Biometria facciale, il 3D Face Recognition supera i sistemi bidimensionali

 

Utilizzando la geometria tridimensionale del volto umano, la 3D Face Recognition - riconoscimento facciale a tre dimensioni - supera i limiti dei tradizionali sistemi bidimensionali. Il vantaggio? Operare su una rappresentazione precisa della superficie geometrica del viso, a dispetto di luminosità, espressioni facciali e del tentativo di camuffarsi indossando occhiali scuri o cambiando taglio dei capelli.

 

I sistemi di riconoscimento tradizionali del volto si basano sul principio di Intensity Image, in base al quale viene creata un'immagine bidimensionale, in cui ogni pixel rappresenta l'intensità della luce riflessa su quel punto. Il sistema funziona molto bene solo se il soggetto è collaborativo e l'illuminazione è corretta.

All'atto pratico, invece, il colore di un pixel è influenzato dal modo in cui la luce viene riflessa dal volto.

Questo significa che un'illuminazione particolare o un'ombra possono ingannare l'intero sistema.

Gli innovativi sistemi tridimensionali, al contrario, lavorano con due principi fondamentalmente diversi: range image e shaded model.

Nel primo caso, l'apparecchiatura, pur creando un'immagine bidimensionale, calcola la distanza di ogni pixel rispetto alla sorgente.

Il metodo shaded model, invece, è ancora più sofisticato, in quanto ricrea effettivamente il volto della persona monitorata, creando una struttura di punti e poligoni collegati tra loro in uno spazio tridimensionale.

 

Impronta facciale autentica

Quest'ultimo sistema, in particolare, realizza un'autentica “mappa” del volto attraverso una serie di poligoni.

I vertici di questi ultimi vengono individuati in alcune posizioni specifiche dei volti (i cosiddetti punti di “repere”), mentre i poligoni sono ricostruiti partendo proprio da tali punti, attraverso vettori che specificano direzione e lunghezza di ogni singola area.

Viene così creata un'impronta facciale, ricostruita collegando tutti i punti di repere e creando una sorta di "gabbia strutturale", che costituisce un'impronta facciale altamente discriminante.

In tal modo, anche quando il volto non viene inquadrato in modo perfettamente frontale, il software può ricostruire la mappa tridimensionale del volto, provvedendo poi a ruotarla per ottenere valori confrontabili.

La matrice così realizzata è composta “semplicemente” da numeri e può essere rapidamente confrontata con i valori raccolti in un database, verificando la corrispondenza dei due grafi.

Inoltre, analizzando il vettore perpendicolare a ogni singolo poligono, è possibile ricostruire, attraverso un algoritmo specifico, il volto originale  del soggetto che, quindi, non può ingannare l'apparecchiatura nemmeno tenendo la testa reclinata o facendo smorfie.

 

Quattro fasi

Se la descrizione del procedimento appare relativamente semplice, la sua applicazione pratica comporta una serie di problematiche.

Per questa ragione, l'attività dei sistemi è suddivisa in quattro fasi specifiche. Inizialmente viene acquisita l'immagine ed effettuata una prima elaborazione, che consente di eliminare eventuali difetti e distorsioni provocate dall'ambiente in cui si opera.

Successivamente, il software sedimenta l'immagine acquisita e focalizza la propria attenzione su alcuni particolari, estraendo poi i parametri necessari per formare la gabbia strutturale.

Tutte queste attività - in passato particolarmente lente a causa delle limitate capacità di elaborazione dei sistemi di analisi - possono essere svolte in frazioni di secondo, grazie all'impiego di computer caratterizzati da prestazioni particolarmente elevate o, in alcuni casi, sfruttando anche le opportunità offerte dal Cloud.

Non possiamo però dimenticare che, affinché il sistema sia efficace, è necessario avere precedentemente mappato il soggetto da ricercare e averlo correttamente inserito all'interno del database di analisi che, contrariamente a quanto accaduto nei mesi scorsi, deve essere condiviso tra le varie Polizie nazionali.

 

Nuova frontiera del controllo accessi

La biometria facciale è considerata la nuova frontiera nell'ambito del controllo accessi. Per questa ragione, come spiega Stefano Gosetti, ‎CTO di ETH Security - Eurotech Group - il mercato è in forte espansione.

Al di là dei noti vantaggi, però, Gosetti ammette che esistono ancora limitazioni. Prima fra tutte, il fatto che i tradizionali sistemi bidimensionali possono essere elusi o ingannati da particolari condizioni dell’immagine del volto da trattare, legate, ad esempio, a fattori di luminosità o a espressioni facciali.

Un rischio che può essere reso remoto dall'impiego di nuovi sistemi ad alta risoluzione, che riconoscono i tentativi di elusione: “I nostri sviluppatori - spiega - hanno messo a punto sistemi di riconoscimento 3D che non possono essere ingannati. Si tratta, però, di un lavoro molto lungo, in quanto richiede lo sviluppo di un software complesso”.

Malgrado le difficoltà tecniche, questi sistemi sono oggi in grado di riconoscere, con una precisione del 90%, anche utenti non collaborativi, quando questi ultimi devono transitare attraverso un passaggio obbligato, come un varco aeroportuale.

Ma esistono - fa notare Gosetti - anche problemi di natura burocratica, in quanto a livello internazionale non è ancora stato definito uno standard per lo scambio delle immagini tra le singole Polizie, rendendo così difficile l'individuazione dei ricercati.

 

Questione Privacy: il parere del Gruppo dei Garanti Ue

Già nel 2012, il Gruppo dei Garanti europei ha chiarito che l'immagine del proprio volto è un dato personale e occorrono particolari cautele nel suo uso.

I rischi messi in luce dai Garanti Ue sono legati principalmente alla perdita di controllo sulla propria immagine e alla creazione di enormi database contenenti milioni di immagini che possono essere confrontate e utilizzate.

Per tale ragione, le Autorità europee hanno chiarito che sono dati personali sia le immagini digitali - se contengono il volto visibile di una persona - sia i "modelli" (templates) ricavati dal trattamento delle immagini.

Il trattamento delle immagini mediante il riconoscimento facciale può, quindi, essere effettuato solo nel rispetto dei principi fondamentali in materia di protezione dei dati personali, a partire dalla necessità del consenso della persona interessata.

Ne deriva che chi utilizza sistemi di riconoscimento facciale deve informare chiaramente gli utenti sulle caratteristiche del servizio e sui trattamenti previsti e ottenere il loro preventivo consenso in caso di "taggatura" delle immagini.

I Garanti hanno chiarito che alcune operazioni di trattamento sono comunque possibili senza consenso sulla base dell'interesse legittimo del titolare: ad esempio, un social network deve poter effettuare alcune operazioni sull'immagine del volto di una persona (creazione del template, confronto con le immagini già memorizzate), per poi stabilire se quella persona sia già "conosciuta" dal servizio e abbia o meno acconsentito al "tagging" o a ulteriori trattamenti della sua immagine.

Per i Garanti Ue è comunque indispensabile che siano adottate misure di sicurezza, sia per la conservazione delle immagini che per il loro trasferimento in rete attraverso sistemi di cifratura.

 

Massimiliano Cassinelli

Ingegnere

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