero comprendere attentati spettacolari potenzialmente lesivi e la possibilità che possano essere colpiti proprio edifici e luoghi di culto, obiettivo privilegiato dei fanatici religiosi, specie nell’eventualità di un’escalation della crisi geopolitica.
Ma quanti, tra i fedeli e i frequentatori dei luoghi di culto, percepiscono realmente un rischio del genere?
Mi sento di affermare che, almeno in Europa, non vengono percepiti come probabili pericoli nessuno tra i rischi naturali, accidentali o dolosi, ritenendoli confinati nella sfera della fatalità e del destino. Convinti che “negare la libertà di culto è grave attentato”.
La cronaca mondiale purtroppo conferma solamente l’ultimo auspicio. Gli estremismi religiosi continuano a compiere stragi di inermi, colpendo, in particolare, proprio i luoghi di culto.

Cronache
Il 22 settembre 2013 a Peshawar, nel nord del Pakistan, due kamikaze si fecero esplodere vicino a una chiesa protestante al termine della funzione domenicale.
Il bilancio ufficiale fu di un centinaio di morti e oltre 130 feriti. Il gruppo estremista islamico Jandullah rivendicò l’attacco.
Il Presidente del Global Council of Indian Christians affermò: “Condanno con tutte le mie forze l’assassino di cristiani innocenti, colpiti mentre erano in preghiera. I luoghi di culto sono sacri per ogni religione e devono essere protetti e rispettati”.
Il giorno di Natale del 2011 fu davvero tremendo in Nigeria, con oltre trenta morti. Le fonti più attendibili informarono di cinque diversi attentati contro chiese cristiane, durante la messa natalizia.
Un modo tutto islamico di “sfidare” il Natale cristiano, si disse.
L’azione fu rivendicata dal gruppo islamico Boko Haram.
“Un attacco militare in piena regola, in spregio alle celebrazioni del Natale. Cinque le bombe fatte esplodere all’interno di Chiese cristiane per contestare le celebrazioni cristiane del 25 dicembre. L’obiettivo dei terroristici è imporre la shari’a come legge in tutti e 36 gli Stati della Nigeria”.
Il periodo tra fine 2010 e l’autunno 2011 fu particolarmente drammatico anche nel Medio Oriente.
Stavolta furono coloni ebrei illegali a mettere in atto una serie di attentati ai luoghi di culto cristiani e musulmani: 27 attentati documentati a moschee e a tre chiese nei territori palestinesi occupati della West Bank e di Gerusalemme.
I luoghi di culto non furono le uniche strutture non ebree minacciate. Furono presi di mira anche cimiteri musulmani, siti islamici e cristiani e altri edifici di importanza storica.
Un giornalista israeliano evidenziò la possibile “reazione palestinese” alla violenza dei coloni come motivo di preoccupazione per la difesa di Israele.
“Questi sono gli scenari che più preoccupano il governo israeliano, poiché se qualcosa del genere accadesse, cambierebbero immediatamente le valutazioni di intelligence e gli ufficiali ritengono che allora i palestinesi diventerebbero violenti”. Una lunga scia di sangue, da una parte all’altra.
Il 16 novembre 2003, a Istanbul, vengono attaccate due sinagoghe da terroristi suicidi: 23 morti e 300 feriti.
Secondo la stampa turca, “su ciascuno dei due fuoristrada usati per gli attentati erano stati caricati circa 400 chilogrammi di esplosivo”.
Israele e altri governi stranieri avevano messo più volte in guardia la Turchia sul rischio di attentati a opera di al Qaeda.
l Mossad, mesi prima, aveva dato l’allarme indicando obiettivi a rischio, tra cui la sinagoga di Neve Shalom, oggetto dell’attacco e semidistrutta. Immediatamente il Governo Turco aveva predisposto un rafforzamento della sicurezza.
Ma eccoci anche in Italia.
Il 9 ottobre 1982, alle ore 11.55, un commando palestinese attaccò la Sinagoga di Roma e causò la morte di un bimbo di due anni e il ferimento di 37 persone.
L’attentato avvenne di sabato mattina, alla fine dello Sheminì Atzeret, che chiude la festa di Sukkot.
“Le famiglie uscivano dal Tempio con i bambini che avevano appena ricevuto la benedizione collegata alla festività. Un numero imprecisato di attentatori prima lanciarono delle granate tra la folla, poi si misero a mitragliare”.

Valutare gli scenari passati
Uno dei maggiori problemi che emerge, almeno nel mondo occidentale e cristiano, è quello della mancanza assoluta di controllo di accessi e permanenza in chiese e santuari, dovuto innanzitutto all’esigenza di favorire la libera circolazione dei fedeli e penalizzato dall’accettabilità di un rischio ritenuto “remoto”, sia da parte dei fedeli che da parte del Clero.
Una valutazione del “rischio attentati”, dunque, condizionata dal prevalere di fattori “fideistici”, ritenuti in pratica “esorcizzanti”.
Ma un’analisi e valutazione concreta dei rischi deve comunque essere fatta in questi luoghi caratterizzati da alta densità di affollamento durante alcuni giorni e orari e da accessi, spostamenti e permanenza occasionali.
E non può prescindere da un’attenta individuazione, classificazione e valorizzare dei beni immateriali e materiali da proteggere (vale a dire persone e cose) esposti ad agenti ostili, minacce, vulnerabilità.
Come appare arduo calcolare il rischio residuo, valutarne i livelli accettabili e definire le difese che permettono di mantenere il rischio entro questi livelli.
Quindi, non tanto quali minacce vanno fronteggiate, ma quali misure (tecniche e non) sono da attuare.
Sembrerebbe una sfida, eppure le possibili azioni nefaste sono facilmente individuabili:

- incendi
- esplosioni
- manomissioni
- sabotaggi
- furti
- atti vandalici
- atti dimostrativi o terroristici

“Nella notte del 20 Marzo 2010 a Stavropol, in Russia, è scoppiato un incendio nella Sala del Regno dei Testimoni di Geova.
Non era presente nessuno in quel momento e non ci sono stati feriti, mentre gli interni - compreso il soffitto - le pareti e gli arredi sono andati distrutti.
I danni sono stimati in circa 1.000.000 di rubli. Il sospetto dell’origine dolosa dell’incendio è stato confermato.
Dalle prime analisi degli esperti risulta che gli autori del fatto hanno avuto accesso al locale utilizzando una scala antincendio ed entrando attraverso il solaio dell’edificio.
Gli intrusi, una volta entrati, hanno acceso un liquido infiammabile.
Gli investigatori hanno escluso la possibilità che di un malfunzionamento degli impianti elettrici.
Un avvocato che rappresenta i Testimoni di Geova ha così commentato l’episodio: “Il crimine commesso dimostra il livello di intolleranza religiosa assunto verso questa particolare comunità di credenti…”.

Episodi emblematici
Padova, 10 Febbraio 2003. “Pochi indizi, massimo riserbo da parte degli inquirenti che stanno indagando sui due ordigni rudimentali ad alto potenziale, esplosi a distanza di venti minuti uno dall’altro, in una finestra della sacrestia del Duomo di San Daniele di Reschigliano e davanti a una porta delle opere parrocchiali vicino la chiesa di San Prosdocimo di Villanova di Camposampiero.
Il sagrestano del Duomo, aperta una porta laterale della cattedrale, aveva trovato tre fogli di carta in cui, a lettere in stampatello vergate col pennarello rosa, si leggevano frasi farneticanti in italiano contro la Chiesa.
Frasi scritte senza cura, senza senso compiuto, in cui si notavano però le parole chiesa, bomba, talebani.
Dalle Procure di Padova e di Venezia (competente sul territorio per atti terroristici) massimo riserbo.
Per il Procuratore capo di Venezia non ci sono dubbi sulla matrice terroristica, nessuna ipotesi prevalente, invece, su quale tipo di terrorismo ha agit”.
Lucca, 14 Novembre 2013. “In pieno giorno, una molotov è stata lanciata contro l’ingresso aperto della chiesa di San Donato.
Un boato, poi subito le fiamme mentre in sagrestia sei donne avevano appena concluso la pulizia dei pavimenti e degli arredi.
E’ stata vista una donna uscire come una furia da una Fiat Panda rossa lasciata davanti al sagrato e lanciare una bottiglia di vetro contro la porta in legno nell’interno, per poi allontanarsi e fuggire.
Qualche ora dopo sarà fermata dai Carabinieri in un bar nelle vicinanze.
Il parroco esclude che si tratti di un gesto intimidatorio nei suoi confronti o, peggio ancora, di qualche membro della comunità di credenti: “Non ho mai avuto minacce o intimidazioni da nessuno.
Non voglio pensare a cosa sarebbe potuto accadere se quella persona avesse lanciato la bomba mentre le donne erano a pulire in chiesa”.
Un precedente del 5 aprile scorso: ignoti attorno alle cinque del mattino appiccarono il fuoco al portone di ingresso della chiesa di Massa Macinaia.
Un incendio sicuramente doloso, visto che i Carabinieri avevano trovato immediatamente l’innesco: una sorta di stoppino che, imbevuto di benzina e incendiato, era stato lanciato di fronte all'ingresso della chiesa. Un attentato che, per modalità, è molto differente da quello compiuto a San Donato.
Prato, 17 dicembre 2013: atti vandalici nelle chiese. “Questa mattina un uomo è entrato attorno alle 11 nella chiesa di San Francesco - nel centro storico di Prato - e ha dilaniato una delle due acquasantiere in marmo.
L’atto vandalico è stato compiuto mentre il parroco era fuori per una benedizione, ma l’uomo è stato visto da un fedele che stava entrando in quel momento. Il testimone ha detto di aver visto una persona esagitata - un uomo bianco, probabilmente italiano, fra i 40 e 50 anni - che tentava di rompere un acquasantiera. Non riuscendoci, pochi secondi dopo si sarebbe accanito sull’altra, spezzandola. Poi è fuggito facendo perdere le sue tracce”.
L’episodio sembra essere collegato ai fatti di due mesi fa, quando, a Prato - in due distinte chiese del centro storico - erano stati distrutti due crocifissi.
Nel pomeriggio, invece, è stato preso di mira il Duomo, dove il vandalo ha tentato di colpire il pulpito cinquecentesco che si trova a fianco dell’altare maggiore, e poi la chiesa di San Pier Fiorelli, dove ha distrutto una statua di gesso che raffigura San Giuseppe e si è accanito contro due dipinti raffiguranti la Madonna e il Sacro Cuore.
Li ha presi a martellate spaccando il vetro che proteggeva le opere.
“Ormai è chiaro che non si tratta di gesti isolati, purtroppo sono fatti che si ripetono e questo ci amareggia profondamente - ha commentato il vescovo di Prato - Le chiese devono essere aperte, i fedeli hanno il diritto di poter entrare per la preghiera, la riflessione e il conforto. Non vorremmo essere messi in condizione di fare altre scelte”.

Quali difese?
E non possiamo dimenticare l’enorme patrimonio artistico custodito nelle nostre chiese: dipinti, sculture, libri antichi, lavori di ebanisteria, arredi, argenti, ori, reliquie, oggetti sacri e per il culto.
Un caso tra tutti, quello del furto dell’ampolla con il sangue di Papa Giovanni Paolo II, consumato nella piccola chiesa di San Pietro della Ienca, nell’Aquilano, il 27 gennaio scorso.
Una serie di supposizioni subito si accavallarono, tutte ritenute plausibili: satanismo, vandalismo o furto su commissione.
Fortunatamente, poi, la preziosa reliquia è stata rintracciata, insieme ai ladri.
Significativo il fatto che le indagini avviate siano state rivolte anche a individuare i motivi per cui l’intrusione nella chiesetta, assolutamente priva di sistemi di allarme e spesso lasciata aperta e incustodita, sia avvenuta di notte e forzando gli ingressi.
Non così è stato per l’inestimabile scultura lignea della Madonna delle Grazie, trafugata trent’anni fa dalla chiesetta di San Lorenzo a Riofreddo di Visso e ritrovata il 22 aprile scorso nella bottega di un antiquario a Venezia.
Ora pare che sarà custodita in un museo!
Se per possibili atti terroristici, la preventiva costante azione di intelligence risulta indispensabile, per incendi, manomissioni, furti e atti vandalici e dimostrativi risulta fondamentale la protezione dei luoghi di culto con apparati di rilevazione fumi e incendi, con apparati di difesa attiva e passiva antieffrazione e antifurto, con sistemi di videosorveglianza.
E’ poi inderogabile il contributo di tutti, sviluppando un’idonea percezione di tali pericoli, avulsa dalla rassegnazione e indirizzata concretamente alla realizzazione di un progetto di sicurezza integrata di prevenzione e protezione relativa a tutti i rischi, da quelli naturali (vedi la vulnerabilità delle strutture a possibili eventi sismici), a quelli accidentali, a quelli dolosi.
Non dimenticando che figure professionali capaci di affrontare specialisticamente tutti questi scenari ci sono.
A noi l’onere di diffonderle e renderle disponibili.

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